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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 4
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Recchi, Ada: Carlo Baudelaire, critico d'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0278

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ADA RECCHI

clic di essa' ha dato l'artista. L'essenziale della
quistione — che in questi ultimi anni era diven-
tata grave — sta nel non insistere sul carattere
semantico della pittura, non più per esempio che
la -poesia insiste sul carattere logico delle parole.
Ed in questo sano senso, che è quello di tutti,
Baudelaire è critico puro.

* * *

Sulla questione del progresso in arte l'autore di
Curiosités e d'Art romanlique ci avverte franca-
mente che non vuol pronunziarsi.

Però ci fa sapere, sebbene brevemente, il suo
pensiero. Egli sa bene che nell'ordine materiale
un progresso indefinito evidentemente esiste: che
le moderne conquiste scientifiche testimoniano
pienamente la nostra superiorità in questo campo
sugli antichi: ma che, trasportata di peso nell'or-
dine dello spirito, l'idea del progresso è un'assur-
dità gigantesca, una cosa grottesca che dà vita
ad un tesi insostenibile.

Baudelaire ha la visione chiara della bellezza
e dell'arte speciale alle razze ed ai tempi. Egli sa
che vi sono nell'arte periodi di massima fioritura
e di grande decadenza, solo è troppo esclusivo
quando sostiene che ogni fioritura è spontanea
é che nessun artista può avere un precursore;
così « Michelangelo non ha nulla del Signoroni o
Raffaello del Perugino ».

A torto egli non comprende che nessuno può
spezzare i nodi che lo legano al passato e che ogni
forma di arte, per quanto nuova ed espressione
individuale, ha sempre sottili e magali non ap-
parenti rapporti con le forme che furono. Se l'in-
dividualità non si ripete, se nuove complicazioni
d'animo nascono ogni giorno, l'uomo che sorge
dal nulla e che nulla deve ai suoi simili è una pura
astrazione che la continuità della storia magnifi-
camente smentisce.

* ile .*

Se conosciamo ormai.quali siano, secondo il
Baudelaire, i rapporti fra critica e produzione ar-
tistica, se abbiamo visto quale sia la sua conce-
zione dell'arte, senza la quale, qualunque essa sia,
non è possibile alcuna serie di giudizi coerenti,
quale sarà la produzione pittorica verso cui il
Nostro si sentirà più portato, quella cioè nella quale
riconoscerà la miglior traduzione del suo mondo
interiore per via di colori e di forme?

E quale sarà innanzi tutto il suo mondo inte-
riore?

1 È notorio difatti che con t'arabescò non si esprime se
non una emotività primordiale e rudimentale.

Occorre, per poterlo ben comprendere ed avere
la risposta ad entrambe le domande che ci siamo
poste sopra, riandare brevemente alla storia spi-
rituale di Francia, dai primi anni del secolo xvut.

* * *

« Il se produit vers la fin de l'ancien regime un
fait considerable, qui modino la littérature; oh
voit l'aritiquité greco-romaine reparaitre, et ra-
mener, comme il était naturel, un idéal de bcauté
formelle et plastique. Cela est scnsible, quand on
passe de Rousseau à Bernardin de Saint Pierre:
Julic et Saint-Preux n'ont que la gràce francaisc,
l'cxprcssion des physonomies: Paul et Virginio
ont la noblcsse antique, la pureté des lignes: Ics
premiers lont un couple qui inteiesse nos àmes,
les autres un groupe qui séduit nos yeux

Po stesso fatto possiamo notare nell'arte.

Come sempre avviene che, consciamente o in-
consciamente, le dottrine estetiche di un'epoca
siano il prodotto delle varie speculazioni filosofi-
che di quell'epoca, questo ritorno di ammirazione
incondizionata pei la classicità in cui, tuttavia,
il pensiero e lo spirito antico è svisato in una con-
cezione formalistica ed intellettualistica dell'arte,
ha le sue radici nella metafisica razionalistica
del pensiero cartesiano e leibniziano che informa
di sè tutte le menti di quel tempo.

Risorge col Winkclmann la dottrina neo-pla-
tonica di una bellezza preesistente nello spirito
umano, identificata con la Divinità di cui è ema-
nazione; che sia, egli dice, « simile all'acqua sor-
giva che viene stimata più sana quanto ha meno
sapore, perchè depurata da tutti gli elementi
estranei » ; come conseguenza di questa sua
teoria il Winkelmann predica la necessità in arte
dello studio accurato del mondo antico e dei suoi
capolavori, non che l'impiego dell'allegoria.

In Francia le dottrine del moto tedesco ebbero
una vasta eco: esse vi trovarono il terreno più
adatto onde fissarsi e prosperare; infatti la preoc-
cupazione dei teorici di Francia sino dagli albori
medesimi della critica d'arte, è quella di conci-
liare il razionalismo moderno quale l'aveva fatto
conoscere il Discours sur la Mélhode con il ritorno
verso l'estetica greco-romana. La ragione è la
facoltà superiore ad ogni altra dello spirito: essa
ha i due attributi che formano la base del razio-
nalismo cartesiano, la chiarezza e la distinzione.
Alla ragione si dà il primo posto in paragone con
l'abilità di esecuzione e la ragione è « la qualità
per la quale noi stabiliamo le differenze fra gli

1 I ,.\.\ so.w . Histoire de la -littérature Jrtuifaist, Paris, Ha-
chette, iyi2, p. 884. 1
 
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