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VITTORIO MOSCHI M
del secondo (fig. 3), facendo sì che la luce carezzi seriche superfici e l'ombra si colori di ri-
flessi e s'animi di variazioni le più tenui. E se anche nell'altro sentiamo una certa
fatica, in quello scorcio che vuol essere troppo ardito e finisce col rendere slombato e
scorretto il corpo del giovane dormiente, v'è nell'insieme una delicata impressione
atmosferica, un che di largo e di suggestivo. Questi disegni, insieme ad altri dello stesso
tempo,1 mostrano come il Luti, che in fondo non era un vero disegnatore, cercasse
anche nel disegno effetti di luce e di colore.
Nello stesso tempo, circa, dei disegni qui riprodotti, sarei propenso a porre quello
studio per il Narciso, pubblicato dal Voss,2 delicata figura del bel pastore che si contempla
nello specchio lacuale, nella selva appena accennata che svanisce nell'aria dello sfondo.
Questo studio si riferisce ad un famoso quadro di Narciso, ora smarrito, intagliato da)
Cecchi e riprodotto in Etruria Pittrice, che sarà bene quello stesso che, secondo i biografi
Fig. 6. — B. Luti: Diana ed Endimione.
Pommersfelden, Gali. Schònborn. (Fot. C. L. Ritt).
del Luti, era già in Roma nella villa del marchese Torri fuori porta S. Pancrazio. Se noi
avessimo ancora questo quadro, potremmo forse vedere una delle belle opere del nostro
artista, che quindi fin dai primi anni del suo periodo romano dipinse delicati e idillici quadri
di mitologia, opere tenui e preziose, con una vena di erotismo galante alla francese. Vi-
cino al Narciso, se vogliamo fare l'ipotesi di una stessa commissione, potrebbe pensarsi
il quadro di Angelica c Medoro che, secondo i biografi, era pure nella villa Torri, e che
ora è forse in Praga.3 Ne conosco una bella stampa del Bartolozzi, che mostra i due
amanti che siedon nel bosco all'ombra d'un grande albero: Angelica femmina lasciva
e scomposta, Medoro bel giovine che incide con cura sul tronco dell'albero il nome
della sua fanciulla. Quest'opera doveva essere, come la precedente, una fine e ispirata
sensual pastorelleria ricca di motivi pittoreschi; in essa il Luti doveva mostrarsi appunto
quel galante pittore che fu in quelle opere nelle quali nel tenue motivo seppe dimen-
ticare la sua tendenza professorale e porre da banda il fare più accademico.
Se egli, in genere, sentì l'idillio mitologico, il velo della tenebra notturna gli fu
espediente ad avvolgerlo in un suggestivo raccoglimento. Eccoci così giunti ad un'opera
1 Tra i disegni degli Uffizi, i nn. 15339, 15337, Leipriger Museum, in Zeitschr f. b. K., 1913, p. 233.
13901, per le scritte che sono nel verso, si possono 3 V. « Catalogo delle opere », alla fine di questo
porre nel 1693: studi però tutti di poco conto. saggio.
2 H. Voss. Handzeichnung alter Meister im
VITTORIO MOSCHI M
del secondo (fig. 3), facendo sì che la luce carezzi seriche superfici e l'ombra si colori di ri-
flessi e s'animi di variazioni le più tenui. E se anche nell'altro sentiamo una certa
fatica, in quello scorcio che vuol essere troppo ardito e finisce col rendere slombato e
scorretto il corpo del giovane dormiente, v'è nell'insieme una delicata impressione
atmosferica, un che di largo e di suggestivo. Questi disegni, insieme ad altri dello stesso
tempo,1 mostrano come il Luti, che in fondo non era un vero disegnatore, cercasse
anche nel disegno effetti di luce e di colore.
Nello stesso tempo, circa, dei disegni qui riprodotti, sarei propenso a porre quello
studio per il Narciso, pubblicato dal Voss,2 delicata figura del bel pastore che si contempla
nello specchio lacuale, nella selva appena accennata che svanisce nell'aria dello sfondo.
Questo studio si riferisce ad un famoso quadro di Narciso, ora smarrito, intagliato da)
Cecchi e riprodotto in Etruria Pittrice, che sarà bene quello stesso che, secondo i biografi
Fig. 6. — B. Luti: Diana ed Endimione.
Pommersfelden, Gali. Schònborn. (Fot. C. L. Ritt).
del Luti, era già in Roma nella villa del marchese Torri fuori porta S. Pancrazio. Se noi
avessimo ancora questo quadro, potremmo forse vedere una delle belle opere del nostro
artista, che quindi fin dai primi anni del suo periodo romano dipinse delicati e idillici quadri
di mitologia, opere tenui e preziose, con una vena di erotismo galante alla francese. Vi-
cino al Narciso, se vogliamo fare l'ipotesi di una stessa commissione, potrebbe pensarsi
il quadro di Angelica c Medoro che, secondo i biografi, era pure nella villa Torri, e che
ora è forse in Praga.3 Ne conosco una bella stampa del Bartolozzi, che mostra i due
amanti che siedon nel bosco all'ombra d'un grande albero: Angelica femmina lasciva
e scomposta, Medoro bel giovine che incide con cura sul tronco dell'albero il nome
della sua fanciulla. Quest'opera doveva essere, come la precedente, una fine e ispirata
sensual pastorelleria ricca di motivi pittoreschi; in essa il Luti doveva mostrarsi appunto
quel galante pittore che fu in quelle opere nelle quali nel tenue motivo seppe dimen-
ticare la sua tendenza professorale e porre da banda il fare più accademico.
Se egli, in genere, sentì l'idillio mitologico, il velo della tenebra notturna gli fu
espediente ad avvolgerlo in un suggestivo raccoglimento. Eccoci così giunti ad un'opera
1 Tra i disegni degli Uffizi, i nn. 15339, 15337, Leipriger Museum, in Zeitschr f. b. K., 1913, p. 233.
13901, per le scritte che sono nel verso, si possono 3 V. « Catalogo delle opere », alla fine di questo
porre nel 1693: studi però tutti di poco conto. saggio.
2 H. Voss. Handzeichnung alter Meister im