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Bullettino archeologico Napoletano — N.S.7.1858-1859

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Nr. 164 (Marzo 1859)
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https://doi.org/10.11588/diglit.12306#0118
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— 108 —

iscrizione è su di un vaso ordinariamente destinato a
contenere il vino , debbo supporre che in esso non
dovea inchiudersi che vino, e questo vino era colto;
non potendo immaginare che lo £«7x0$ possa riferirsi
a cottura di altre sostanze, essendo evidente la desti-
nazione degli altri dolii per uso del vino. Ma un luogo
di Aristofane rischiara, a mio credere, maggiormente
il nostro pensiero; poiché dicendo (1)
y’ fyucr'rpov poòs xoc'i xoiXia.v vslolv
xxTa.[3pox,Si(ra.$, xccr’èxmwv /ròv àvaTrcr/tttoS
X&puyyiw tol'S piqT'opa.S xcù Nixiccv 'ra.pcfów
ci mostra lo Cwfxos come una bevanda desiderevole
dopo il cibo, la quale non poteva essere che il vino,
delizioso liquore al finir de’ banchetti degli antichi ;
ove era uso anche il bere e volar la coppa ad onor
de’numi. Infatti Aristofane mette in bocca di Cleone
poco innanzi al citato luogo questa risposta ad Ago-
racrito, che dimandato aveagìi di qual bevanda avesse
fatto uso per aver tanta eloquenza ,
„.X!XT <XXpa.T0V QlyOU
al che può aggiungersi quel che più sotto si legge
nel Coro lamentandosi che altri bevasi solo, senza
farne parte, lo il quale per essere tanto desi-
deralo , non poleva essere che il bacchico cotto li-
quore :
<rv. jxsv aXXa jx TjpscraS Xsywy ìv o ou Tr’p^iS'rai
'rùiv Trpa.y/MC'rwv, Ótit\ jxoyos ròv ^wjxòv sxpotyrfiìis.
Oltre che il Nicia, di cui Aristofane qui sopra, era
conosciuto, siccome era sialo avvertito dal Casaubo-
no (2), per esser gran bevitore di vino. Nelle anno-
tazioni poi circa il vocabolo àvaTróviTTros (3), dicen-
dosi doversi congiungere ad ìxttimv rov ^fxo$, per
significare che il cotto liquido avidamente, e d’ un
fiato si tracanni, mi par chiaro il vedere, che non
altra cosa si tracannasse con tanta sollecitudine quanto
il vin dolce e colto.
Che poi gli antichi avessero un vino rosato, ce ne
assicura Palladio (4), dicendo: Condilum vimini, vel

(1) Equit. v. 356 e seg.
(2) In Equit. v. 356 edit. Godofr. Schutz.

(3) Note al v. 357. Lo Scoliaste parlando di tutte le antitesi usate
in questo luogo, avverte che il si oppone al vino: Ss
ìf ' 1 /
q/vco tov cwtxoy.
(4) Lib. HI. tit. XXII. Gesn.

absintbialnm vel rosàtum, vel violatum etc. ; ed al-
trove (1), quinque libras rosae pridiepurgataeinvim
veteris X sexlarios merges eie. Nè ciò io penso, essere
stato semplicemente un lusso di vini, ma pure un
mezzo da temperare e frenare 1’ ebbrezza che potesse
per avventura suscitarsi dal vino ; imperocché sappia-
mo da Filonide presso Ateneo, che gli antichi , per
premunirsi da quella , usavano corone di rose e di
mirto, la cui natura ed efficacia era conosciuta per
temperante, refrigerante, e contro il dolore del
capo (2).
Ma che dovrà pensarsi del segno ? Vorrà credersi
un monogramma, come venne apposto in un dolio
illustrato dal dotto Cavedoni (3), rinvenuto vicino
Modena, dinotante il nome di Gesù Cristo, il che ci
darebbe un indizio dell’epoca de’nostri doliidel Sar-
no tra il 3.° o il 4.° secolo Cristiano, ovvero sarà
una di quelle note con che segnavansi le contenenze
de’ vasi? Giudichi il leggitore a suo talento.
II. La iscrizione in rosso su la pancia dell’altro
dolio è la seguente :
(mon) (mon)
AIIHP.>XXVR
Per quanto è chiaro il principio e la fine di questa
iscrizione, tanto si rende difficile la lettura delle pa-
role intermedie per la moltiplicità de’ nessi, e per es-
sere in parte svaniti i caratteri.
L’ altra in nero pure su la pancia del medesimo
vaso è composta di cifre di stranissima forma.
Confesso di non saper dare una spiegazione di que-
ste epigrafi : e ritenendo per cifre numeriche il ^XX
(1) Lib. VI t. XIII; cfr. lib. XI t. XV; ove a vece delle rose le
foglie di cedro. Per gli altri modi di rendere odoroso il vino , e
fare il vino odorato Cat. r. r. c. GXIIl. Per quello con 1’ assen-
zio Colum. XII. 35. Pel vino di Coo, anche cotto, vi si metteva
la palma , e lo scheno , Cat. r. r. c. CV.
(2) Athen. XV c. XXXII edit. cit. ; cfr. Lib. XI c. XI, ove è un
luogo di Aristotile nel lib. de temul.; in cui si dice che la mirra
e il giunco odorato posti nel vin cotto rendono il liquore meno
inebriante ; ed aggiunge, che in Rodi le olle di vino son fatte con
mirra, giunco, croco, balsamo, amomo, cinnamomo insieme cotti, e
cc/o'rg xal rcùv aQpo&uriwv 'TTccpaXvstv ri TrtTTov.
(3) Bullett Arch. deli Insti!.. Ann. 1843. p. 152. e seg.
 
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