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Bullettino di archeologia cristiana — 4.1866

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Nr. 4 (Luglio e Agosto 1866)
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I templi pagani in Roma sotto gl'imperatori cristiani, ed una tavola degli atti dei Fratelli Arvali ora rinvenuta nel tempio della Dea Dia
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https://doi.org/10.11588/diglit.17353#0061

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Il Bullettino esce ogni due mesi. TfcTTT T HT^TPTTVT Le assotiajioni si ricevono in Roi

L'associazione per un anno cosia scudi due.. m \ I 11 I I I Ai I I Tipografia Saiviucci ai SS. XII Apostoli.

DI ARCHEOLOGIA CRISTIANA

DEL CAV. GIOVANNI BATTISTA DE MOSSI

ANNO IV. Roma Luglio e Agosto 1866. N.° 4.

S tempii pagani in Roma sotto gl'imperatori cristiani, ed una tavola degli atti dei Fratelli Anali

ora rinvenuta nel tempio della Dea Dia.

Anche in questo fascicolo durerà l'interrompimenlo
del discorso sulle controversie anli-callistiane ; perchè
le guerresche vicende della Germania m'hanno ritar-
dato l'arrivo d' un recente libro, che desidero esami-
nare prima di por mano alla conchiusione di quel trat-
tato. Ma l'insigne scoperta d'una tavola arvalica avve-
nuta nello scorso mese mi chiama a ripigliare in mano
un tema importante, cominciato a dichiarare nel Bul-
lettino di Gennajo 1865. Quivi ragionai delle statue
pagane in Boma sotto gli imperatori cristiani: e di-
mostrando, che le leggi proibitive dell'idolatria inter-
dissero i sacrifici, ma in pari tempo decretarono la
conservazione dei templi di Roma anche estramurani,
invitai il lettore a consultare un mio discorso sugli
atti dei fratelli Arvali stampato nel 1858 (1). Le con-
clusioni di quel discorso sono oggi autenticate in modo
solenne dal rinvenimento annunciato nel titolo di que-
st'articolo. Riassumerò adunque e svolgerò ciò , che
incidentemente scrissi nel 1858 sulle leggi degli impe-
ratori cristiani rispetto ai templi pagani; e poscia ap-
plicherò queste notizie agli edifici ed al bosco degli
Arvali, mostrandone la verità colla splendida testimo-
nianza delia novella scoperta.

§■ I.

Le leggi degli Augusti cristiani intorno ai templi
delle gentilesche divinità in Roma
e in lutto l'impero.

Che Costantino abbia voluto abolire il culto ido-
latrico gli storici ecclesiastici l'affermano, ed il figliuolo
di lui l'imperatore Costante !o testifica richiamandone
in vigore una legge : cesset superstitio, sacrificiorum
aboleatur insania: nani quicumque cantra legem divi
principis parentis nostri . . . ausus fuerit sacri fida ce-
lebrare competens in eum vindicta exeratur (2). Nel
Bullettino sopra citato (Gemi. 1865 p. 5) ho avver-
tito, che alcuni moderni mettono in dubbio gli editti

(1) Annali dell'lst. di corrisp. arch. 1858. p. 54, 79.

(2) Cod. Theod. XVI, IO, 2.

costantiniani contro l'idolatria, e ne anche s'arren-
dono alla pubblica testimonianza del figliuolo di lui
nel codice teodosiano trascritta. Il Gotofredo però ,
commentatore sagacissimo di quel codice, neppure
sospettò potere giammai entrare nella mente d'un dotto
o d'uno storico l'arbitrario pensiero d'impugnare la
veracità delle parole di Costante; e ponendo a con-
fronto gli storici cristiani e gentili e le date delle
leggi, ne raccolse, che Costantino negli ultimi anni
del suo impero e precisamente nel 333 vietò i sa-
crifici idolatrici e cominciò la guerra alle are ed ai
delubri della pagana superstizione (1). Non conoscia-
mo il tenore esatto dell'editto costantiniano : ma l'e-
spressa testimonianza di Teodoreto nel libro V ca-
po 21 della sua storia e la pratica costante dei se-
guenti imperatori, almeno fino a Teodosio, dimostrano
essere stata massima fondamentale della legislazione,
di che ragiono, il conservare gli edifìci ed i loro or-
namenti per decoro delle città ; e soltanto intorno ai
delubri posti nella campagna, i quali erano alimento
vivace al culto vietato, forse fu severa fino da prin-
cipio , e divenne poi sempre più rigida ia sanzione
delle leggi. In fatti benché in Roma agli editti di
Costantino poco o ninno effetto sembri essere segui-
lo (2), pure Costante slimò necessario dichiarare con
speciale rescritto ai prefetto di Roma, che i templi
posti fuori delle mura dell'eterna città dovevano ri-
manere intatti. Ciò mostra, che qualche legge di di-
struzione mirava direttamente i delubri e sacelli cam-
pestri ; e che fu riputata necessaria una lettera impe-
riale declaratoria, che i templi celeberrimi posti nel
suburbano di Roma non dovevano essere involti nella
rovina dei volgari e rustici edifìci sacri alle gentile-
sche divinità. Quamquam omnis superstitio penitus
emenda sit, tamen volunius ut aedes templorum, quae
extra muros sunt positae, intactae incormptaeque con-
sistane TSam cum ex nonniillis vel ludorim, vel cir-
censium, vel agonum origo fuerit exorta, non convenit
ea convelli^ ex quibus populo romano praebeatur pri-

(1) V. i commenti insigni del Gotofredo alle leggi 1, 3 del libro XVI
tit. IO; ed alla seconda del libro IX tit. 17.

(2) V. Bull. 1865 I. c.

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