Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

DOI Artikel:
Pigorini, Luigi: La terramara Castellazzo di Fontanellato nella provincia di Parma
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0079

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
131

LA TERRAMARA CASTELLAZZO DI FONTANELLATO

132

Simili risultati contribuivano, non v' ha dubbio, a
rischiarare alquanto le ultime vicende del Castellazzo,
ma erano privi d'importanza pel paletnologo. Non per
questo abbandonai il lavoro, essendo corina elementare
che negli scavi archeologici bisogna arrestarsi là sol-
tanto dove si abbia piena certezza che il terreno non
sia stato mai toccato dall'uomo. L'acqua che usciva
in gran copia rendeva malagevole il proseguire lo
scavo, tuttavia lo feci approfondare, e a m. 2,30 dalla
superficie le circostanze mutarono completamente.

I materiali fino allora incontrati cessarono d'un
tratto, e per tutto lo scavo si vide che coprivano un
piano perfettamente orizzontale di natura affatto di-
versa. Si rinvenne a quella profondità un deposito mel-
moso, un vero pantano che conteneva in grandissima
copia foglie di alberi, ramoscelli, pezzi di rami più
grossi, frammenti di corteccie, gusci di frutti, ecc.
Inferiormente, giacché volli conoscere anche il terreno
sul quale si adagiava, trovai lo strato vergine marnoso
argilloso. Egli è evidente che in quel posto vi fu acqua
stagnante, in cui si accumularono, insieme con argilla,
le spoglie degli alberi circostanti. In luogo pertanto
di scoprire, come io dapprincipio mi attendeva, la
fronte interna di uno dei lati dell'arginatura e il limite
della terramara, mi avvidi di avere trovata la fossa
dalla quale invece l'argine era circondato all'esterno.
Uguale terreno di riempimento s'incontrò pure nella
fossa di altre terremare, come a Castione dei Marchesi
nel Parmense e al Casale Zaffanella presso Viadana
nella provincia di Mantova (').

Nulla ostante il riscontro che la fossa del Castel-
lazzo trovava in quelle di Castione dei Marchesi e del
Casale Zaffanella pei materiali ond'era colmata, era
peraltro ragionevole un dubbio che mi fu manifestato
anche dall'egregio collega prof. Strobel il quale pre-
senziò per un giorno le mie ricerche. Non bastavano
le osservazioni fatte per affermare che il pantano fosse
il riempimento della fossa. Poteva essere invece l'in-
dizio di una palude antichissimamente esistita in quel
luogo. Innanzi di tenore come certa la scoperta della
fossa, bisognava dimostrare che il pantano occupasse
una superfìcie non molto estesa e assai più lunga che
larga, che si contenesse entro limiti ben determinati,

(') Pigorini, Terram. in Castione cit., pag. 43. — Bull,
di paletn., XII, pag. 0.

e che, seguendolo in una direzione o nell'altra, se ne
trovasse la fine. Inoltre, nella supposizione che al
Castellazzo, come altrove, la fossa circondasse l'intera
stazione, giunti alla estremità di uno dei lati dovevasi
scoprire l'angolo di congiunzione col lato seguente.

Il primo scavo non mi forniva alcun dato utile
nelle indagini, essendo caduto per intero sull'ammasso
melmoso. Per conoscere fin dove quel terreno si esten-
desse occorrevano altre esplorazioni, che non lasciai
di tentare affidandomi al caso, imperocché a setten-
trione, non molto discosto e ove poteva supporsi che
la fossa si dirigesse, esistevano cave recenti da cui (e
vidi poi che la notizia non era esatta) dicevasi fosse
stata estratta vera terramara. Sarebbe inutile di nar-
rare tutte le difficoltà incontrate per trovare il filo che
mi guidasse, e i giudizi prima concepiti poscia mutati
su quanto via via mi si presentava. Dirò invece che
trovai il pantano unicamente nello spazio compreso fra
le parallele CD ed EF. Lungo ciascuna di esse si ri-
duce quasi a zero, mentre aumenta gradatamente di
spessore fino al centro dello spazio che racchiudono, e
dove ha la massima altezza di circa m. 1,40. Abbiamo
quindi ciò che si richiede per dimostrare che il pan-
tano si depose realmente in una fossa, il cui fondo de-
clinava dai margini verso la linea mediana, e che,
dirigendosi da sud a nord, fiancheggiava la stazione
ad oriente con una larghezza di m. 27.

Attorno al punto ove la fossa termina a setten-
trione feci eseguire parecchi scavi e trivellazioni.
Aveva per me interesse particolare non solo il deter-
minarne con esattezza il limite, ma altresì l'indagare
se ivi cominciasse l'altro lato che doveva congiungersi
col precedente. Le mie speranze non furono deluse. Le
due parallele DG e FI mostrano che, coi dati del
pantano e del suo vario spessore secondo i punti, trovai
anche il lato della fossa il quale, dirigendosi invece
da est ad ovest, lambiva la stazione a nord, mante-
nendo la larghezza di m. 27 e la profondità massima
di m. 1,40 nel centro.

I ragguagli di scavi eseguiti nelle terremare con
metodo scientifico accennano di rado alla capacità
della fossa in ciascuna di esse scoperta. Per le diffi-
coltà che d'ordinario s'incontrano nell'esplorarla, gli
studiosi si limitarono in generale a provarne la esi-
stenza. Solo in tre casi, se non m'inganno, ne sono
state rilevate le precise misure, cioè a Roteglia nel
 
Annotationen