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sei

De di Antichi.
j? tante gli ne dà, che de1 Juo'i mali
Quelle donne diuenncro pietose,
Che pria gli minacciar pene mortali •
Tcrò la pregar tanto, che dcpose
La bella madre l'ira > e il grane /degno 5
Che mal contra il figliuol già la dijposg*
E ciascheduna dice esfere indegno
tAmor di tante pene 3 e che per lui
Non giunse alcuna mai al trisso segn®
Di dar si morte > ma che suro i sui
Fati cagion del miserabil sine,
Che deft'mar così, disfer, di nuì,
Tlicata dunque Vener le me/chine
Donne r'mgratia delpietoso ossicio,
Toi [doglie il figlio con le man diurne,
Quel già sicuro dal crudele esitio,
Che gli su apparecchiato, via serì Vola »
Così foss'egli andato in precìphio >
Ne pia di lui s'vdifìe mai parola*

42p




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RIMA che disegnare la imagine di Ve-
nera voglio sare vno schizzodella natura
(ha, perche sarà di non poco giouamento
a conoscerela ragione di diuerse cofe^ che

'««fflaS'iii-.-T

J i ; in q nella dirò poi. Fu duna ne Venere/e-
iQK?SS«SS3i condole fauole, la Dea delia libidine, e Dea delU

turo Tuo si desTe il defìderato compimen-

lo» Onde la fecero madre di Amore, perche non pare, che si con-

giunga
 
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