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Delle scoperte avvenute
La mole del monumento testé rinvenuto fecemi già sorgere
l'idea, che l'espediente, o partito architettonico adoperato in tal
costruzione, accennasse ad un complesso di propositi, per sop-
perire forse non soltanto alla viabilità, ma anche ad uno scopo
strategico, o di difesa.
Ponendo lo sguardo su di una pianta topografica, ove siano
delineati i recinti della città antica, si riconosce, che le traccio di
tale costruzione coincidono con l'andamento del lato settentrio-
nale delle fortificazioni serviane.
Poteva adunque nella medesima riconoscersi la base di quel
recinto, costruito già a difesa della zona destinata, dirò così, a
formare come un vasto campo trincerato, di forma triangolare,
alla cui sommità sorgeva la rocca Gianicolense, ed i cui lati, o
ali convergenti verso la rocca stessa, si partivano a monte dalla
direzione della porta Flumentana, ed a valle da quella della porta
Trigemina, costruite sulla ripa sinistra del Tevere.
In tale ipotesi il viadotto non solo sarebbe stato protetto
al di sotto, mediante le arcate che davano libero il sottopassaggio
alle acque, ma dovea essere interamente difeso e coperto, mediante
un secondo ordine di arcate nell'interno, ed un muro continuo all'e-
sterno, in maniera da correre quasi entro una forma ricavata entro
le mura, analogamente a quanto si riscontra essersi fatto nella
costruzione delle mura Aureliane, ove nella grossezza della massa
murale sonosi praticati dei passaggi.
Nè a respingere tale congettura sarebbe valido argomento
l'opporre, che nei tratti delle mura Serviane tuttor conservati, non
si rinviene nè una grossezza uguale a quella del viadotto, nè una
via praticabile nell'interno. Perchè le condizioni locali e le ra-
gioni della difesa giustificherebbero abbastanza il supposto par-
tito ; mentre in tal caso su di un suolo paludoso avrebbesi dovuto
stabilire nello stesso tempo una viabilità sicura ed un recinto
fortificato.
Ne segue che il monumento, allo stato in cui si è rinvenuto,
Delle scoperte avvenute
La mole del monumento testé rinvenuto fecemi già sorgere
l'idea, che l'espediente, o partito architettonico adoperato in tal
costruzione, accennasse ad un complesso di propositi, per sop-
perire forse non soltanto alla viabilità, ma anche ad uno scopo
strategico, o di difesa.
Ponendo lo sguardo su di una pianta topografica, ove siano
delineati i recinti della città antica, si riconosce, che le traccio di
tale costruzione coincidono con l'andamento del lato settentrio-
nale delle fortificazioni serviane.
Poteva adunque nella medesima riconoscersi la base di quel
recinto, costruito già a difesa della zona destinata, dirò così, a
formare come un vasto campo trincerato, di forma triangolare,
alla cui sommità sorgeva la rocca Gianicolense, ed i cui lati, o
ali convergenti verso la rocca stessa, si partivano a monte dalla
direzione della porta Flumentana, ed a valle da quella della porta
Trigemina, costruite sulla ripa sinistra del Tevere.
In tale ipotesi il viadotto non solo sarebbe stato protetto
al di sotto, mediante le arcate che davano libero il sottopassaggio
alle acque, ma dovea essere interamente difeso e coperto, mediante
un secondo ordine di arcate nell'interno, ed un muro continuo all'e-
sterno, in maniera da correre quasi entro una forma ricavata entro
le mura, analogamente a quanto si riscontra essersi fatto nella
costruzione delle mura Aureliane, ove nella grossezza della massa
murale sonosi praticati dei passaggi.
Nè a respingere tale congettura sarebbe valido argomento
l'opporre, che nei tratti delle mura Serviane tuttor conservati, non
si rinviene nè una grossezza uguale a quella del viadotto, nè una
via praticabile nell'interno. Perchè le condizioni locali e le ra-
gioni della difesa giustificherebbero abbastanza il supposto par-
tito ; mentre in tal caso su di un suolo paludoso avrebbesi dovuto
stabilire nello stesso tempo una viabilità sicura ed un recinto
fortificato.
Ne segue che il monumento, allo stato in cui si è rinvenuto,