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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 26.1923

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https://doi.org/10.11588/diglit.17343#0203

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RECENSIONI

1S1

diretta conoscenza del soggetto e la elegante facilità d'una
conversata esposizione, qui salta agli occhi, diremmo, come
il metodo invecchiato urti spesso e distrugga la felicità delle
intuizioni. Infatti se e necessario partire e schematizzare
l'argomento per acquistare una certa normalità di stesura
adatta al pubblica cui il volume si rivolge, ciò non deve farsi
che assai cautamente. Invece l'A. semplicizza troppo, tanto
che la visione d'insieme si frantuma non più in una serie di
biografie, come nelle trattazioni accademistiche tipo Lanzi,
ma nei riquadri di esterne categorie: Roma, fuori Roma, In-
terno delle chiese, Facciate delle Chiese, Decorazione, Pa-
lazzi,... e allora perchè non Campanili, Acquasantiere,
Scale, Capitelli e via di seguito? Siamo ai soliti « generi »
non mai abbastanza deprecati. La ragione? Che il Reymond
non era ancor tanto padrone del suo studio da vedere —
come è assoluto per la critica d'ogni arte — secondo perso-
nalità e caratteri individuali, rifondendo quanto è generale
nella storia della coltura artistica, sotto il nome di « am-
biente », « epoca », « corrente », « stile » o altro.

Ma è certo che l'inflessione imposta alla sua ricerca este-
tica dal metodologico programma, ormai consueto come un
carillon che ad ogni ora s'intoni all'orecchio, ha molto potuto
su di lui. Lo stesso è avvenuto, e in modo ancor più evidente,
al Lemonnier che ha studiato VArchitettura in Francia nella
prima metà del XVII secolo, ove però diverso è il risultato,
perchè minore la genialità critica. Infatti mentre nel Rey-
mond le figure o individualità artistiche si intrecciano per il
tentativo talora riuscito di darci il senso d'insieme, qui ogni
idea generale che sia una intuizione verace e profonda viene a
mancare e malgrado che l'A. dia nella esposizione il maggiore
sviluppo alla biografia, questa si spezza nelle singole opere e
non vi ritrova inai la pròpria unità. 11 medesimo scrittore nel
seguente saggio sulla Pittura e l'Incisione in Francia nella
prima metà del secolo accentua le deficienzeMel metodo suddi-
videndo come il Reymond per generi le biografie. Rimane a
questi suoi saggi, e meglio a quello del Vitry sulla Scultura
nei Paesi Bassi, rapido e succoso, a quello di Pierre Paris
sull'Arte Spagnola, più diffuso e conversato, a quelli sulla
Seuil ara francese del Michel, sull'Arte inglese del Biver, sulla
Svizzera del De Mandach e sulle Arti minori del De Mandach
del Deshiirs e della Maillard, il pregio d'una informazione
agevole e d'una esposizione corrente. 11 lungo saggio sull'Arte
monarchica francese (architettura e pittura) del Lemonnier,
e specie il capitolo sul Le Bruii, rivelano l'A. più libero e
sicuro e spesso felice nella veduta d'insieme della multiforme
attività del suntuoso apparatore di Re Sole. Più ancóra l'u-
nità del soggetto porgeva mezzo al Michel di mostrarsi abile
caratterizzatore nel capitolo su la Salitili-a italiana ai tempi
del Bernini. Invece la serie delle opere, con varia finezza de-
scritte, non riesce a conchiudere la figura del grande. Anche
qui l'informazione prevale sulla critica.

Meglio d'ogni altro Louis Gillet nella Pittura dei Paesi
Bassi si rivela preparato, fine osservatore, elegante descrit-
tore, ricco della facilità di presentare al lettore il suo tema
con agilità di mosse e normalità di sviluppi metodici. È
vero ch'egli aveva a maestro il Promentin, per quanto è

educazione dell'occhio; ma alcune sue pagine, come quella
che corregge l'interpretazione fronientiniana della «Ronde
de nuit», sono veramente ottime ed originali.

Purtroppo non possiamo dire così del saggio del Peraté
sulla Pittura Italiana: capitolo che più di tutti ci stava a
cuore. L'autore non conosceva — e data l'epoca in cui
scrisse, non avrebbe nemmeno potuto — la ricca lettera-
tura critica italiana di quest'anni sull'argomento da lui trat-
tato. Tuttavia il Riegl e il Venturi, il Longhi e il Voss, il
Marangoni e POzzoIa e molti altri avevano già pubblicato
acuti saggi che l'A. mostra di non aver letto. Ed è veramente
deplorevole ch'egli non si sia valso di questa sua preliminare
" innocenza » per conoscere e vedere da sè. Xe sarebbe venuto
fuori un capitolo ben troppo diverso da questo che ripete
senza variare, e certo superficializzando assai, i motivi cri-
tici accademici e le neo-classiche consuetudini del Lanzi.

Non voglio tuttavia chiudere questa rassegna senza ricor-
dare le belle pagine interpretative del Reymond sull'opera
del Maderno in S. Pietro e sullo stile decorativo degli interni
da lui iniziato con squisita eleganza. Si direbbe che il Ma-
derno sia stato dall'A, più felicemente sentito che il Bernini,
il Borromini e il Cortona, intorno a cui però son da notare
alcuni tratti originali, specie sull'opera di S. Luca e la paren-
tela con l'arte veneta palladiana. Così, esatta e accesa è la
descrizione di S. Andrea al Quirinale del Bernini, vero capo-
lavoro; come è certo che le idee centrali del saggio sono
giuste e briosamente dimostrate. Peccato che nella introdu-
zione l'A. indulga a vecchie «posizioni» ormai fruste e svuo-
t a te di senso! Nel complesso tuttavia son le sue, fra le più fre-
sche e franche pagine dell'opera, e ci fanno ancor maggior-
mente rimpiangere la sua gentile anima innamorata del
nostro paese. Il confronto ci fa meglio deplorare che il Peraté
si dimostri invece tanto nemico all'arte nostra, da parlarne
quasi « per sentito dire »! E un pochino vorremmo estendere
il nostro rimprovero al Michel, che intorno al Bernini, vera-
mente dominatore, non seppe o non volle quasi vedere al-
cuno: l'Algardi per esempio e molti fini berniniani, autori
di ritratti e di decorazioni ricche di eloquenza non inde-
gne della mano di quei tanti francesi che così amorosa-
niente egli è andato ricercando. Il campo dell'arte del no-
stro seicento più che ogni altro ormai è largo di « scoperte »
agli studiosi. E speriamo che la novella attività dei recenti
ricercatori incuriosisca almeno i critici stranieri, si ch'essi
vogliano parteciparvi di persona e sovratutto far parte
nella loro coltura ai risultati già così felicemente ottenuti.

(S. O.).

* * *

Jacopo Tìnloretto, von Erich von der Berken und
August L. Mavkr, verlag von R. Piper & Co,
MuncHen, 1923.

Nel leggere la monografia che, in bella veste e con belle
illustrazioni, la Germania in queste ultime settimane ci ha
dato sul Tintoretto, io pensavo se non sia limite alla serenità
critica d'un recensore lo stare anch'egli appassionatamente
studiando il tema stesso dell'opera recensenda.
 
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