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O. MARUCCHI
Commodiano. Ed infatti la costruzione dei muri indica precisa-
mente gli inizi del terzo secolo; e non più antiche di quel secolo
stesso sono le iscrizioni onorarie delle vestali massime ivi rinve-
nute.
Il culto di Vesta che fu in grande onore in tutte le epoche della
storia romana fu pure l'ultimo ad essere abbandonato dopo il
trionfo del cristianesimo. Concessa da Costantino piena libertà
alla Chiesa cristiana, non cessarono, come è noto, le superstizioni
idolatriche: ma ebbero ancora lunga vita in tutto il mondo ro-
mano e sopratutto in Eoma, che divenne anzi l'ultimo baluardo
del politeismo a cagione dei numerosi e celeberrimi tempi dei
falsi numi raccolti nelle sue mura.
Però all'antica religione si volle dare in quei giorni dai suoi
ultimi difensori un'importanza politica, considerandola come pre-
sidio e difesa validissima del romano impero.
A questo concetto rispondeva più che ogni altro santuario
romano quello antichissimo e celeberrimo di Vesta, il quale col
famoso Palladio rappresentava la grandezza e la incolumità della
capitale del mondo. Perciò il culto di Vesta si mantenne in
tutto il suo vigore fino agli ultimi anni del quarto secolo: ed
il suo fuoco sacro fu l'ultimo simbolo dell'idolatria moribonda.
Spenta poi quella fiamma che per tanti secoli avea brillato in
mezzo al Foro romano, si spense pure con essa e per sempre la
religione idolatrica.
Del culto di Vesta ai tempi di Costantino fa ricordo un'iscri-
zione in cui si nomina un praepositus PaUadii palatini1.
L'Henzen, che pubblicò ed illustrò quell'epigrafe, manifestò l'opi-
nione che il Palladio ivi indicato avesse quel nome perchè forse
Costantino lo avea tolto dal tempio di Vesta e fatto traspor-
tare nell'interno del suo palazzo. Ma ciò non mi par verisimile:
e piuttosto penserei che il Palladium palatinum fosse quel me-
1 Bull. dell'Istituto, 1863, p. 508 e segg.
O. MARUCCHI
Commodiano. Ed infatti la costruzione dei muri indica precisa-
mente gli inizi del terzo secolo; e non più antiche di quel secolo
stesso sono le iscrizioni onorarie delle vestali massime ivi rinve-
nute.
Il culto di Vesta che fu in grande onore in tutte le epoche della
storia romana fu pure l'ultimo ad essere abbandonato dopo il
trionfo del cristianesimo. Concessa da Costantino piena libertà
alla Chiesa cristiana, non cessarono, come è noto, le superstizioni
idolatriche: ma ebbero ancora lunga vita in tutto il mondo ro-
mano e sopratutto in Eoma, che divenne anzi l'ultimo baluardo
del politeismo a cagione dei numerosi e celeberrimi tempi dei
falsi numi raccolti nelle sue mura.
Però all'antica religione si volle dare in quei giorni dai suoi
ultimi difensori un'importanza politica, considerandola come pre-
sidio e difesa validissima del romano impero.
A questo concetto rispondeva più che ogni altro santuario
romano quello antichissimo e celeberrimo di Vesta, il quale col
famoso Palladio rappresentava la grandezza e la incolumità della
capitale del mondo. Perciò il culto di Vesta si mantenne in
tutto il suo vigore fino agli ultimi anni del quarto secolo: ed
il suo fuoco sacro fu l'ultimo simbolo dell'idolatria moribonda.
Spenta poi quella fiamma che per tanti secoli avea brillato in
mezzo al Foro romano, si spense pure con essa e per sempre la
religione idolatrica.
Del culto di Vesta ai tempi di Costantino fa ricordo un'iscri-
zione in cui si nomina un praepositus PaUadii palatini1.
L'Henzen, che pubblicò ed illustrò quell'epigrafe, manifestò l'opi-
nione che il Palladio ivi indicato avesse quel nome perchè forse
Costantino lo avea tolto dal tempio di Vesta e fatto traspor-
tare nell'interno del suo palazzo. Ma ciò non mi par verisimile:
e piuttosto penserei che il Palladium palatinum fosse quel me-
1 Bull. dell'Istituto, 1863, p. 508 e segg.