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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 26.1923

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M., C.: Giulio Cordero
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https://doi.org/10.11588/diglit.17343#0050

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28

C. M

L'inglese Hope1 vede l'arte romanica costituita molto prima che non lo fu real-
mente. E ne addita il primo nobile esemplare, con tutti i caratteri di una remota anti-
chità, nel S. Michele di Pavia. Schiva la responsabilità d'una indagine portata su cle-
menti non precedentemente sfruttati; e la sua opera sembra il tentativo di trovare il
filo conduttore per idee acquistate un po' confusamente da un viaggiatore. Fa la grande
confusione a proposito de' maestri Comacini e de' Franchi Muratori; li caccia da per tutto
anche dove e quando non furono.

Ne porta dati di fatto; ma basa una congettura su un'altra. Senza contare inven-
zioni o trasformazioni di persona, destinate a fruttare ne l'architettura guglielmina e
lanfranchiana del Rivoira.2

Se voglia pertanto cercarsi che sia per T. Hope l'arte longobardica, non ce se ne farà
punto un'idea esatta. Quando poi s'indaghi Io stile romanico, lo si vedrà coincidere, al-
meno nei primordi, con il longobardico. L'indagine si ridurrà a un circolo vizioso da
l'uno a l'altro, che verranno ad essere, in fondo, una medesima cosa.

Non esser giunti, o solo parzialmente, a la chiarezza è quel che si può imputare a
tutti gli scrittori de la materia, ancor parecchio tempo dopo la pubblicazione del saggio
corderiano. Non è da escludere la loro buona volontà, e d'alcuno la dottrina. Ma i ritorni
d'abusati errori non erano impossibili. La tanto fantasticata architettura dei barbari
parve infatti dovesse mandare a vuoto il frutto di lunghi studii, riconquistando il campo
con l'autorità del dottissimo Troya.

Egli affermò un'architettura introdotta dai Goti — de la quale non era in grado di
mostrare pur un'esemplare —, e fornì pertanto la miglior prova, che le indagini artistiche
non possono basarsi esclusivamente su enumerazioni di re e su notizie e documenti; poi
che, autorevole storico, fe' cattiva prova come critico. Alzò un edificio tutto congetture,
con i sostegni di qualche è « probabile », « certamente », « deve essere », ecc. Assunse a
fondamento de la tesi da convalidare la fiducia aprioristica ne la giustezza di quella.

Troppo lunga sarebbe una pur fugace esposizione di molte opinioni.

Chi voglia semplicemente raccostare i giudizi sparsi qua e là ne l'opera del solo
Ricci,3 tra una frase che dubita e una che nega, non saprà cosa pensare di quell'influenza
dei (roti: se ci fu o pur no, o in che consistette. E quando si tratterà di chiarire se venne,
tra il sesto e l'ottavo secolo, nuova architettura da l'Oriente, lo scrittore rifiuterà di
prender posizione.

Il buon Marchese è sempre alquanto incerto. Sembra cerchi mettersi d'accordo per-
fino con le ipotesi che non accetta.

Ma ha portato qualche nuovo criterio ne lo studio de l'architettura? Una rivaluta-
zione di quel che era stato detto? Un'indagine accurata sui monumenti?

Niente affatto. Un procedere confuso, intralciato, più che facilitato, da le troppo
lunghe tirate di storia civile.

Seguace un po' de le idee di tutti, scolaro del D'Agincourt, come lo disse il Cat-
taneo, accetta quasi senza riserve le affermazioni corderiane, appunto in quelle parti
del Saggio, che maggiormente abbisognavano d'accurata riflessione. Aggiungi certa pe-
santezza ne l'esporre la materia.

Il Selvatico,4 a ben intendere, ammette che lo stile lombardo, o foroiuliese secondo
lui, principiato ne l'ottavo secolo, fiorisse nel seguente, e ne la seconda metà de l'xi
raggiungesse sistematica uniformità di maniera.

1 T. IIopjc, Storia dell'architettura; prima versione
italiana di G. Imperatori, Milano, Lampato, 1840.

2 V. cap. 31°, e cap. 370.

3 A. Ricci, Storia dell'architettura in Italia
dal sec. VI al XVIII, Modena, Tip. della R. D.

Camera, 1857, vo'- I-

4 P. Selvatico, Sull'architettura e scultura in
Venezia, Venezia, Ripamonti-Carpano, 1847; Sto-
ria estetico-critica delle arti del disegno, tomo II,
Venezia, Naratovich, 1856.
 
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