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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 3
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Venturi, Lionello: La data dell'attività romana di Giotto
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0261

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LA DATA DELL'ATTIVITÀ ROMANA DI GIOTTO

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che per thalamus si poteva intendere metaforicamente il pulpito e non la pittura; e che
i numerosi stemmi Caetani che ornavano la pittura, come risulta sopratutto dal noto
disegno ambrosiano, possono bene spiegarsi col soggetto stesso della pittura eseguita
ad onore del Caetani. D'altronde la scena del Giubileo, quale si vede nel disegno ambro-
siano, ha il carattere di una scena commemorativa, posteriore quindi al 1300; non si
capirebbe come potesse esser pensata e dipinta prima che il giubileo avesse avuto luogo.

Inoltre, non possiamo sapere se la pittura sia di Giotto. Onofrio Panvinio, nel 1570,
raccoglieva la tradizione asserendo che la pittura era opera di Cimabue.1 Ed è soltanto
nel 1656 che spunta timida l'attribuzione a Giotto. Infatti Cesare Rasponi riporta
la tradizione della paternità di Cimabue, aggiungendo « quamvis non desint, qui pictu-
ras eas potius Totti (sic) fuisse putent ».2 Si tratta dunque di una semplice supposi-
zione di qualche erudito del Seicento che poi fu accolta come fatto accertato. E l'esame
dello stile poco ci può aiutare, tanto malconcio e ridipinto è il frammento rimastoci.
È vero che, anche così com'è, si può escluderne la paternità di Cimabue. E se mai si
dovesse accettare quella di Giotto (il che resta assai dubbio), si tratterebbe sempre di
un Giotto dell'ultima maniera, già proclive agli effetti di tutto tondo della cappella Pe-
ruzzi, mai di un Giotto anteriore all'attività padovana.

Comunque sia, per la questione della data dell'attività romana di Giotto, l'affresco
lateranense non può servire a nulla.

* * *

Resta dunque dimostrato che ambedue le date proposte per l'attività di Giotto a
Roma sono basate su fantasie e su equivoci di scrittori del secolo xvil. E poiché qua-
lunque notizia storica in proposito risulta abolita, dobbiamo riferirci allo stile per orientarci
sulla data dell'attività romana di Giotto. Dello stile della Navicella, nello stato attuale
della conservazione, non è da parlare. Sullo stile del polittico è stato invece raggiunto
un accordo nella critica moderna: esso non fu certamente eseguito prima del 1320.

Nulla impedisce di pensare che la Navicella sia stata eseguita contemporaneamente
al polittico. Anzi questa contemporaneità spiegherebbe alcuni fatti prima non intesi.

Nella contemporaneità del lavoro della Navicella e della tavola, si può trovare in-
fatti la ragione per cui la tavola non palesa lo stile di Giotto. Occupato nella Navicella,
Giotto ha affidato a un suo scolaro il lavoro della tavola.

Poi, viene confermato il valore di fonte principe per la conoscenza di Giotto al
passo della Compilatici chronologica di Riccobaldo da Ferrara. Nato nel 1244-45 e ancor
vivo nel 1318, Riccobaldo era stato a Padova nel 1293, e con Padova manteneva rap-
porti evidenti: nel 1305 Giotto termina l'opera che resta la sua migliore e maggiore,
la decorazione della cappella dell'Arena a Padova, e proprio sotto l'anno 1305, cioè su-
bito dopo l'elezione di Clemente V, Riccobaldo celebra Giotto, precisando sopratutto le
opere padovane.3 Egli aveva dunque in mente la data del 1305, come rispondente alla
fama di Giotto, e a quella data associa il ricordo delle opere di Padova, di Rimini, di
Assisi: di nessun'altra. Proprio per questo, per il silenzio sulle opere di Roma e di Fi-
renze, il passo di Riccobaldo è stato recentemente considerato dal Rintelen 4 come uni-
laterale, provinciale, poco attendibile. Ma poiché ora sappiamo che l'attività romana-di
Giotto non può ricollegarsi con il giubileo di Bonifacio Vili, non si può imputare a Ric-
cobaldo di aver taciuto sotto l'anno 1305 di opere eseguite più tardi. Anche a Firenze,
d'altronde, Giotto aveva lavorato prima del 1312 due tavole per S. Maria Novella: ma
non sappiamo quanti anni prima del 1312. Cade dunque il castello del Rintelen; e questo
è tanto più notevole in quanto su quel castello il Rintelen poggiava la sua insostenibile
tesi che Giotto non avesse dipinto in Assisi.

La questione quindi si capovolge. Il silenzio di Riccobaldo sull'opera romana, che
doveva poi acquistare fama sì grande, è una prova di più che per essa la data 1320 è più
attendibile di quella 1298-1300.

Le opere « giovanili », quelle che formarono la fama a Giotto vivente, furono ad
Assisi, a Rimini, a Padova. Lionello Venturi.

1 De praecipuis urbis Romae sanctioribusque
basilìcìs. Romae 1570, pàg. 182.

2 De Basilica et Patriarcho Lateranensi. Romae,

1656, pag. 327- , •

3 A. F.. Massèra, Studii riccobaldiani, in Ar-
chivio Muratoriano, n. 15. Città di Castello, 1915,
pag. 241; Id., Dante e Riccobaldo da Ferrara, in
Bullettino della Società Dantesca Italiana, XXII,

1915, pag. 187; Rerum It. Scriptores, IX, 255:
Mi piace ricordare come il Massèra scriva
« Quanto più si vanno approfondendo ed esten-
dendo i miei studii su Riccobaldo tanto più nu-
merose constatazioni mi accade infatti di fare
sulla sua grande serietà di storico » (pag. 193,
op. cit. nel Boll. Soc. Dant. Ital.).

4 Giottou. die Giotto Apokryphen, 1912, p. 179 e 180.
 
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