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Bullettino archeologico Napoletano — N.S.5.1856-1857

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Nr. 115 (Aprile 1857)
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https://doi.org/10.11588/diglit.12304#0144
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— 136 —

pra enórmi augelli si avanzano a destra verso un bar-
bato e clamidato personaggio , la cui lesta apparisce
cornuta ; mentre un uomo pur clamidato suona la du-
plice tibia. Ove si ponga mente alle dimensioni ed
alle forme degli augelli, dovrà in essi senza dubbio
ravvisarsi una serie di struzzi cavalcati da giovani. La
forza e la vantaggiosa statura di questo bipede pen-
nuto lo fe adoperare sin da antichi tempi non altri-
menti die il cavallo. Così racconta Ateneo, sulla fede
di Callisseno Rodio, che nella celebre pompa di To-
lommeo Filadelfo apparivano fralle altre cose otto carri
dj struzzi: <pot>9àV <rw«/p/àss òxrlu (lib.V cap. 7 p. 200
Gas. cf. Eustath. ll.B). Ma principalmente è da ricor-
dare il gruppo descritto da Pausania in Elicona , che
offriva la statua di Arsinoe sorella di Tolommeo se-
dente sopra uno struzzo di bronzo : try o\ 'ApcwV
tf*jJ0uSh5$ (p/p=< xoCkx-r, rwi à.7rrrpu>\ (lib.IX, c.XXXI,
1). 1 Romani li fecero talvolta comparire ne'giuochi,
come rilevasi delle antiche iscrizioni (Orelli t.I n.2533;
Gervasio iscr. di Napoli nelle meni, della rcg. Accad.
Ercol. t. V p. 92 s.). E racconta Vopisco, per relazione
di Aureliano Festivo, che il tiranno Firmo soleva farsi
trasportare da grandi struzzi: sedenlemingenlibusslru-
ihionibus veclum esse, et quasi volitasse (in Firmo c.VI).
Dalle quali cose vogliamo concludere che ne'siti, ove
quegli augelli erano indigeni potessero p'ù facilmente
domarsi, ed usarsi pel trasporto. È noto che gli struzzi
furono dagli antichi descritti nell'interno dell'Africa.
Così dice Teofrasto, h rjf m-yi voiisvr, trf Atfiurfi
(lib. IV cap. 4 ). Filostrato li descrive nell'Etiopia
( v. Apollon. VI, 24 ), e nell'Arabia Senofonte (cò-a(3.
1 cap. V, 1 ). Luciano parla lungamente dell' arida
porzione della Libia, e narra come i Garamanti, po-
poli erranti di quell'adusta regione, fossero intesi alla
caccia degli struzzi ( de Dipsad. 2 et 6 ). Da ciò vo-
gliamo inferire che essendo queir animale dall' anti-
chità riputato proprio delle Libiche regioni, a queste
appunto vuoisi riferire la scena della quale ci occu-
piamo. Nella barbata figura, alla quale i giovani si ap-
pressano , sembra da riconoscere il cornigero Bacco

(Gerhard Griech. Mythologie §. 450-451). E non è
strano il rapporto di questo dio con quegli strani ca-
valcatori di struzzi: o che si riferiscono all'Arabia, o
che si riportino piuttosto all'interno della Libia. Rite-
nuto in fatti che fossero i Garamanti, o altri popoli
della Libia deserta, è da ricordar la tradizione che si
riferisce da Servio : « Liber, vel ut alii dicunt, Her-
» cules, cum Indos peteret, et per deserta Libyae,
» hoc est per Xerolibyam , exercitum ducerei, fa-
» ligatus siti, Iovis patris sui imploravit auxilium :
» cui ille arielem ostendit, quem secutus ille pervenit
» ad locum quemdam, in quo aries terram pedesuo
» scalpsit, e quo loco fons manavit »: (ad Aen. IV,
198). Questa tradizione spiega assai bene la relazione
di Dioniso co'popoli di Libia, i quali sono perfetta-
mente indicati da' cavalcatori dell'indigeno animale ,
il quale sin da tempi antichissimi doveva essere stato
da essi domato, e servire a'trasporti, non altrimenti
che i camelli ed i dromedarii sono adoperali all' uso
delle caravane : e forse per questo motivo più che
perla forma fu dagli antichi appellato^pou^io?c%ixr{X.oS.

Posto che le nostre conghietlure sieno da giudi-
car probabili, avremo due fatti relativi a bacchiche
tradizioni ravvicinati fra loro : la sete del dio ne-
gli aridi deserti dell'Africa, e la sua vendetta sui
Tirreni che si suppone avvenuta ne'nostri mari. E
con queste bacchiche scene trovasi pure assai bene
in rapporto il suono delle tibie, che si vede in en-
trambe introdotto. Che se vogliamo immaginare che
l'una e 1' altra avventura fosse dall' artista ricavata da
qualche popolare rappresentanza, avremmo un appog-
gio nella presenza de'tibicini; essendoquell'istrumen-
to la solita compagnia di qualsivoglia scenica azione.

Noi volemmo presentar brevemente queste nostre
congbietture, se uon altro per aprire ad altri la via di
una più sicura spiegazione. Ci sembra pertanto che
le nostre idee non sieno mancanti di quella probabi-
lità , che si appoggia al fondamento de' veri principe
della scienza.

MlNERVINI.

Giulio Minebvim— Editore.

Tipografìa di Giuseppe Cataxeo.
 
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