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Canina, Luigi
Descrizione dell'antico Tusculo — Rom, 1841

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https://doi.org/10.11588/diglit.3742#0154
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PARTE HI. MONUMENTI CLASSE III.

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attribuzione, quale pure vedcsi contestata in più chiaro modo nel ben noto fregio
del tempio di Antonino e Faustina in Roma. Cosi deve supporsi non esser stati in
questo vaso i grifi scolpiti quali custodi dell'oro, come opportunamente lo avrebbe
richiesto l'uso del vaso stesso: ma bensì come simboli di Apollo o del Sole, e dichia-
rati esser stati più veloci dei cervi dal doppio loro vittorioso combattimento. Siffatte
figure poi si trovano essere disposte in modo assai simile sì nel candelabro sì nel
vaso ; e se nel primo non vedonsi interposti i candelabri è perchè l'oggetto stesso era
un candelabro: ma poi la forma del vaso, posto sullo stesso candelabro, si trova essere
assai simile a quella propria del vaso in marmo. Ponendo mente alla eguaglianza
di aggruppamento, in cui vedonsi scolpite le stesse figure nel candelabro e nel vaso,
ci porta a credere che sieno state tratte da alcun originale di un celebre artefice della
Grecia, al quale doveva rassomigliare più da vicino, tanto per la forma, quanto per
la eccellenza della scoltura, il vaso tusculano; per cui esso rendesi veramente un'opera
preziosa tra quelle che ci sono state tramandate dagli antichi.

C 1, à S S E III.
PITTURE

Neil'esporre alcune pitture rinvenute negli scavi tusculani, non intendo par-
lare del modo con cui era trattata quest'arte dagli antichi in generale, ciò che
sarebbe argomento di ampio discorso, ma semplicemente esporre le pratiche poste
in uso dai tusculani nella decorazione delle loro fabbriche.

L'artifizio, che vedesi praticato negli apparecchi delle pareti su cui vennero
poste pitture nelle case del Tusculo, si trova eseguito veramente con somma cura
e con tutte quelle norme che vedonsi prescritte da Vitruvio, e che consistevano nello
stendere un tale apparecchio almeno in tre strati successivi, e nel comporlo con
calce e polvere di marmo, impiegando gradatamente la polvere più fina per gli
ultimi strali, e spianandoli tutti con diligenza, e battendoli con colpi di bacchette
per consolidare meglio i medesimi strati tra di loro. Allorché erasi ultimato il
suddetto lavoro e condotte le pareti a perfetto pulimento, osservava lo stesso Vitru-
vio, che era necessario di dare immediatamente i colori, perchè questi meglio riusci-
vano lucenti, belli e durevoli. Infatti i colori che si davano sull'umido intonaco,
nulla perdevano della loro freschezza", poiché la calce, resa arida dal cuocersi nelle
fornaci, facilmente assorbiva tutto ciò che le veniva posto a contatto, e col mi-
schiarsi li conservava lungamente (1). Sì nei frammenti d'intonaco dipinto, che si
rinvengono ancora attaccati alle pareti, sì in quelli che si scuoprono fuori d opera
negli scavi tusculani, si vedono sempre fatti con tutti i prescritti distinti strati, ed i
colori si conservarono così lucenti e freschi tra le rovine in modo che sembrano

(1) Vitrumo Lih- VII. e. i.
 
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