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Bullettino archeologico Napoletano — N.S.6.1857-1858

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Nr. 129 (Novembre 1857)
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https://doi.org/10.11588/diglit.12305#0046
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— as-

tile illustriamo la figura di Apollo offre il capo privo
di corona e finanche del diadema. Sicché le due leste
di Apollo e di Orfeo nelle monete di Antissa presen-
tano fra loro la vicina relazione, che proviene dalla
comunanza de' vaticinii.

Tornando al nostro vaso, potrebbe giudicarsi dif-
ficile l'indagare chi sia quel giovine eroe , che venne
ad interrogare 1' oracolo. Pur non troviamo in rap-
porto con 1' oracolo dell'Apollo Napeo , che un solo
eroe, a cui non disconviene il giovanile aspetto , nè
l'ellenico costume. È questi Pelope, il quale, al rife-
rir dello Scoliaste di Aristofane , avendo offerto al-
cuni cimelii al dio, n'ebbe 1' avviso che recasse una
pecora d'oro.

L'oracolo era il seguente :

Dammi ciò che desio : non darmi invece
Quel che non voglio.

Avverte lo Scoliaste che questo oracolo era rife-
rito da Anticlide nel libro de Ritorni (lv toìs NoWo;s
ad Arisi. Nub> 144.) La corona, ch'è presso al sedile,
non sembra accennare a que' cimelii offerti dall'eroe,
e rifiutati dal dio di Lesbo. Del resto non è probabile
che il vaticinio si riferisse unicamente ad una offerta;
ma non istarò ad indagare a qual circostanza del mito
di Pelope debba rivolgersi la mente, per ispiegare il
suo recarsi in Lesbo ad onorare 1' Apollo Napeo.

É pur da osservare che essendo stata Lesbo in tem-
pi antichissimi abitata da'Pelasgi venuti dal Pelopon-
neso (Plehn Lesbiacor. p. 24), era ben conveniente
che vi sorgessero tradizioni relative al Pelasgo Pelope,
che così rannodavasi a' siti , ove quei greci coloni
recaronsi ad abitare, ed in relazione con quella sua
colonia.

In qualunque modo è da avvertire che un altro gio-
vine eroe, a cui ben convengono le forme che gli si
danno nel vaso che illustriamo, trovasi in rapporto
con Lesbo. È questo Oreste, a cui si attribuisce che
avesse dedotta una colonia in questa celebre isola
(Tzetz. ad Lycophr. v. 1374; Schol. Pind. Nem.
XI, 43). Poteva dunque esistere una tradizione, ove
si parlasse dell' oracolo a lui dato prima o dopo del
matricidio da lui commesso.

Ora è mestieri illustrar l'atto del giovine interro-
gatore , il quale scrive qualche cosa sopra una tavo-
letta -Tfuzriov, òìkrfos. Potrebbe da alcuno dubitarsi
se scriva l'oracolo già reso, ovvero la dimanda. È for-
za però ritenere questa ultima idea ; giaccbè eviden-
temente la figura di Apollo stende la mano a pren-
dere la tavoletta, per rispondere alla interrogazione:
dal che si conferma la riunione degli oracoli, sicco-
me innanzi dicemmo. Tanto rilevasi altresì dal con-
fronto di due importantissimi luoghi uno dello sco-
liaste di Aristofane, l'altro di Plutarco. 11 primo si
riferisce al delfico oracolo , e si dice espressamente:
« Coloro, i quali interrogavano l'oracolo, per mezzo
di una comunicazione in iscritto facevano le domande
al dio, dopo aver segnato sopra una tavoletta ciò
che loro veniva in pensiero, e cintala di un delicato
serto, la porgevano alla sacerdotessa : « o; (JLxvrsuoftóyBt
syypcttyùj ii%zoivuj<Tsi ttoos ròv £hoy t«s Treucreis sttoi-
Qwro,ysypx<pót£S h ttvxtIw <rò x.y.rx itpcxùpKSit clÒtoìs
x.if;x-vov,<rrsl)avM rt àfttyisffwris àftptp ', tt~ \xrMTnt6-
\w 'e^eiporóyovy etc.(Plut. 39 p.327 Dubner).Ecco dun-
que il costume d'interrogar l'oracolo scrivendo sopra
tavolette confermato bellamente dal nostro vaso, che di
tanti secoli precede quell'antico scoliaste. E si scorge
che quella usanza si estendeva non solo all' oracolo
di Delfo , ma benanche ad altri oracoli Apollinei ,
quale si è questo che abbiamo sotto gli occhi dell'A-
pollo Napeo. E qui osservo che dal confronto del no-
stro monumento deducesi anche il costume di cingere
la tavoletta di una delicata corona , potendo credersi
destinata a tal uopo quella che vedesi accanto al giovi-
ne eroe, la quale non può giudicarsi destinata a cinger
la sua propria testa.Ma come innanzi dicemmo evvi un
altro luogo, che illustra la tavoletta del vaso che stia-
mo illustrando. Racconta Plutarco di un prefetto della
Cilicia, che aveva mandato ad interrogare l'oracolo
così detto di Mopso con una tavoletta suggellata (xot-
TfrnPpcc'yiO'fA/vrjV $(\rov ) , ove segnata aveva la di-
manda ( de def. oracul. c. XLV pag. 434 ). Poiché
si parla di un uomo, che non prestava alcuna fede
a' vaticinii, e perciò prese quella precauzione di sug-
gellare lo scritto; può trarsene la conclusione che
simili tavolette non solevano chiudersi a quel mo-
 
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