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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 26.1923

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https://doi.org/10.11588/diglit.17343#0201

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RECENSIONI

179

per la Chiesa Madre di Milano, il secondo, ehe nel 1472 aveva
termiti,ita la vetrata di Sant'Elena, più tardi distrutta, e il
terzo che completò nel 1475 quella del Nuovo Testamento.
Alle vetrate del Duomo di Milano strettamente si connet-
tono (incile della certosa di Pavia, iniziate nel 1475. Da que-
sta triade d'artisti vetrai, binomio per un certo periodo,
conte risulta dall'importante documento clic il M. pubblica
(pag. 81), nasce una larga fioritura di allievi e di imitatori,
nei quali sempre più s'accentua, in confronto ai vetrai nor-
dici, il carattere plastico <• disegnativo, sopra il q 11,1 le, forse,
l'A. non si sofferma abbastanza. Rotondità di masse ricer-
cavano gli artisti lombardi, e forme levigate, sorrette da un
disegno acciaiato e sicuro: questo carattere trasportarono
anche nella vetrata, riprendendo, sulla lastra di vetro il
contorno dei corpi, ombreggiando fortemente i panneggi:
e mentre la vetrata gotica, ci appare come uno smaltato
tappeto di vetri ritagliati, in cui il disegno è sottoposto,
il più possibile, al tracciato dei piombi di sostegno, nelle
vetrate lombarde, lo scheletro degli orli di piombosi sovrap-
pone, quasi sempre, come un arabesco nero, alla composi-
zione della vetrata.

Il M. ci accompagna poi, attraverso lo svolgersi della pit-
tura su vetro in Lombardia, lino alle tarde1 forme di Antonio
da l'andino che, secondo le parole del M.: - segna l'apice ed
anche il decadere dell'arte » (pag. 99).

Intorno alili e IV capitolo, della letteratura e della mu-
sica, daremo un breve cenno. Giustamente la l'esenti Villa,
si rifa alla tradizione « professorale » ellenistica o, meglio,
ellenizzante in Lombardia, per notar man mano il liberarsi
delle singole personalità d'umanisti dalla scolastica acca-
demia creata da Francesco Filelfo, tua che prese fisionomia
freddamente culturale sopratutto con Demetrio ( ale ondila
il « santissimo vecchio » del Trissino. Non condividiamo
con l'A. alcune sue idee sulle relazioni tra gli umanisti e la
Corte: questa per esempio: « Non era nuova arma politica
ad un principe italiano Vadcscarc i sudditi col fasto... assog-
gettando gli ingegni migliori e più fieri col secondarne ma-
gnificamente le attitudini e favorirne gli studi » (pag. 106).

Invece, l'esame dei documenti, spesso preziosi, appare
nitido e senza fronzoli vani; v'è anche un breve studio sulle
biblioteche di corte, sull'Ambrosiana e buone notizie, sep-
pure sommarie, sulle rappresentazioni sceniche ( Boscherecce
e Trionfi) per le quali i letterati fornivano facili versi.

11 Cesari raccoglie ed esamina un magnifico materiale per
la storia della musica, non solo a Milano, ma per l'alta Italia.
Va veramente data lode principale all'A. per tutta la sua
prima parte « di preparazione ». Giustamente afferma egli
che questi musici quattrocenteschi lombardi: > vanno co-
struendo (p. 189) l'asse intorno a cui s'aggireranno i compo-
sitori neo-armonisti del prossimo cinquecento» special-
mente nel contrapporli alla tendenza fiammingheggiante cosi
tipica nella musica del quattrocento di carattere aulico.
Dopo questa prima parte, d'ambientamento, l'A. passa dalle
forme musicali chiesastiche (pag. 197) alle trasformazioni
degli spunti tematici e a quel ch'egli molto finemente chiama
il « presentimento dell'armonia » nei trattati musicali. La

parte quasi aneddotica, di chiusa, del bel capitolo, poche
pagine , del resto, ci sembra adattarsi un po' a forza dopo
la seria ricerca dell'A.

E veniamo all'ultimo capitolo di conclusione a tuttala
nobile fatica del Malaguzzi Valeri.

L'autore, che noi indoviniamo uomo di raffinata coltura,
raccogliendo le vele per tornare in porto, ribadisce ancora
una volta il carattere d'insieme del suo studio dicendo:
scegliemmo il nome di Ludovico il Moro, quasi come un
vessillo e un programma, non, come ad altri sembri'), in
omaggio all'antiquato vezzo di circoscriver quasi tutto il
movimento della Rinascenza Italiana alle corti signorili»
(pag. 265).

Ordunque: data questa premessa, senza insistere più oltre
sul significato dello studio del Malaguzzi che, prendendo ad
insegna il nome d'un principe, necessariamente non fa cri-
tica artistica, non ci resta che essergli sinceramente grati
per il poderoso e utile lavoro compiuto.

Mariani.

* * *

A hook 0/ drawings formerly ascribed to Mantegna,
presented to the British Museum in 1920 by the
Karl of Rosebery, K. ('.., K. T. uith ari Introduc-
tion by Campbell Dodgson, C. I!. E., M. A. Prin-
ted in England at the Oxford University Press, 1913.

Nel 1920 il conte di Rosebery presentava al British Mu-
seum un quaderno di disegni a penna, già attribuito al
Mantegna, e datato del 1465 circa. Prima della sua entrata
al British Museum questa opera eia stata assai poco cono-
sciuta e assai raramente menzionata; uno dei disegni, rap-
presentante la « Morte d'Orfeo» era stato riprodotto nella
prima pubblicazione della Dùrer Society (1898, p. 6), e un
altro nella prima parte della «Vasari Society, Second Series»
1020 con un commento di Mrs A. M Hind. Recentemente è
st.ito pubblicato l'intero quaderno con una introduzione del
Campbell Dodgson, il quale descrive rapidamente l'opera che
presenta, ne tesse la storia, ricorda le svariate congetture
antiche e moderne intorno al nome dell'autore di questi
disegni, per concludere in modo un po' vago e lasciare in-
soluto il problema della attribuzione definitiva.

Nel 1765 Giovan Battista de Rublis, artista e gentiluomo
padovano, trovò a Padova un quaderno di disegni a penna,
formato di ventisei logli di pergamena misuranti cm. 21,8
per 15,8, venti quattro dei quali adorni di disegni su tutte
e due le faccie, e due bianchi. Le disposizione dei fogli
quale adesso ci è dato vedere non corrisponde certo a quella
originale; per esempio adesso è ultima la pagina che doveva
essere la prima del libro, recante il nome del proprietario:
« Questo libro siè de mi mathio macigni fio de mr, ruberto
macigni ».

Probabilmente nel scc. XVIII, cioè al tempo della esu-
mazione, i fogli sparsi furono montati in carta azzurra
adorna di un bordo dorato; e alla stessa epoca appartiene
la legatura in cuoio con la scritta « Andrea Mantegna,
 
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