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Canina, Luigi
Descrizione dell'antico Tusculo — Rom, 1841

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https://doi.org/10.11588/diglit.3742#0156
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PARTE III. MONUMENTI CLASSE 111.

1SS

CECILIA DI METELLO

TAVOLA XL1.I] marchese Biondi, facendo scavare nell'anno 1 838 in una casa
che fu discoperta sotto il lato settentrionale delle mura erette intorno al municipio tu-
sculano, tra le altre opere di pregio rinvenne un frammento di dipinto in cui vedevasi
la parte superiore di tre figure di donne, alle quali, facendo supplire le mancanze,
credette di attribuire quanto venne esposto da Cicerone e da Valerio Massimo sul-
l'avvenimento di Cecilia di Metello. Perciocché narrano questi scrittori che quella
matrona, vedendo la figlia della sua sorella giunta in età di marito, volle secondo il
costume antico consultare gli auguri, e condotta in un sacello, stando ivi ad attender
la zia, si pose a sedere e la fanciulla in piedi, e sentendola questa essere stanca gli
concesse di sedere al suo posto dicendogli, vero meo, puella, Ubi concedo meas secles,
colle quali parole si dedusse la risposta impetrata dall'oracolo, e si conobbe aver de-
notato che la stessa fanciulla, maritandosi, avrebbe preso in casa il posto della zia, co-
me infatti avvenne; poiché Metello alcun tempo dopo, morta Cecilia, prese in moglie
la medesima fanciulla (3). Tutte le ragioni che indussero il Biondi a riconoscere in
quel dipinto questo avvenimento vennero esposte in una erudita dissertazione ch'egli
leggeva nella accademia romana di Archeologia poco tempo innanzi la sua morte, e
che verrà pubblicata nel volume X degli atti di essa accademia. Rendendosi cosi Io
stesso dipinto un monumento importante per la storia del Tusculo, si è delineato
nella citata Tavola, quale venne ridotto nell'indicato ristauro. È da questo ritrova-
mento che si venne a dare il nome dei Cecilii alla casa anzidetta, come già si è
accennato descrivendo la pianta esposta nella Tavola XXIV.

ARIETI CON FESTONI

TAVOLA XLII. Nella stessa casa fu rinvenuto dal marchese Biondi il fram-
mento di dipinto che otTresi delineato in questa Tavola; in cui vedonsi due arieti
con festoni e pampani ricavati sul fondo rosso. Appartenne questo dipinto alla deco-
razione di una parete della terza stanza discoperta in tale casa, la quale doveva essere
vagamente adornata. Vedesi nella stessa opera sempre più contestato quanto si è po-

(3) L. Flaectim, flutnincm Maritale, ego audiei quum diceret, Caeciliam Mettili, quum vellet sororis suae jìliam in
matrimonmm collocare, exisse in quoddam saeelluni ominis captendi causa: quod fieri more vetcrum solebat. Quum virgo
sfarei, et Caecilia in sella sederet, ncque din ulìa vox exstitisset, piiellam defatigatimi petiisse a matertera, ut sibi concede-
rei paullinper, u( in eius sella requiesceret^ illatn autem dixissc, Vero, mea puella, Ubi concedo meas sedes. Quod omen
res consci tifa est. Ipsa euim breri mortila est; virgo autem niipsit, cui Caeciliac nupta filerai. {Cicerone De Dicinatione
Lib. I. e. 46) E Valerio Massimo con poca diversità esponeva lo stesso avvenimento con queste parole. At Caecilia
Metelli, duiii sororis filiae, adultae aetatis virgini, more prisco, nocte concubia nuptialia petit, omen ipsa feci!. Nam cum
in sacello quodam eius re/ gratta aHquamdiu persedisset, ncc ulla cor proposito congritens esset audila, fessa longa statuii
uffa puella, rogavil matcrteram, at sibipaullisper locum residendi accommodaret. Cuiìlla: Ego vero, inquìt, libenter
libi tnea sede cedo. Quod dietimi, ab iniliilgciitiu profectum, ad certi ominis processit eventum: qtiotiiam Hetellus non ila
multo post, mortuu Caecilia, virginem, de qua loquor, in matrinionium duxit. (Vulerio Massimo Lib. I. e. 5. art. 4.)
 
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