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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 26.1923

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M., C.: Giulio Cordero
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https://doi.org/10.11588/diglit.17343#0048

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26

C. M.

Ne la Lombardia, invece, la seconda maniera del gotico antico sembra al Corderò
goffa, licenziosa, pesante. Tale per lui anche l'architettura del S. Michele e d'altre chiese
del genere. Non però che ne disconosca ogni merito. Nel S. Michele, se non la misura
classica, si respira una calma grandiosa fra le arcate ampie, potenti se non eleganti.
Forza sprigionano i pilastri polistili, che salgono ad innervare di robusti costoloni le
volte. La stessa facciata, sebbene non appaia molto organica, non offra partiti notevoli
ai contrasti di massa e d'ombra, e sul suo piano piatto, uniforme, a campana, poche
linee emergano — tolte le alte, energiche membrature simili a fasci di cerei — pure, ne
la sua monotonia, non rotta abbastanza nè anche da la loggetta là ne l'alto, ha una no-
tevole dignità. E l'effetto estetico d'insieme è quello d'un'architettura non ignara di
ordine. Nè la decorazione è povera, quasi mancante, come in periodo d'estrema incapa-
cità artistica. Abbonda invece. Si vuole ora una veste marmorea a raggentilire la nuda
pesantezza dei muri. Insomma, vi sono ne l'edificio pavese ricerche per risolvere pro-
blemi tecnici ed estetici, quali un'arte strema d'ogni teorica, priva d'abilità e di mezzi,
di arnesi, come quella del vii secolo, avrebbe in ogni modo evitati, non che pro-
porseli.

Qui potrebbe sembrar strano che il Corderò non abbia avuto l'occhio a la chiesa-
madre de l'arte lombarda: il S. Ambrogio milanese. Ma è sempre fuor di luogo domandare
a chi è stato primo in un'indagine, perchè l'abbia cominciata da un punto anziché da
un altro. E tanto meno, quando per la sopravvenuta chiarezza in un campo di studii
sia facile a tutti veder come poteva farsi meglio, e da ascriversi a colpa l'aver visto
men bene.

Il S. Michele, del resto, era il più insigne dei monumenti citati dal D'Agincourt.

S'alleggerisce per tal modo il peso di un'accusa, che potrebbe eser mossa a le oneste
indagini corderiane. Tutto sommato, può ogni critica coscienziosa dichiararsi soddi-
sfatta: le proposte generiche avanti; poi l'esame dei singoli elementi artistici, il raffronto:
l'indagine vasta in principio, perchè restringendosi man mano fornisca pochi, sicuri
elementi di giudizio.

È dunque merito del Corderò avere, durante l'esame del S. Michele, spaziato nei
secoli avanti il mille e nei primi che lo seguirono, includendo nel suo studio, come sfondo
per il monumento campeggiante, tutta l'architettura del basso Medioevo.

* * *

Riguardo al secondo quesito, ricercando cioè se i Lombardi furono inti oduttori di
novità, il Corderò non fa che ampliare argomenti già addetti. Per concludere negati-
vamente.

Non gli si può chiedere un'esatta conoscenza di tutto il possibile materiale arti-
stico. Ma piace la convinzione de la serena continuità de l'arte, che di regola non può an-
dare a sbalzi, interrompendosi per riprendersi bruscamente, massime quella architet-
tonica.

I secoli settimo ed ottavo sono parsi a lo scrittore una grande plaga funestata da
profonde miserie; per le quali, «quando1 cessò l'infuriare degli elementi su la nostra
terra, schiavi e liberti si dettero a riattare edifici e a fabbricarne, ma come se, nel
naufragio de la romanità, per lo spavento avessero perduto la memoria d'ogni bella
forma ».

Una felice intuizione ha dipanato l'arruffio di quei lontani secoli dell'arte, snebbiando
a la vista la lenta, perenne corrente di quella.

Sopra tutto ha permesso di udire il numerus romano riecheggiante d'età in età.

1 A. Venturi, Storia, II, 2, 109.
 
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