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De gii Antichi

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chevoleuano. Et appressodi Apuleio ma dkuieste incantatilo si
vanta di potere fare ogni gran inule alli Dei, & di poter oseurare à
suo piacere la luce delle ilelle,percheia forzaci] quei diabolici incan-
ti vakuano non solamente contra la Luna,ma centra il Sole ancora,
e tutte le stellé , e contra tutti gli altri Dei così del Cielo, come del~
rinserno;alli quali oltre a tutte le altre maladette cerimonie sokua-
rio minacciare ( come serine Porfirio a certo gran Sacerdote dell'E» Porfirio.
gìtto,& lo riferisee Theodonto) di rornpere,espezzare il Cielo ( for-
sè perche cadessero tutti a banV)di riuelare gli occulti misterij di Iri-
de, & di publicare tutte le cose su e più secrete, di fare che la barca di
Caronte non parlerà più anime, di dare le membra di Osiri ? Tifone,
chele squarci, & sparga per tutto, & altre rimili pazzie, mettendo
sempre innanzi quello, che pensauano, che più dispiacesse i quei
Dio cui voleuano fare forzatetene venille ad ybbìdire loro» Et for-
sè che a quello fu limile quello, che lì legge appresso di Ouidio di
Fauno,& di Pico Numi,ouero Demoni) habitatori del monte Auen-
tino,che tirasTero per arte magica,& a forza d'incanti Gioue di Cie-
lo a venire a rispondere loro,benche dannasisero poi i Romani questa
diabolica arterie la volelser© in modo alcuno,come lì vedeper Apu-
leio,che ne fu accusato:& ne furono riputati tnaeitri quelli di TessV
glia;perche come riferisee Suida,Medea parlando per la su versò la_*
celta de' suoi veleni,& delle sue malie» Et perciò quando i poeti fan-
no qualche preghi alla Luna sotto quale nome che lì Ila, ò di Diana9
ò di Recate, ò di altra, per renderla più facile ad esaudirli, le deride»
rano8che ella poisa hauere il suo lume puro,& chiaro,e che gl'incan-
ti di Theiìaglia non portano mai trarla di Cielo, come si la nutrico
"di Fedra nella Tragedia di Hippolito apprelìò di Seneca^ dicendo : Seneca,
0 regina de i bosebi} babitatrke
Be gli alti monti, oùé adorata sel,
0 gran Dea de le seiue, ò chiaro lume
Bel Cielo , ò de la [cura humida notte
Vero ornamento la cui sace dona
^Alterna luce al mondo, ò Dea trisorme
Bccate santa 3 porgi il tuo sauore
oA l'opra cominciata^ •
Bé poco dapoi soggiunge t
Così lucida, & pura appaia sempre
La tua saccia, riè pojsa alcuna nube
ì$ ase onde srnqua a noi le belle corna §
Così non habbin gl'incantati versi
Di Thcssagìia in sé sor%a alcuna, mentre
€he del notturno lume i freni reggi >
Me paSlof sia mai pie ? che gloria alcuna
Tojsa batterne del tuo amor, e girne dm*® • Quesso
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