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Bullettino archeologico sardo ossia raccolta dei monumenti antichi in ogni genere di tutta l'isola di Sardegna — 1.1855

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Nr. 9 (Settembre 1855)
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Pillito, I.: Monumento di patria antichità, e d'italiana letteratura del secolo XII
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https://doi.org/10.11588/diglit.10802#0149

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4/.0

Onde appagare però la curiosità dei miei connazionali,
e generalmente dei letterati, mi affretto a dare alcuni
cenni sul contenuto in questo pregevole manoscritto.

Racchiudesi in questo una canzone che comprende 256
versi, ed un sonetto , ambi dettati nella nascente favella
d'Italia.

Vi si contengono puranche due note latine, poste nel
frontispizio della suddetta canzone. Dalla prima si conosce
che queste poesie appartenessero al genovese Lanfranco di
Bolasco : fossero state inserite nelle antiche rime raccolte
dal poeta sardo Bruno de Toro , contemporaneo dello
stesso Lanfranco , e circa il 1430 ne venisse estratto un
esemplare a richiesta di Doti Nicolo Doria, ultimo fra i
Baroni di Monteleone , e di Castelgenovese nella Sardegna.
Da questa medesima nota si ha pure la prova che il sum-
mentovato esemplare sia appunto il manoscritto di cui è
cenno. Locchè viene confermato dalla qualità della sua
scrittura, perfettamente uguale a quella della stessa nota,
ed appartenente al detto anno 1430.

Ecco un saggio dei caratteri (1) :

DELLA NOTA [ J yyvw^^ &tf>w^rt>

^~^Aot__^ MEEElfflESB

(i) LETTURA
Della nota. Hec carmina sunt desumpta ....
Della poesia. Lo non poder di mente in me trovato
Da labore disgrato
Che /or onne valere e anco volere
Meglio ciurlo V uoni disappreslalo
 
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