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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 1-4
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Hermanin, Federico: Arte contemporanea, [1]: Filiberto Petiti
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0147

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I IO

FEDERICO HERMANIN

bello coll'animo sincero di chi desidera di far cosa che s'accosti al vero, ma non pretenda di
superarlo. Secondo la sua espressione, egli «batteva la campagna» in lungo ed in largo,-
poiché pensava che la pittura dovesse avere per obbiettivo il vero e niente altro.

Il caso fece sì che il giovane Petiti avesse la fortuna di vedere una di quelle semplici
pitture in cui il Piacenza metteva tutta la sincerità della sua arte. Il giovanetto sentì incon-
sciamente di avere trovato il suo modello, e diventò scolaro spirituale del Piacenza.

Egli mi diceva di avere ancora vivo il ricordo dell'impressione profonda che aveva
fatto sul suo animo una pittura del maestro. Era un modesto acquarello con la veduta di
un vecchio campanile in Alpignano, che egli aveva visto per la prima volta nella vetrina
di un negoziante di stampe di via Po.

L'ingenuità e la verità pittorica di quell'acquarello l'avevano talmente scosso che s'era
fisso in testa di volerne fare uno uguale. Si pose a farne una copia a memoria, correndo
e ricorrendo da casa alla botteg'a e dalla bottega et CclScl.

Alcuni anni dopo riuscì a comprare l'acquarello, che ora sta fra i tesori dello studio di
via Margutta.

Intanto la smania artistica gli andava sempre più crescendo, e a questo proposito, egli
racconta un curioso aneddoto. Da lunghi anni egli desiderava ardentemente di veder lavo-
rare un pittore, ma non ne conosceva alcuno, sicché la difficoltà era grossa. Seppe per caso
dove era lo studio del Camino, ed allora si mise in testa di volerlo vedere attraverso il
buco della serratura.

Riuscì nella prima parte dell'impresa, e giunse sino alla serratura, ma non vide nulla,
perchè la toppa era chiusa. Ebbene, non potendo far di meglio, stette lì un pezzetto, aspi-
rando con voluttà l'odore dei colori che gli sembrava dolcissima fragranza.

A diciotto anni riuscì a vedere per la prima volta un pittore che dipingeva; era un
ben modesto pittore, un granatiere che faceva il ritratto ad un suo superiore in una came-
rata della caserma dove il fratello di Filiberto era soldato semplice.

Il vero aiuto, l'aiuto dell'anima, l'incoraggiamento a proseguire gii venne dalla madre.
Quand'egli decise di tentare la copia di un quadro olandese della Pinacoteca di palazzo
Madama, la buona donna lo sostenne nell'ardita impresa, e l'amore della madre e del figlio
s'unirono affettuosamente nella prima opera faticosa. Ogni giorno ella veniva a portargli la
colazione e seguiva con occhio amoroso il progredire del lavoro. La copia riuscì, ed il suc-
cesso incuorò il giovanissimo dilettante a voler diventare artista ad ogni costo. Ora è qui,
dopo il primo passo ardito, che comincia quella lotta di lunghi anni fra gl'impulsi dell'anima
e le necessità della vita e quell'esistenza di angoscie morali di chi sa che può, che deve
riuscire, e non ardisce di fare violenza alle circostanze che lo avvincono e gl'impediscono
di potersi liberamente dare tutto, corpo ed anima, all'arte prediletta. Qui è il primo germe
della malinconia persistente, di quella tendenza a rinchiudersi neh' intimità della propria
anima.

Chi ha dovuto per anni comprimere le più vivaci aspirazioni e vivere solo con le angoscie
delle speranze continue e dei continui scoramenti, chi sa quale dolorosa catena possa essere
per un animo mite la volontà di una persona cara la quale vuole che si faccia diversamente
eia ciò che per impulso naturale dello spirito si farebbe, capirà come una segreta malinconia
e una tristezza tenace, generata dal timore continuo di dover pure un giorno abbandonare
tutte le più care speranze della vita, mettesse profonde radici nell'anima del Petiti e diven-
tasse più gagliarda d'ogni impulso a quella gioia, che pur sorride lucida e serena fra i tri-
boli, a chi combattendo può combattere a viso aperto, senza timore di amareggiare per-
sone care.

Il timido amore della madre lo sosteneva, ma il padre, timoroso dell'avvenire del figlio,
voleva ad ogni costo ch'egli seguitasse gli studi per poter poi entrare in un'amministra-
zione dello Stato. L'arte poteva essere per lui una distrazione, non l'occupazione stabile
della vita. Il padre permise però che il conte di Collobiano, già ciambellano di Maria Cri-
 
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