Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

DOI Heft:
Fasc. 2
DOI Artikel:
Tea, Eva: De dignitate artis morientis, [1]
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0155

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
DE DIGNITÀ TE ARTIS MORIENTIS

Risalire dal noto all'ignoto è metodo ortodosso
in logica, nè parrà audace in arte, chi riconosca
questi due principi: i mezzi di cui un artista di-
spone guidano la sua ricerca stilistica; la ricerca
stilistica stimola il progresso tecnico.

Dato un punto di partenza — scuola — è possi-
bile prevedere in qual senso si svolgerà l'atto crea-
tivo; dato un punto d'arrivo — creazione — è
possibile rievocare gli elementi tradizionali da cui
sorse.

Ben inteso, nel semplice grado d'i probabilità
consentito in materia così delicata.

# # *

E moviamo da una lieve cosa: la coppa sagrifi-
cale della tabula a fresco nel tablinio della casa di
Livia.

Cara, modesta gioia, questa trasparenza oli-
vigna dove ride imprigionata una goccia lunare.
Piacquero agli antichi i corpi diafani, gli alabastri,
i cristalli, e a renderli spiegarono perizia tecnica
appena superata dal primitivo Piero della Fran-
cesca.

Questo piccolo vaso e il carpoforo del triclinio
son ben più vitrei ed evidenti della bolla luminosa
che lo scolaro di Paolo Veronese ha posto a specchio
del cielo nell'Annunciazione di Venezia. Ma con
uno svantaggio: che dove il vaso moderno raccoglie
tutti i moti vibratori del quadro, il vetro palatino
vibra di riflessi ignoti, senza sorgente; quello si
scioglie nell'aria; questo se ne sta isolato fra gli
oggetti astanti, astratto, in sè compiuto, l'idea
vaso.

Non viene a capriccio la citazione platonica.
Arte e filosofìa muovono insieme da quel fondo in-
tuitivo della razza, dove si celebra il mistero del-
l'ispirazione.

La moderna empietà che dissolve il mondo in
una sola essenza (puro suono o colore) fu ignota
all'artista ellenico, e solo presentita dai filosofi
empi, Eraclito, Democrito, Epicuro, come opposi-
zione alla filosofìa ufficiale, coronata dall'Acca-
demia.

Artisticamente le idee platoniche sono proie-
zioni totali di cose astratte dalla fìùenza della vita:
onde le qualità sensibili vengono a porsi sullo stesso
piano delle morali e utilitarie.

Penso ne derivi alla poesia quel dono che dai
greci passa in Virgilio: la proprietà. Rada la meta-
fora in questo mondo alpino, dove gli oggetti si
delineano integri, frugati in ogni ruga da un'aria
senza mistura.

In arte figurativa la proiezione platonica si tra-
duce in isolamento e astrattezza. La correzione
degli altri sensi cristallizza in serie di oggetti indi-
vidui l'incognito indistinto delle pure impressioni

visive: la cosa si separa dalla vita, pur traendone
seco il riflesso, come il pruno colto nel mattino ag-
ghiacciato serba le stille della brina che imbianca
la selva.

Invano cercheremmo nella pittura antica con-
sonanza di vibrazioni che si chiamino e rispondano
da un estremo all'altro del quadro: qualità altis-
sima di Paolo Veronese.

Nell'esempio della casa di Livia il vetro è veris-
simo vetro, la scranna è una probabilissima scran-
na, ma la loro unione è fuori d'ogni legge del reale,
è l'accordo di due concetti dipinti.

Il taglio reciso dà non so che lindore e innocenza
al rapporto fra i due colori: se il vetro ricevesse
qualche riflesso dal piedestallo o dalle figure circo-
stanti, sarebbe più vero; così qual è ha più li-
bertà e gioia. L'artista che condusse la delicata
rappresentazione pensò gli oggetti separatamente
e li accostò come armonici che gli parevano, senza
pur sospettare fra loro rapporti più intimi della
convenienza scenica.

Se unità esiste nell'antico, viene da ricerca della
chiarità ciomatica.

Vi contribuisce la scienza dei complementari
quale vedemmo agli inizi, ma in un modo diverso
da quanto si aspetterebbero uno Helmholtz o uno
Chevreul.

Fu osservato giustamente come i colori com-
plementari abbiano nel pensiero degli antichi il
carattere di distintivi anziché di risultanti a luce.

Il loro impiego non era disciplinato dai criteri
scientifici (e in fondo un po' limitati e gretti) che
guidano il moderno divisionismo.

Se ne avvertiva la reciproca virtù eccitatrice:
« differentia colorum alterna vice sese excitante »; 1
e s'adopravano alla pari con altre combinazioni di
cui l'esperienza empirica aveva constatato il valor
luminoso; poiché non sono sempre i complementari
teorici che nel vero e nell'arte danno maggior com-
mistione di luce.

Non per caso, ad esempio, la sensibilità antica
si ferma precocemente sul violetto (Tempio di
Thermos).

L'uso di questo colore consente effetti lumini-
stici rarissimi, così in unione de' suoi complemen-
tari, come del verde e del rosso, per la sua qualità
di eccitare i raggi caldi ovunque si posi: sì che pos-
siamo indovinare di leggeri su quali combinazioni
cromatiche poggiassero lo « splendor alius quam
lumen » 2 e quelle rappresentazioni di tonitrua,
fulgetra, fulgura, di cui diceva, ammaliato, Pli-
nio: « pingi non possunt ».3

1 Plin., N. H., II.

2 Plin., N. H., XXXV, ir.

3 Id., 1. e, 36.

L'Arte. XXI, 17.
 
Annotationen