LA LETTERA DI RAFFAELLO A LEONE X
61
« latini quello ch'io intendo di dimostrare, tra gli
« altri nondimeno ho principalmente seguitato
« P. Victore, il quale per esser stato degli ultimi,
« può dar più particolar notitia delle ultime cose,
« non pretermettendo anchor le antiche, et vedesi
«che concorda nel scriver le regioni con alcuni
« marmi antichi, nelle quali medesimamente son
« descripte ».
Ricopiando questo passo, lo scrittore non mette
il nome di P. Vittore, lascia uno spazio in bianco,
probabilmente per il dubbio sorto che Publio Vit-
tore non fosse, come di fatti non era, di una data
tanto recente quale gli era stata assegnata. E il
dubbio doveva esser tale che lo scrittore rinuncia
a scrivere intorno al metodo dell'architetto quel
che scrisse la prima volta, tralasciando la frase
che s'inizia col non pretermettendo.
Cosi continua:
« E perchè ad alcuno potrebbe parere che dif-
fidi fosse », ma ricordando che doveva scrivere per
Sua Santità e non per altri, si corregge così:
« E perchè forse a Vostra Santità potrebbe pa-
rere » ecc.
Anche dopo:
« per non lassar dubbio alcuno nella mente di
chi vorrà aver questa cognitione ».
E corregge:
« per non lasciar dubbio alcuno nella sua mente
n [cioè nella mente di S. S.] ».
In seguito, parlando di edifici moderni, cosi si
esprime:
« Li edificii adunque moderni sono notissimi,
« sì per esser novi, come per non essere anchora
« in tutto giunti nè alla èxcellentia, nè a quella
« immensa spesa, che nelli antichi si vede et con-
ti sidera ».
Trascrivendo il passo, l'autore s'accorge che la
spesa non poteva entrare nel discorso, e rielabora
il periodo così:
« Gli edifici adunque moderni, e de' tempi nostri
« sono notissimi, sì per esser nuovi, come anchor
« per non avere la maniera così bella come quelli
« del tempo degl'Imperatori, nè così goffa come
« quelli del tempo de' Gotti ».
Non bastava il rammendo, perchè, nella prima
lezione, dopo aver messo gli edifici moderni in un
ordine inferiore agli antichi, lo scrittore citava,
a titolo d'onore, Bramante:
« Che avegna che a di nostri l'architectura sia
« molto svegliata et veduta assai proxima alla ma-
il niera delli antichi, come si vede per molte belle
« opere di Bramante. Niente di meno li ornamenti
« non sono di materia tanto pretiosa, come li an-
« fichi che con infinita spesa par che mettessero
« ad effetto ciò che imaginarno, e che solo il loro
o volere rompesse ogni diffìcultate ».
La eccezione per Bramante, che era intrusa
al ragionamento generale, e contrastava con quel
ritorno a deprimere per la spesa le architetture
moderne, venne tolta a dirittura. Premeva allo
scrittore di far la sua classificazione per bontà di
arte dei monumenti del tempo degli Imperatori,
degli altri del tempo de' Goti e infine de' moderni.
Mentre, nella prima lezione, il filo veniva a mancare,
nella seconda si tira logicamente. Leggesi nella
prima lezione:
« Li edificii poi del tempo delli Gotti sono tal-
li mente privi d'ogni grafia, senza maniera alcuna,
« dissimili dalli antichi e dalli moderni. Non è
« adunque difficile cognosciere quelli del tempo
« delli imperatori, li quali son li più eccellenti e
« fatti con più bella maniera et magior spesa et
« arte di tutti li altri. E questi solo intendiamo di
« dimostrare; nè bisogna che nell'animo di alcuno
« nasca dubbio, che tra li edificii antiqui li meno
« antichi fossero men belli, o men bene intesi, o
« d'altra maniera. Perchè tutti erano d'una ra-
« gione ».
Nella seconda, lasciando da parte la spesa, e
più schematicamente classificando gli edifici, o
almeno traendo più risolutamente lo schema fuor
dalle sparse ragioni, l'autore scrive:
« di modo che, benché siano [gli edificii moderni]
« più distanti di spazio di tempo [da quelli de'Goti],
« sono però più prossimi per la qualità, e posti quasi
« tra l'uno e l'altro. E quelli del tempo de' Gotti,
« benché siano prossimi di tempo a quelli del tempo
« degl'Imperatori, sono differentissimi di qualità, e
« come due estremi, lasciando nel mezzo li più mo-
li derni. Non è adunque difficile il conoscere quelli
« del tempo degl'Imperatori, i quali sono li più
« eccellenti e fatti con grandissima arte, e bella
« maniera d'architettura; e questi solo intendo io
« di dimostrare: nè bisogna che in cuore d'alcuno
« nasca dubbio che degli edifici antichi li meno
« antichi fossero men belli, o meno intesi, perchè
« tutti erano d'una ragione ».
Un'altra volta, mentre nella lezione primitiva
è scritto:
« aciochè chi vorrà attendere all'architectura
» sappia operar l'uno e l'altro senza errore »;
nella seconda lezione, al solito, si corregge:
« acciochè Vostra Santità sappia se io averò
« operato l'uno e l'altro senza errore ».
"E in seguito anche:
« Volendo anche in questo ubbidire al cornan-
ti damento di Vostra Santità, dirò minutamente
« come si abbia [il bussolo con la calamita'] da ado-
ti perare »;
mentre prima era scritto:
« Però parmi bene insegnar con diligentia l'ope-
« rarla a chi non la sapesse ».
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« latini quello ch'io intendo di dimostrare, tra gli
« altri nondimeno ho principalmente seguitato
« P. Victore, il quale per esser stato degli ultimi,
« può dar più particolar notitia delle ultime cose,
« non pretermettendo anchor le antiche, et vedesi
«che concorda nel scriver le regioni con alcuni
« marmi antichi, nelle quali medesimamente son
« descripte ».
Ricopiando questo passo, lo scrittore non mette
il nome di P. Vittore, lascia uno spazio in bianco,
probabilmente per il dubbio sorto che Publio Vit-
tore non fosse, come di fatti non era, di una data
tanto recente quale gli era stata assegnata. E il
dubbio doveva esser tale che lo scrittore rinuncia
a scrivere intorno al metodo dell'architetto quel
che scrisse la prima volta, tralasciando la frase
che s'inizia col non pretermettendo.
Cosi continua:
« E perchè ad alcuno potrebbe parere che dif-
fidi fosse », ma ricordando che doveva scrivere per
Sua Santità e non per altri, si corregge così:
« E perchè forse a Vostra Santità potrebbe pa-
rere » ecc.
Anche dopo:
« per non lassar dubbio alcuno nella mente di
chi vorrà aver questa cognitione ».
E corregge:
« per non lasciar dubbio alcuno nella sua mente
n [cioè nella mente di S. S.] ».
In seguito, parlando di edifici moderni, cosi si
esprime:
« Li edificii adunque moderni sono notissimi,
« sì per esser novi, come per non essere anchora
« in tutto giunti nè alla èxcellentia, nè a quella
« immensa spesa, che nelli antichi si vede et con-
ti sidera ».
Trascrivendo il passo, l'autore s'accorge che la
spesa non poteva entrare nel discorso, e rielabora
il periodo così:
« Gli edifici adunque moderni, e de' tempi nostri
« sono notissimi, sì per esser nuovi, come anchor
« per non avere la maniera così bella come quelli
« del tempo degl'Imperatori, nè così goffa come
« quelli del tempo de' Gotti ».
Non bastava il rammendo, perchè, nella prima
lezione, dopo aver messo gli edifici moderni in un
ordine inferiore agli antichi, lo scrittore citava,
a titolo d'onore, Bramante:
« Che avegna che a di nostri l'architectura sia
« molto svegliata et veduta assai proxima alla ma-
il niera delli antichi, come si vede per molte belle
« opere di Bramante. Niente di meno li ornamenti
« non sono di materia tanto pretiosa, come li an-
« fichi che con infinita spesa par che mettessero
« ad effetto ciò che imaginarno, e che solo il loro
o volere rompesse ogni diffìcultate ».
La eccezione per Bramante, che era intrusa
al ragionamento generale, e contrastava con quel
ritorno a deprimere per la spesa le architetture
moderne, venne tolta a dirittura. Premeva allo
scrittore di far la sua classificazione per bontà di
arte dei monumenti del tempo degli Imperatori,
degli altri del tempo de' Goti e infine de' moderni.
Mentre, nella prima lezione, il filo veniva a mancare,
nella seconda si tira logicamente. Leggesi nella
prima lezione:
« Li edificii poi del tempo delli Gotti sono tal-
li mente privi d'ogni grafia, senza maniera alcuna,
« dissimili dalli antichi e dalli moderni. Non è
« adunque difficile cognosciere quelli del tempo
« delli imperatori, li quali son li più eccellenti e
« fatti con più bella maniera et magior spesa et
« arte di tutti li altri. E questi solo intendiamo di
« dimostrare; nè bisogna che nell'animo di alcuno
« nasca dubbio, che tra li edificii antiqui li meno
« antichi fossero men belli, o men bene intesi, o
« d'altra maniera. Perchè tutti erano d'una ra-
« gione ».
Nella seconda, lasciando da parte la spesa, e
più schematicamente classificando gli edifici, o
almeno traendo più risolutamente lo schema fuor
dalle sparse ragioni, l'autore scrive:
« di modo che, benché siano [gli edificii moderni]
« più distanti di spazio di tempo [da quelli de'Goti],
« sono però più prossimi per la qualità, e posti quasi
« tra l'uno e l'altro. E quelli del tempo de' Gotti,
« benché siano prossimi di tempo a quelli del tempo
« degl'Imperatori, sono differentissimi di qualità, e
« come due estremi, lasciando nel mezzo li più mo-
li derni. Non è adunque difficile il conoscere quelli
« del tempo degl'Imperatori, i quali sono li più
« eccellenti e fatti con grandissima arte, e bella
« maniera d'architettura; e questi solo intendo io
« di dimostrare: nè bisogna che in cuore d'alcuno
« nasca dubbio che degli edifici antichi li meno
« antichi fossero men belli, o meno intesi, perchè
« tutti erano d'una ragione ».
Un'altra volta, mentre nella lezione primitiva
è scritto:
« aciochè chi vorrà attendere all'architectura
» sappia operar l'uno e l'altro senza errore »;
nella seconda lezione, al solito, si corregge:
« acciochè Vostra Santità sappia se io averò
« operato l'uno e l'altro senza errore ».
"E in seguito anche:
« Volendo anche in questo ubbidire al cornan-
ti damento di Vostra Santità, dirò minutamente
« come si abbia [il bussolo con la calamita'] da ado-
ti perare »;
mentre prima era scritto:
« Però parmi bene insegnar con diligentia l'ope-
« rarla a chi non la sapesse ».