ANTONELLO DA MESSINA1
Quando l'anno feroce si chiudeva schiantando questa siciliana reggia dell'arte'
-Antonello Messinese, dall'immane disastro, dai funebri silenzi, portava lontano il nome
della patria straziata dalle occulte forze della terra.
Ogni popolo che aveva culto per l'arte madre, arte d'Italia, s'abbrunava a lutto
per la città d'Antonello, la cui gloria garriva, come bandiera, ai venti, la gloria di
Messina; e sulla bandiera splendeva la fenice, simbolo d'immortalità.
Il genio è della terra che lo produce la forza pura, la divina linfa, l'incande-
scente sostanza che prende forma ideale, immagine, colore, luce. E quando in Italia
l'umanesimo richiamava la grandezza dell'antico e le arti belle fondavano la grandezza
italiana moderna, il genio d'Antonello spuntò per prender parte, in quel fervore di
vita nuova, in quell'agitarsi degli spiriti della creazione, con gli altri genii italici,
alla formazione della nuova classicità dell'arte nostra. Nell'isola del sole della luci",
il genio d'Antonello riassunse in sè le recondite artistiche virtù della gente sicula, e le
affiorò nella gran luce del Rinascimento, il quale non fu resurrezione, ma continuazione
di- vita, il discoprimento di forme sempre vive, il protendersi, fuori dall'ombra din
veli medioevali, di non spenti valori; il mostrarsi a nudo della bellezza sempreverde,
della forza inestinguibile della nostra terra, che nò barbarica rabbia, nè furore di ele-
menti cosmici, nè imperversar di mali, impedirono di fiorire ad ogni primavera.
Pochi eletti, profondamente e misteriosamente affini di spirito, celebrano nel Quat-
trocento, con le loro opere immortali, il trionfo del principio costruttivo fondato sopra
salde leggi metriche, dimostrando come da una stessa purissima fonte nasca, nelle sue
varie manifestazioni, il fiore divino dell'arte: Piero della Francesca, Luciano Laurana,
Francesco Laurana, Antonio Rizzo, Antonello da Messina. Pittori, architetti, scultori,
essi sono avanti tutto costruttori di forme metriche, evocatori di un mondo inac-
cessibile, astratto, composto di puri cristalli. Le immacolate superfìci di Luciano Lau-
rana, schive da ogni rumore di ombra, da ogni sfarzo di ornati, scandite con reg< -
larità impeccabile dalle loro modanature; le terse composizioni spaziali di Piero della
Francesca, le tornite geometriche forme di Francesco Laurana e di Antonello, raggiun-
gono, sulle vie di una matematica eccelsa, un regno di sovrumana poesia, inacces-
sibile alla folla. La grandezza dell'arte di Luciano Laurana non fu ai suoi tempi com-
presa; il condottiero, il sapiente, il liberale Federico da Montefeltro, nel cui nome sorse,
sulle tornite colonne, il cortile aulico del palazzo urbinate, volle sostituire a quella
regale bellezza, composta di semplicità meditata e di candore, una veste di eleganza
fastosa, di più umana e appariscente magnificenza; nè mai architetto seppe continuar
le forme di Luciano, intenderne il sublime silenzio. Leon Battista Alberti vuol so-
brietà decorativa, ma la sua ammirazione umanistica per tutto ciò che è romano lo
porta ad apprezzare l'ornamento massiccio, e parlare un magniloquente linguaggio;
il Laurana è unico nel suo amore di sintesi, nella semplificazione estrema, che per-
mette ai volumi di spiegare tutta la loro intrinseca bellezza.
La serenità, la cristallina struttura di forme, che eternano il nome di Luciano Lai -
rana in Palazzo Ducale di Urbino, si riflettono nelle soleggiate pitture di Piero della
1 Discorso tenuto al Circolo Artistico «Antonello» in Messina l'ir febbraio di quest'anno.
Quando l'anno feroce si chiudeva schiantando questa siciliana reggia dell'arte'
-Antonello Messinese, dall'immane disastro, dai funebri silenzi, portava lontano il nome
della patria straziata dalle occulte forze della terra.
Ogni popolo che aveva culto per l'arte madre, arte d'Italia, s'abbrunava a lutto
per la città d'Antonello, la cui gloria garriva, come bandiera, ai venti, la gloria di
Messina; e sulla bandiera splendeva la fenice, simbolo d'immortalità.
Il genio è della terra che lo produce la forza pura, la divina linfa, l'incande-
scente sostanza che prende forma ideale, immagine, colore, luce. E quando in Italia
l'umanesimo richiamava la grandezza dell'antico e le arti belle fondavano la grandezza
italiana moderna, il genio d'Antonello spuntò per prender parte, in quel fervore di
vita nuova, in quell'agitarsi degli spiriti della creazione, con gli altri genii italici,
alla formazione della nuova classicità dell'arte nostra. Nell'isola del sole della luci",
il genio d'Antonello riassunse in sè le recondite artistiche virtù della gente sicula, e le
affiorò nella gran luce del Rinascimento, il quale non fu resurrezione, ma continuazione
di- vita, il discoprimento di forme sempre vive, il protendersi, fuori dall'ombra din
veli medioevali, di non spenti valori; il mostrarsi a nudo della bellezza sempreverde,
della forza inestinguibile della nostra terra, che nò barbarica rabbia, nè furore di ele-
menti cosmici, nè imperversar di mali, impedirono di fiorire ad ogni primavera.
Pochi eletti, profondamente e misteriosamente affini di spirito, celebrano nel Quat-
trocento, con le loro opere immortali, il trionfo del principio costruttivo fondato sopra
salde leggi metriche, dimostrando come da una stessa purissima fonte nasca, nelle sue
varie manifestazioni, il fiore divino dell'arte: Piero della Francesca, Luciano Laurana,
Francesco Laurana, Antonio Rizzo, Antonello da Messina. Pittori, architetti, scultori,
essi sono avanti tutto costruttori di forme metriche, evocatori di un mondo inac-
cessibile, astratto, composto di puri cristalli. Le immacolate superfìci di Luciano Lau-
rana, schive da ogni rumore di ombra, da ogni sfarzo di ornati, scandite con reg< -
larità impeccabile dalle loro modanature; le terse composizioni spaziali di Piero della
Francesca, le tornite geometriche forme di Francesco Laurana e di Antonello, raggiun-
gono, sulle vie di una matematica eccelsa, un regno di sovrumana poesia, inacces-
sibile alla folla. La grandezza dell'arte di Luciano Laurana non fu ai suoi tempi com-
presa; il condottiero, il sapiente, il liberale Federico da Montefeltro, nel cui nome sorse,
sulle tornite colonne, il cortile aulico del palazzo urbinate, volle sostituire a quella
regale bellezza, composta di semplicità meditata e di candore, una veste di eleganza
fastosa, di più umana e appariscente magnificenza; nè mai architetto seppe continuar
le forme di Luciano, intenderne il sublime silenzio. Leon Battista Alberti vuol so-
brietà decorativa, ma la sua ammirazione umanistica per tutto ciò che è romano lo
porta ad apprezzare l'ornamento massiccio, e parlare un magniloquente linguaggio;
il Laurana è unico nel suo amore di sintesi, nella semplificazione estrema, che per-
mette ai volumi di spiegare tutta la loro intrinseca bellezza.
La serenità, la cristallina struttura di forme, che eternano il nome di Luciano Lai -
rana in Palazzo Ducale di Urbino, si riflettono nelle soleggiate pitture di Piero della
1 Discorso tenuto al Circolo Artistico «Antonello» in Messina l'ir febbraio di quest'anno.