ItiO
lìULIiETTINO DELLA COMMISSIONE
in assiro nibit gloria, e nibut rinomato. Se si credesse Annubat
un derivato afelico della stessa forma di radice potrebbe inter-
pretarsi il rinomato. Ma il confronto è assai rimoto.
In fine la importanza non lieve della presente iscrizione
deriva dalla forma singolare de' suoi caratteri. Le iscrizioni pal-
mirene presentano qua e là alcuni nessi di lettere, prime orme
che condussero pian piano agli alfabeti legati, estranghelo, cufico
e loro derivati. Nella iscrizione presente invece, mentre la forma
di ciascuna lettera si conserva all'incirca come dicemmo palmirena
corsiva, esse sono o assolutamente legate alle contigue, o così
ravvicinate da sembrare una scrittura continua: sicché a primo
colpo d'occhio a niun'altra scrittura meglio somiglia, che alla
andatura generale dell'estranghelo. Le sole lettere non unite colle
contigue sono il primo della seconda parola e l'a< della quinta.
Or una scrittura così legata, in età tanto antica, cioè al mezzo
del terzo secolo cristiano, è assolutamente una novità da non di-
menticarsi nello studio delle trasformazioni dell'alfabeto semitico.
Fu in quel tempo una coincidenza accidentale, ma non
meno strana nella storia ecclesiastica di Roma. In quell'epoca
stessa, come risapemmo non ha guari dal libro de'Filosofumeni.
erano in Koma e vi menavan romore altri orientali cristiani,
cioè gli eretici Elcesaiti. Da questi scesero i Sabei o Mandarti1
i quali con un trovato speciale e studiato di bel proposito e
non per graduale insensibile cangiamento calligrafico adottarono
di collegare non le lettere.delle intiere parole, ma le sillabe
del loro alfabeto. La presente iscrizione non ha il menomo rap-
porto col sillabismo o l'alfabeto mandaita, e tranne il sincronismo
nulla è comune al nostro Habibi figlio di Annubat palmireni. e
all'apameno Alcibiade ! interprete di Elcesai e di Sobia. Ma que-
sto stesso sincronismo è strano.
1 Si veda il prof. Chwolson nell'opera sui Sabei. e pressoché tutti
coloro, che scrissero sul libro dei Filosofumeni.
2 V. Pilosof. I. IX c. III. 17
lìULIiETTINO DELLA COMMISSIONE
in assiro nibit gloria, e nibut rinomato. Se si credesse Annubat
un derivato afelico della stessa forma di radice potrebbe inter-
pretarsi il rinomato. Ma il confronto è assai rimoto.
In fine la importanza non lieve della presente iscrizione
deriva dalla forma singolare de' suoi caratteri. Le iscrizioni pal-
mirene presentano qua e là alcuni nessi di lettere, prime orme
che condussero pian piano agli alfabeti legati, estranghelo, cufico
e loro derivati. Nella iscrizione presente invece, mentre la forma
di ciascuna lettera si conserva all'incirca come dicemmo palmirena
corsiva, esse sono o assolutamente legate alle contigue, o così
ravvicinate da sembrare una scrittura continua: sicché a primo
colpo d'occhio a niun'altra scrittura meglio somiglia, che alla
andatura generale dell'estranghelo. Le sole lettere non unite colle
contigue sono il primo della seconda parola e l'a< della quinta.
Or una scrittura così legata, in età tanto antica, cioè al mezzo
del terzo secolo cristiano, è assolutamente una novità da non di-
menticarsi nello studio delle trasformazioni dell'alfabeto semitico.
Fu in quel tempo una coincidenza accidentale, ma non
meno strana nella storia ecclesiastica di Roma. In quell'epoca
stessa, come risapemmo non ha guari dal libro de'Filosofumeni.
erano in Koma e vi menavan romore altri orientali cristiani,
cioè gli eretici Elcesaiti. Da questi scesero i Sabei o Mandarti1
i quali con un trovato speciale e studiato di bel proposito e
non per graduale insensibile cangiamento calligrafico adottarono
di collegare non le lettere.delle intiere parole, ma le sillabe
del loro alfabeto. La presente iscrizione non ha il menomo rap-
porto col sillabismo o l'alfabeto mandaita, e tranne il sincronismo
nulla è comune al nostro Habibi figlio di Annubat palmireni. e
all'apameno Alcibiade ! interprete di Elcesai e di Sobia. Ma que-
sto stesso sincronismo è strano.
1 Si veda il prof. Chwolson nell'opera sui Sabei. e pressoché tutti
coloro, che scrissero sul libro dei Filosofumeni.
2 V. Pilosof. I. IX c. III. 17