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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 1.1889

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Pigorini, Luigi: La terramara Castellazzo di Fontanellato nella provincia di Parma
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https://doi.org/10.11588/diglit.8558#0087

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LA TERRAMARA CASTELLAZZO DI FONTANELLATO

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si debba un dì o l'altro vederne citate pure dell'Un-
gheria, se ivi si scoperse la forma per fonderle, con-
servata nel Museo nazionale di Budapest (1). Non
conoscendosi fin qui dell'estero che i soli esemplari
ricordati (2), parmi che la loro limitata distribuzione
geografica al di là delle Alpi confermi, che la civiltà
del popolo al quale si riferiscono le terremare e le
palafitte subalpine orientali fosse collegata con quella
che contemporaneamente dalla Valle del Danubio giunse
alle regioni centrali del nostro continente.

Ad un risultato che, come quello precedente, è
identico ad altro ottenuto collo studio dei manichi
cornuti delle stoviglie, si arriva inoltre quando si cerca
se e dove in Italia esistano piccole ruote per aghi
crinali, meno antiche di quelle delle terremare e delle
palafitte subalpine orientali.

Nel nostro paese fu certamente assai comune,
durante la prima età del ferro, l'uso degli oggetti dei
quali parlo, ma non in ogni contrada. Di tale età non
se ne rinvenne alcuno nelle regioni lombarde e pie-
montesi, che sono poi quelle ove non si trovano nem-
meno le piccole ruote dell'età del bronzo, e quanto
all'Italia superiore s'incontrano soltanto, come le più
antiche, nelle provincie meno lontane dall'Adriatico.
Ne abbiamo dell'agro atestino (3), e il prof. Brizio mi
assiema che se ne raccolsero altresì nelle tombe ar-
caiche felsinee, del periodo cui si dà il nome di
Benacci, e di quello posteriore che dicesi di Arnoaldi.
A sud dell'Apennino si trovarono poi a Vetulonia, a
Chiusi, a Faleria, nel Lazio, a Corneto-Tarquinia (4),

(!) Hampel, Antiq. préhist. de la Ilongrie, tav. XIV, 7.

(2) So no citano di altri luoghi dell'estero, quali ad es.
quelli illustrati dal Desor {La Caverne ou Baume du Four,
estr. dal Musée neuchdtelois, VII, tav. II, 3, 4) ma considerando
attentamente le figuro di tali esemplari appare che si tratta di
piccole ruote appartenenti a carri votivi. Il Ghirardini (op. cit.
pag. 102) vorrebbe anche vedere una tal quale parentela fra gli
aghi crinali che formavansi colle piccole ruote menzionate delle
nostre terremare e palafitte, e quelli comuni al di là delle Alpi,
particolarmente nelle contrade centrali, i quali hanno una testa
a foggia come di ruota disposta verticalmente, ma si tratta di ana-
logia tanto lontana che non pare a me se ne debba tenere conto.

(3) Not. d. scavi 1882, tav. Ili, 9 ; Vili, 73 — Ghirardini,
op. cit, tav. XII, 24, 26, e pag. 102, 103 — Soranzo, Scavi e
scop. nei pod. Nazari di Este, tav. VI, 10.

(*) Not. d. scavi 1881, pag. 363; 1882, pag. 151 e tav.
XIIIbis, 7; 1885, pag. 146 e tav. IX, 29; 1887, pag. 266 —
Museo ital. di antich. class., I, tav. Vili, 14a, 14b — Atti d.
Acc. Rom. d'archeol., I, par. 2\ pag. 342 e fig. 2 della rela-
tiva tavola.

e sempre entro strati archeologici che senza dub-
bio appartengono agi' Italici. L'uso degli aghi cri-
nali i quali avevano per testa la piccola ruota non
cessò anzi nemmeno colla vera e propria civiltà etnisca,
provandolo l'esemplare rinvenuto in una tomba di Pe-
rugia del 3° secolo av. Cristo (5). Non è questo il
luogo di cercare se tale scoperta dia maggior peso alla
opinione che pure della civiltà etrusca si debbano
vedere le origini nelle terremare e nelle palafitte sub-
alpine orientali. Basta notare che anche la presenza
delle descritte piccole ruote nel materiale archeologico
degl'Italici vissuti nella prima età del ferro, concorre
a dimostrare che essi procedevano dai terramaricoli e
dagli abitatori delle palafitte subalpine orientali.

Colla piccola ruota descritta di corno cervino si
collegano due oggetti di bronzo del Castellazzo (Ta-
vola, fig. 10,14), essendo pur essi ornamenti. Il primo
è un ago crinale di tipo comune, appartenente alla età
del bronzo: nell'altro, tuttoché incompleto, dobbiamo
riconoscere un pendaglio, pel riscontro che ha in quello
intero delle palafitte del Garda di cui presento il di-
segno (rìg. 15). Non consta che siasene mai trovato
alcuno simile insieme con antichità della prima età
del ferro, e ragion vuole che rimonti alla prece-
dente.

Ma più che l'ago crinale e il pendaglio, fra gli
oggetti di bronzo del Castellazzo interessano il palet-
nologo due lame (fig. 17, 18). Non tutti si accor-
dano nel determinarne l'uso, e chi le giudica coltelli
o pugnali, chi l'uno e l'altro insieme. Poiché fanno
parte di numerosa serie la quale comincia con esem-
plari tanto piccoli da sembrare cuspidi di freccie, e
termina con altri che sono vere spade, per chiamarle
coli'uno o coll'altro nome conviene badare alle loro
dimensioni. Quelle del Castellazzo e le molte simili
di altrove le direi coltelli a doppio taglio, sia perchè
ne abbiamo delle maggiori con caratteri che meglio
si addicono a pugnali, sia perchè nelle terremare non
esiste nulla che tenga luogo di coltello. Che fossero
poi, più che un'arma, un utensile quotidianamente
adoperato negli atti ordinari della vita, si desume al-
tresì dall'essere talune logoratissime per lungo uso e
ripetuto arrotamento, ciò che non si spiegherebbe
quando fossero pugnali.

(5) Bull. d. Istit. arch. germ. Sez. rom., I, pag. 226.
 
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