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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 2
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Venturi, Adolfo: L' atmosfera artistica umbra all'arrivo di Raffaello a Perugia
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0133

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L'ATMOSFERA ARTISTICA UMBRA ALL'ARRIVO DI RAFFAELLO A PERUGIA 107

contrastato all'architettura spaziale dell'opera; e
perciò nell'Annunciazione il pittore crea un vero
e proprio effetto illusionistico: un secondo piano,
più profondo del primo, è aperto alla sommità
del quadro; e le due figure dell'angelo e della Ver-
gine, inginocchiate ai lati, equilibrate rispetto
alla casella centrale, si allontanano dal piano delle
figure sottostanti per mezzo del pavimento mar-
moreo in fuga prospettica. Una simile concezione
spaziale dimostra come l'opera sia uscita, se non
dalle mani, dalla mente del grande pittore pro-
spettico. La cimasa è composta a gradi, per scale
ascendenti, convergenti a un triangolo tronco:
non è più la tradizionale lunetta. Ed entro quella
scala ascendente s'intagliano e salgono i piani
dell'architettura di fondo, le colonne e i loggiati
del chiostro, il poligono di cielo entro cui scende
la colomba. Il colore, in questa parte del quadro,
è chiaro e stridente, fuor di ogni rapporto con
quello della parte centrale, composto in gran parte
di azzurri opachi e di bianchi: colore chiassoso
e volgare quando lo si confronti al colore puro
e prezioso di Piero; inferiore anche a quello della
zona principale del quadro, dove la luce tempera
la severità non senza grandezza di quei bronzi
lucidati dal sole. Specialmente la colomba gessosa,
nel suo materialistico alone di raggi dardeggianti,
e gli arabeschi impressi sul fondo di musaico az-
zurro, ci portano molto lontano dalla grande
arte di Piero. Eppure, anche qui, non si può fare
a meno di vedere la direzione immediata del mae-
stro quando si posi l'occhio sulla fuga magnifica
delle colonne argentine del chiostro, o si osservi
la silenziosa grandezza della scena.

Non sgomento od umiltà di ancella nella
Vergine, non impeto nell'angelo: l'araldo e la
divina si fronteggiano; l'angelo, con le mani in
croce, con le ali distese immote, bianche sul
velario bruno dell'albero, sfumate in azzurro sul
candore delle colonne, con l'aureola a disco bili-
cata sul vertice del capo, fissa la Vergine, che lo
ascolta, sporgendosi appena, senza piegarsi, strin-
gendo in un nodo sul petto le piccole mani, guar-
dando a terra, meditabonda. La figura muliebre,
stranamente tagliata alle ginocchia, prende l'al-
tezza eccezionale, la piccolezza della testa,
l'esilità delle dita della Madonna Villamarina e
della Madonna del Presepe di Londra; ma, mentre
quest'ultima è una pupattola di porcellana dalla
boccuccia leziosa, la Vergine di Perugia ricorda,
nei piccoli lineamenti, nelle duttili palpebre, il
modellato di Piero; come il risvolto del manto
marmoreo, coi deliziosi meandri disciolti, discende
ancora dalle grandi opere del maestro. Lo studio
di impicciolimento, l'illeggiadrirsi della forma,
conseguenza di progressive tendenze realistiche,

si sentono meno nell'angelo dal volto fiero, magro,
i lineamenti marcati e vibranti, fratello dell'adusto
Precursore del quadro. Ed è ancora Piero a ideare

10 sfondo magnifico di quel loggiato silenzioso che
intervalla grandiosamente la Vergine dall'angelo,
e che di colonna in colonna, di pulvino in pulvino,
di arco in arco, ripercuote in profondità gli ar-
gentini riverberi della luce. La pala tradizionale
a polittico diviene un vero e proprio edificio,
con zoccolo e trabeazione, col loggiato aperto e
grandioso nell'alto.

Tra la zona principale del pentittico e la pre-
della, una trabeazione: entro la trabeazione due
mezze figurette di Sante inserite in un tondino
semplice, ma architettato per mezzo di uno spicchio
di sottarco sfuggente.

Finissime le due figurine nell'ombra vellutata
dei tondi: candore di gigli che fioriscono a cespo
entro il cavo lento della mano di Chiara e aprono
a ventaglio le loro stellette bianche sul pallido
avana della tunica; distacco prezioso, per mezzo
del piattello di sottil foglia d'oro, tra il bianco della
mano e dei seni tagliati. Solo la inferiore qualità
del colore impedisce ?.i preziosi accostamenti di
tinte, ben degni del maestro, di raggiungere l'ef-
fetto che per lui avrebbero raggiunto.

In queste preziose figurine candide è ancora

11 tipo regale consueto a Piero, ma ringiovanito
per la rotondità quasi infantile delle guance,
per il timido aprirsi, tra palpebre socchiuse, degli
occhi d'ambra chiari nel sofferente biancore del
volto. Ed anche quest'accento di grazia, questo
principio d'abbandono dell'impersonalità del tipo,
pongono la bella opera perugina nel ciclo delle
opere di bottega,, eseguite con la guida del maestro,
poco prima che la luce abbandonasse gli occhi
del suo potente interprete.

La parte più importante del quadro, la più
vicina alle opere della mano stessa di Piero, è,
nonostante i guasti, la predella, con i miracoli dei
Santi rappresentati nel polittico. Poco rimane dello
scomparto con le Stimmate di S. Francesco, ma
gli altri due son meraviglie. Un interno di stanza
forma scenario al Miracolo di Sant'Antonio che
guarisce un fanciullo (fig. 19): semplicissimo interno
costruito dal gioco ad angolo di due pareti nude
bianche, decorate appena dai riquadri neri di
una porta e dal cavo di due armadi a muro, in
uno dei quali si ripetono i delicati giochi d'aria
dell'armadiolo nella Madonna di Senigallia: luci
vitree di una bottiglia bianca entro una fascia
d'ombra liquida, vene azzurrine di un'anfora en-
tro un nitido specchio di sole: studio realistico
nella resa di sostanze opache o di trasparenze
vitree che prova, come già nella Madonna di Se-
nigallia, la diffusione nell'arte dell'Italia centrale,
 
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