Un quadretto supposto di Lorenzo da Lendinara
È nota una pittura di Cristoforo da Lendinara, la Vergine della Colonna, esistente
nella Galleria Estense di Modena, con la data 1482: CH RISTOPHOR YS DE LENDI-
NARA OPVS 1482. Ma non abbiamo una pittura di Lorenzo, fratello di Cristoforo,
maestro ricordato da Luca Paciolo, nella « divina proporzione », ai discepoli e compae-
sani avidi di conoscere i segreti della prospettiva, con queste parole: « Prometto darve
piena notizia de prospectiva mediante li documenti del nostro conterraneo e contempo-
rale di tal facoltà, ali tempi nostri Monarca, Maestro Piero de' franceschi dela qual già
feci dignissimo compendio e per voi ben appreso. E del suo caro quanto fratello Maestro
Lorenzo Canozo da Lendinara: qual medesimamente in dieta facultà fo a li tempi suoi
supremo chel dimostrano per tutto le sue famose opere di intarsia ». I due celebri intar-
siatori lendinaresi, mentre lavoravano ad ornare lo studiolo del marchese Lionello d'Este
a Belfiore (1449-1453), s'incontrarono con Piero della Francesca, e ne seguirono le orme,
come si può vedere nella citata pittura di Cristoforo e nelle quattro grandi tavole intar-
siate della sagrestia della cattedrale modenese, una delle quali, e propriamente quella di
San Luca, è firmata dallo stesso Cristoforo.
La mancanza di riscontri ci rende perplessi ad attribuire a Lorenzo la tavoletta del-
l'Accademia Carrara rappresentante il beato Lorenzo Giustiniani; ma la ipotesi sembra
non del tutto infondata, a chi osservi la mezza figura, inclusa entro un arco ogivale con
le cornici filettate dalla luce. La testa, che par fatta a tasselli di tarsia, si stacca sul
fondo scuro, sopraelevandosi dalla conica cappa a scanalature, incorniciata a meraviglia
dall'arco con la breve imbotte in prospettiva, eia mezza lignea figura si curva esangue
dietro un parapetto con riquadro a marmi, i quali si ripetono nei triangoli curvilinei
dalle parti della gotica arcatella.
La simiglianza tra la tavoletta e il gran quadro rappresentante il Beato Giustiniani,
nella Galleria di Venezia, di Gentile Bellini, fece associare le due pitture, che hanno tra
loro la corrispondenza notata, ad esempio, tra le immagini dello scheletrico mummifi-
cato san Bernardino da Siena. Le corrispondenze volute nei tratti fisionomici di Santi
conosciuti, veduti dai contemporanei, ricordati, non significano uguaglianze tecniche e
artistiche.
Erano certamente diffuse immagini devote, probabilmente per mezzo di fogli im-
pressi a xilografia, che servivano a soddisfare l'entusiasmo popolare; e una di quelle
immagini fu probabilmente sotto gli occhi al pittore della tavoletta bergamasca come a
Gentile Bellini. Quantunque sia stato uguale il prototipo, come si rileva nei contorni della
testa e della guancia, il ritrattino dell'Accademia Carrara è più esatto nella sua cru-
dezza, più significativo per quella candeletta umana che si spegne. E noi proponiamo,
come autore, perla pittura, tarsia colorata, il nome di Lorenzo da Lendinara, tanto per i
caratteri padovani, quanto per qualche accenno, nel biancore dell'illuminazione, a Piero
della Francesca.
Adolfo Venturi.
È nota una pittura di Cristoforo da Lendinara, la Vergine della Colonna, esistente
nella Galleria Estense di Modena, con la data 1482: CH RISTOPHOR YS DE LENDI-
NARA OPVS 1482. Ma non abbiamo una pittura di Lorenzo, fratello di Cristoforo,
maestro ricordato da Luca Paciolo, nella « divina proporzione », ai discepoli e compae-
sani avidi di conoscere i segreti della prospettiva, con queste parole: « Prometto darve
piena notizia de prospectiva mediante li documenti del nostro conterraneo e contempo-
rale di tal facoltà, ali tempi nostri Monarca, Maestro Piero de' franceschi dela qual già
feci dignissimo compendio e per voi ben appreso. E del suo caro quanto fratello Maestro
Lorenzo Canozo da Lendinara: qual medesimamente in dieta facultà fo a li tempi suoi
supremo chel dimostrano per tutto le sue famose opere di intarsia ». I due celebri intar-
siatori lendinaresi, mentre lavoravano ad ornare lo studiolo del marchese Lionello d'Este
a Belfiore (1449-1453), s'incontrarono con Piero della Francesca, e ne seguirono le orme,
come si può vedere nella citata pittura di Cristoforo e nelle quattro grandi tavole intar-
siate della sagrestia della cattedrale modenese, una delle quali, e propriamente quella di
San Luca, è firmata dallo stesso Cristoforo.
La mancanza di riscontri ci rende perplessi ad attribuire a Lorenzo la tavoletta del-
l'Accademia Carrara rappresentante il beato Lorenzo Giustiniani; ma la ipotesi sembra
non del tutto infondata, a chi osservi la mezza figura, inclusa entro un arco ogivale con
le cornici filettate dalla luce. La testa, che par fatta a tasselli di tarsia, si stacca sul
fondo scuro, sopraelevandosi dalla conica cappa a scanalature, incorniciata a meraviglia
dall'arco con la breve imbotte in prospettiva, eia mezza lignea figura si curva esangue
dietro un parapetto con riquadro a marmi, i quali si ripetono nei triangoli curvilinei
dalle parti della gotica arcatella.
La simiglianza tra la tavoletta e il gran quadro rappresentante il Beato Giustiniani,
nella Galleria di Venezia, di Gentile Bellini, fece associare le due pitture, che hanno tra
loro la corrispondenza notata, ad esempio, tra le immagini dello scheletrico mummifi-
cato san Bernardino da Siena. Le corrispondenze volute nei tratti fisionomici di Santi
conosciuti, veduti dai contemporanei, ricordati, non significano uguaglianze tecniche e
artistiche.
Erano certamente diffuse immagini devote, probabilmente per mezzo di fogli im-
pressi a xilografia, che servivano a soddisfare l'entusiasmo popolare; e una di quelle
immagini fu probabilmente sotto gli occhi al pittore della tavoletta bergamasca come a
Gentile Bellini. Quantunque sia stato uguale il prototipo, come si rileva nei contorni della
testa e della guancia, il ritrattino dell'Accademia Carrara è più esatto nella sua cru-
dezza, più significativo per quella candeletta umana che si spegne. E noi proponiamo,
come autore, perla pittura, tarsia colorata, il nome di Lorenzo da Lendinara, tanto per i
caratteri padovani, quanto per qualche accenno, nel biancore dell'illuminazione, a Piero
della Francesca.
Adolfo Venturi.