IL DUOMO DI FAENZA
DOCUMENTI INEDITI INTORNO ALLA SUA COSTRUZIONE E
IL DOCUMENTO DECISIVO SUL NOME DEL SUO ARCHITETTO
Fosse stato Briareo centimane, avesse avuta
un'esistenza eccezionalmente longeva ed un'atti-
vità senza riposo, Bramante non sarebbe riuscito
a progettare e ad inalzare nemmeno la metà delle
costruzioni che fino a circa mezzo secolo fa gli ve-
nivano attribuite. Vi erano allora delle regioni
pressoché interamente bramantesche e la più bra-
mantesca fra tutte credo fosse la Romagna: quanti
palazzi e chiese erano sorti nella regione nel pe-
riodo 1470-1514 o giù di lì, tutti si desideravano
e si affermavano dell'architetto urbinate. È inu-
tile farne l'elenco; si tratta di una serie di edifici
che si sgranano lungo la via Emilia dalla Madonna
del Piratello presso Imola al Palazzo Maschi a Ri-
mini. È superfluo aggiungere che la suggestione
bramantesca è durata molto forte fino ad epoca
recente ; la conclusione non varia: nessuna di
tante fabbriche è opera ò progetto di Donato, e
quasi tutte sono molto lontane dal suo stile. Per
molte di queste è oggi documentata la paternità;
per altre è ragionevolmente supposta; per la mag-
giore di esse, il Duomo di Faenza, la storia è ormai
scritta con sufficiente larghezza ed esattezza di
dati, grazie ai documenti già noti ed agli altri che
qui verrò trascrivendo.
* * *
Per la Cattedrale faentina l'infatuazione bra-
mantesca ha cominciato con Giulio Cesare Ton-
duzzi, l'eminente storico seicentesco (1675, data
di pubblicazione delle sue Historie di Faenza,
postume, perchè morì il 23 settembre 1673) e ha
durato fino al 1882 (Montanari, Guida storica di
Faenza) e oltre.1 Ma con qualche voce discorde.
La prima fu quella del marchese Amico Ricci, che
vide giusto, indicando in Giuliano da Maiano l'ar-
chitetto del maggiore tempio faentino.2 Ignoriamo
a quale fonte documentaria attingesse lo studioso
1 Perfino in una Guida di Faenza del 1905, di un ignoto
D. G., si legge: « Autore di questo tempio (la Cattedrale)
è da molti tenuto il Bramante, ma nessun documento au-
tentici ■ può precisarlo ».
2 Storia deli'Architettura, voi. Ili, pag. 182.
marchigiano; ma la sua opinione, indipendente-
mente dallo studio diretto del monumento, trovò
fortissimo appoggio nella scoperta del documento,
ormai famoso presso quanti si sono interessati del-
l'argomento, ritrovato nei manoscritti dell'infati-
Kaenza - Pianta della cattedrale.
cabile Gian Marcello Valgimigli dal canonico Vin-
cenzo Biasioli; intendo il rogito del 18 maggio 1481
che indica formalmente architetto del Duomo ma-
gister Jiilianus de Florentia. Il documento fu su-
bito pubblicato dall'architetto tedesco padre Gio-
vanni Grauss, nella rivista Der Kirchen Schmuck,
anno XIX, n. 7,1 riprodotto nell'Archivio storico
dell'Arte, anno I, pag. 285, n. 1. nuovamente in
parte e corretto nello stesso Archivio, anno III,
pag. 441.
Veramente il « Julianus de Florentia » non fu
1 Veramente, nella traduzione italiana dell'articolo del
<;rauss che ho sott'occhfo (Faenza, 1891, Tip. Conti) l'autore
si limita al riassunto del rogito. Suppongo che nella me-
moria originale sia trascritto l'atto in nota e che il tra-
duttore italiano non ne abbia curata la riproduzione.
L'Arte. XXVI, 21.
DOCUMENTI INEDITI INTORNO ALLA SUA COSTRUZIONE E
IL DOCUMENTO DECISIVO SUL NOME DEL SUO ARCHITETTO
Fosse stato Briareo centimane, avesse avuta
un'esistenza eccezionalmente longeva ed un'atti-
vità senza riposo, Bramante non sarebbe riuscito
a progettare e ad inalzare nemmeno la metà delle
costruzioni che fino a circa mezzo secolo fa gli ve-
nivano attribuite. Vi erano allora delle regioni
pressoché interamente bramantesche e la più bra-
mantesca fra tutte credo fosse la Romagna: quanti
palazzi e chiese erano sorti nella regione nel pe-
riodo 1470-1514 o giù di lì, tutti si desideravano
e si affermavano dell'architetto urbinate. È inu-
tile farne l'elenco; si tratta di una serie di edifici
che si sgranano lungo la via Emilia dalla Madonna
del Piratello presso Imola al Palazzo Maschi a Ri-
mini. È superfluo aggiungere che la suggestione
bramantesca è durata molto forte fino ad epoca
recente ; la conclusione non varia: nessuna di
tante fabbriche è opera ò progetto di Donato, e
quasi tutte sono molto lontane dal suo stile. Per
molte di queste è oggi documentata la paternità;
per altre è ragionevolmente supposta; per la mag-
giore di esse, il Duomo di Faenza, la storia è ormai
scritta con sufficiente larghezza ed esattezza di
dati, grazie ai documenti già noti ed agli altri che
qui verrò trascrivendo.
* * *
Per la Cattedrale faentina l'infatuazione bra-
mantesca ha cominciato con Giulio Cesare Ton-
duzzi, l'eminente storico seicentesco (1675, data
di pubblicazione delle sue Historie di Faenza,
postume, perchè morì il 23 settembre 1673) e ha
durato fino al 1882 (Montanari, Guida storica di
Faenza) e oltre.1 Ma con qualche voce discorde.
La prima fu quella del marchese Amico Ricci, che
vide giusto, indicando in Giuliano da Maiano l'ar-
chitetto del maggiore tempio faentino.2 Ignoriamo
a quale fonte documentaria attingesse lo studioso
1 Perfino in una Guida di Faenza del 1905, di un ignoto
D. G., si legge: « Autore di questo tempio (la Cattedrale)
è da molti tenuto il Bramante, ma nessun documento au-
tentici ■ può precisarlo ».
2 Storia deli'Architettura, voi. Ili, pag. 182.
marchigiano; ma la sua opinione, indipendente-
mente dallo studio diretto del monumento, trovò
fortissimo appoggio nella scoperta del documento,
ormai famoso presso quanti si sono interessati del-
l'argomento, ritrovato nei manoscritti dell'infati-
Kaenza - Pianta della cattedrale.
cabile Gian Marcello Valgimigli dal canonico Vin-
cenzo Biasioli; intendo il rogito del 18 maggio 1481
che indica formalmente architetto del Duomo ma-
gister Jiilianus de Florentia. Il documento fu su-
bito pubblicato dall'architetto tedesco padre Gio-
vanni Grauss, nella rivista Der Kirchen Schmuck,
anno XIX, n. 7,1 riprodotto nell'Archivio storico
dell'Arte, anno I, pag. 285, n. 1. nuovamente in
parte e corretto nello stesso Archivio, anno III,
pag. 441.
Veramente il « Julianus de Florentia » non fu
1 Veramente, nella traduzione italiana dell'articolo del
<;rauss che ho sott'occhfo (Faenza, 1891, Tip. Conti) l'autore
si limita al riassunto del rogito. Suppongo che nella me-
moria originale sia trascritto l'atto in nota e che il tra-
duttore italiano non ne abbia curata la riproduzione.
L'Arte. XXVI, 21.