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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 1-4
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Hermanin, Federico: Arte contemporanea, [1]: Filiberto Petiti
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0148

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ARTE CONTEMPORANEA

111

stina di Savoia, padrino del giovanetto, lo presentasse allo scultore Albertoni ed a Felice
Cerutti, pittore di battaglie.

Negl'intervalli fra le noiose lezioni delle scuole il giovane frequentava lo studio del
Cerutti, che gli faceva copiare a disegno incisioni, senza però mai permettergli di toccare
colori e pennelli.

Finite le scuole, il padre lo fece entrare come scrivano al Ministero della guerra, e così il
Petiti cominciò quei lunghi ed odiosi anni della vita burocratica, che lo teneva legato come uno
schiavo di catena, condannato a copiare pratiche, mentre aveva l'animo pieno di visioni d'arte.

Per un poco la vita dell'ufficio parve che affievolisse in lui la forte passione, sembrò
per qualche tempo che il bel sogno giovanile dovesse dileguarsi per sempre. Scoraggiato
ed avvilito, tentava ancora di quando in quando di fare qualcosa; ma si sentiva mancare
l'animo e le forze.

La morte di Massimo d'Azeglio e il grande parlare e discutere che si fece sulle sue
pitture esposte al pubblico riscossero alquanto il Petiti e gli ridonarono coraggio.

Seguirono anni di pazienza e di lotta. Nei momenti strappati agli obbligali burocratici
erano rapide corse fuori di porta, occhiate fuggevoli nel verde, e poi di nuovo lunghe ore
fra la muffa e la polvere degli archivi.

Dal Ministero della guerra passò alla Cassa di risparmio, dalla Cassa di risparmio alla
Società dei beni demaniali, con la quale partì nel 1867 per Firenze.

Durante il viaggio Bologna lo incantò ; era la prima città artistica ch'egli vedeva, e gli
parve di scoprire finalmente quell'Italia dell'arte e della poesia di cui aveva letto tanto, e
che aveva sognato sin da fanciullo. Lo splendore di Firenze completò l'incanto. Ma la
visione di tante cose, le molte conoscenze ch'egli fece ne dispersero dapprima l'attività,
sicché per parecchi anni, benché vivesse fra gli artisti, produsse poco, sinché gli tornarono
insieme l'entusiasmo e le forze, e giunse così a fare alcune opere che gli dettero la prima
fama d'artista e gli aprirono la via.

Nel 1873 espose nei locali della «Promotrice», a via della Colonna, due disegni a car-
bone, che furono ammirati dai migliori artisti fiorentini.

L' uno d'essi, // renaiolo, che il Petiti conserva ancora, è un'opera veramente squisita,
e non perde affatto al paragone dei quadri posteriori dell' artista. E un lembo di ruscello
fra sponde basse e sassose. Lungo le rive e fin giù all' orizzonte si stende una squallida
campagna di primo inverno, sparsa di pioppi magri, che sorgono come spettri da quella
terra ingrata e svaniscono nella sottile nebbiolina della giornata rigida.

Il cielo è coperto, e solamente dall'estremo limite dell'orizzonte, disotto alle nubi pesanti,
traverso alla caligine, filtrano gli ultimi raggi del sole. Solo nella piccola barca, ammarrata
presso la sponda, sta tutto intento al duro lavoro il renaiolo, e ficca la pala nella sabbia
con un atto frettoloso e stanco, come di chi ha faticato tutto il giorno e vuol finire ad ogni
costo prima che cali la notte.

Quel luogo e quel tempo triste, quel lavoro umile ed oscuro danno al quadro un pro-
fondo senso di malinconia, e non v'è il più lieve particolare che conforti; anche l'acqua,
su cui si spengono le ultime luci della giornata grigia, è tarda e triste. Quando comparve
il renaiolo tutti si domandarono chi mai fosse l'ignoto autore della bella opera, e gli artisti,
quando seppero che era un oscuro impiegato della Società dei beni demaniali, lo chiamarono
affettuosamente il pittore della domenica.

La grande abilità nel trattare l'acquarello e il disegno a carbone gli procurò ben presto
l'ammirazione dei migliori, e a poco a poco il nome del pittore della domenica cominciò ad
essere sulla bocca di tutti gli amatori di Firenze.

Stava per arrivare, non gli mancavano che pochi passi da fare per assidersi fra gli
eccellenti.

Altri, forse meno equilibrato e di minore sentimento, avrebbe nell'esaltazione del suc-
cesso pensato a voler trascorrere in un'arte più smagliante, e si sarebbe forse cacciato in
 
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