260
77 Satiro che versa da bere
riveste un certo che di rilasciato e di molle, che tempra e ad-
dolcisce i trapassi fra le singole forme.
Ed il momento psicologico della rappresentazione è pur vario
fra le due statue. L'olio, che l'atleta si versa sulla mano, pre-
lude alle fatiche e alle ardue prove, cui egli valorosamente si
prepara; il vino, che sta mescendo il Satiro, è indizio della quiete
spensierata, del godimento de' sensi, della ebrietà allegra, che in-
fonde nell'animo il liquore di Bacco. E, in relazione con la di-
versa situazione e il diverso momento qui effigiato, noi vediamo
il volto del Satiro sorridere con una cotal voluttà, laddove dal
volto dell'atleta non traspare che il sentimento tranquillo della
vita fìsica fortemente e laboriosamente vissuta.
Le divergenze così palesi fra questi due tipi dell'atleta e
del Satiro, pur affini l'uno all'altro per fondamentali analogie di mo-
tivi e di schema, ci confermano una volta di più quello, che già
risulta da moltissimi altri fatti osservati nello studio della figlia-
zione de' tipi propri della statuaria ellenica. Ogni scultore, dal
più umile al più famoso, non si perita di derivare taluni tipi
statuari da quelli ch'erano stati trovati e composti per l'in-
nanzi; ma, elaborandoli, li assimila siffattamente alla sua pro-
pria fantasia, li trasmuta ed atteggia a sì nuove forme, li adatta
con tanto felice accorgimento al genio dell'età sua, vi infonde
per entro un così caldo soffio di vita, che essi appaiono ai no-
stri occhi scaturiti tutti interi dalla mente di lui, come Minerva
dal cervello di Giove. E, se pure lo studio attento e riflesso ci
conduce a ritrovarne l'origine nel patrimonio artistico dell'età
anteriore, non li ammiriamo meno per questo, ben lontani dal
negare all'artefice il merito della spontanea e geniale creazione.
Il Satiro che versa da bere — spero che ognuno consentirà
meco in tale giudizio — emana dal tipo dell'atleta che versa
l'olio ; ma è insieme opera d'una potente originalità : opera degna
del grande Prassitele. Imperocché egli, e non altri, ne fu l'autore.
{Continua)
Gherardo Ghirardini.
77 Satiro che versa da bere
riveste un certo che di rilasciato e di molle, che tempra e ad-
dolcisce i trapassi fra le singole forme.
Ed il momento psicologico della rappresentazione è pur vario
fra le due statue. L'olio, che l'atleta si versa sulla mano, pre-
lude alle fatiche e alle ardue prove, cui egli valorosamente si
prepara; il vino, che sta mescendo il Satiro, è indizio della quiete
spensierata, del godimento de' sensi, della ebrietà allegra, che in-
fonde nell'animo il liquore di Bacco. E, in relazione con la di-
versa situazione e il diverso momento qui effigiato, noi vediamo
il volto del Satiro sorridere con una cotal voluttà, laddove dal
volto dell'atleta non traspare che il sentimento tranquillo della
vita fìsica fortemente e laboriosamente vissuta.
Le divergenze così palesi fra questi due tipi dell'atleta e
del Satiro, pur affini l'uno all'altro per fondamentali analogie di mo-
tivi e di schema, ci confermano una volta di più quello, che già
risulta da moltissimi altri fatti osservati nello studio della figlia-
zione de' tipi propri della statuaria ellenica. Ogni scultore, dal
più umile al più famoso, non si perita di derivare taluni tipi
statuari da quelli ch'erano stati trovati e composti per l'in-
nanzi; ma, elaborandoli, li assimila siffattamente alla sua pro-
pria fantasia, li trasmuta ed atteggia a sì nuove forme, li adatta
con tanto felice accorgimento al genio dell'età sua, vi infonde
per entro un così caldo soffio di vita, che essi appaiono ai no-
stri occhi scaturiti tutti interi dalla mente di lui, come Minerva
dal cervello di Giove. E, se pure lo studio attento e riflesso ci
conduce a ritrovarne l'origine nel patrimonio artistico dell'età
anteriore, non li ammiriamo meno per questo, ben lontani dal
negare all'artefice il merito della spontanea e geniale creazione.
Il Satiro che versa da bere — spero che ognuno consentirà
meco in tale giudizio — emana dal tipo dell'atleta che versa
l'olio ; ma è insieme opera d'una potente originalità : opera degna
del grande Prassitele. Imperocché egli, e non altri, ne fu l'autore.
{Continua)
Gherardo Ghirardini.