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Bullettino archeologico Napoletano — N.S.7.1858-1859

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Nr. 162 (Febbraio 1859)
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https://doi.org/10.11588/diglit.12306#0106
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— 96 —

Fra’molti graffiti, che non ancora potemmo stu-
diare , abbiamo Ietto questi due, su’ quali non ci
fermiamo a discorrere, ma che possono credersi in
corrispondenza fra loro :
REST1T • • • • ELAT
ET QVI SERPI! FELAT
È poi particolarmente da riferire un elegante disti-
co così disposto in tre linee:
SI QVIS FORTE MEAM CVPIET VIO--
PVELAM • 1LLVM1N DESERTIS •
MONTIBVS • VRAT AMOR
É notevole la ortografia della parola puellam, con
una semplice L ; ma si è indicato il raddoppiamento
della liquida con una lineetta parallela all’ asta oriz-
zontale di quella lettera. Il che io credo fatto per
abbreviazione di scrittura, senza pensare all’uso del-
la semplice liquida, in vece della doppia, che pur con
esempli potrebbe facilmente appoggiarsi.
È agevole ravvisare il distico :
Si quis forte meam cupiet violare puellam ,
Illum in deserlis montibus urat Amor.
Sembrano questi versi di gusto Tibulliano ; e ci
ricordano quel noto verso dello stesso Tibullo ( lib.
I. el. VI v. 51):
Parcile, quam custodii. Amor, violare puellam.
Nulla diciamo del verbo urere tanto comune nelle
cose di amore : e solo notiamo quel deserti monles,
che si riferisce a deserti loci de’ prosatori e de’ poeti.
M1NERV1NI.
BIBLIOGRAFIA
I marmi antichi di Fabrateria Vetere oggi Ceccano,
lettera di Raffaele Garrucci d. C. d. G. alla ec-
cellenza reverendissima di Monsignor Giuseppe Re-
rardi — Roma 1858 pag. 28 in 4.
È questo un importante lavoro, col quale il eh. P.

Raffaele Garrucci si acquista un novello merito negli
studii epigrafici.
É noto come il dottor Giuseppe de Matlheis aveva
già definito ove fosse collocata la Fabrateria Velus
degli antichi, ed è appunto nel territorio della mo-
derna Ceccano (memor. della Pontif. Accad. di ar-
cheologia pel 1836 p. 314). Al de Matlheis non era-
no note che due sole iscrizioni, ed ora il eh. Garrucci
ne aggiunge altre nove posteriormente scoperte, tutte
pertinenti all’epoca dell’ impero.
La prima iscrizione è messa all’imperatore Costan-
tino, che si nomina colla ortografia COS(tan)TINO ;
la quale omissione dell’n è illustrata dall’editore con
molli esempli.
La seconda, co'supplementi proposti, è come segue:
[S • PETRONIO • PROBO • V • C]
RESTITVTOfRI] • GENERIS
ANICIORVM • OB • INLVS
TRIA • MERITA • ORDO • PO
PVLVSQ • C1VITATIS • VETVSC
DIGNISSIMO • PATRONO
Conghiettura l’editore che si tratti de’medesimi
Fabraterni, i quali forse, dall’aggiunto vetus dato alla
loro Fabrateria , si appellarono barbaramente Velu-
scani o Vetusti. La cosa, anche a parere del eh. Gar-
rucci, attende dalle nuove scoperte una luce maggiore.
La terza epigrafe, in molti pezzi, è ingegnosamente
ricomposta ; e sebbene sia in parte mancante, ci si dà
a conoscere che si tratta di un pubblico edificio rin-
novato da Adriano. L’Editore suppone che questo
edificio sieno le pubbliche terme. Poi si ferma a ra-
gionare dell’ I allungato nelle latine iscrizioni : ed os-
serva, contro la opinione del Ritschl, che questa ma-
niera di scrivere fu adoperata prima de’tempi Augu-
slei : al qual proposito cita non pochi monumenti
epigrafici, tra’ quali un anello di oro in Teramo, colla
epigrafe
H0SPITAAL1TAS • INTERPROMINl.
[continua] Minervim.

Cav. Giulio Minervini—Editore

Tipografia di Giuseppe Cataneo
 
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