A R L O
R C I D V C A
D’ A V S T R I A.
He cosa sia la fortv’na,E>statomoìtosottil-
mente ricercato cia gli Scrittori,&Aristotele particolarmen,
te ne fa molte defìnitioni,& ui si disfoncìe intorno co molte
parole.Cosi ancor Mar.Tullio nel secondolibro della Diui
nats'one.Ma tuttauia neisuna d’esse è molto riceuuta da i pió
intedenti,corne ancora alcune delle definitioni d’altri Scrit
tori non icno riceuute da i nostri Teo!ogi,uenendo alcuni d’elsi àquast eiclu
dere,ò toglier uia in tutto quello , che gli altri han uoluto chiamar Fortuna,
colfarla unacosastessacolCaso. Etall’incontroaltrirestringendo quastcon
esta in un certo modo ìlliberoarbitrio, & lalibera operatione dallaNatura.
Attri ancorsonoji quali st riducono à conchiudere, che Fortuna s’abbia à dir
propriamente il succesto,& il sine delle cose, quando si uede uemre in modo,
che rrascenda ia cognitione umana, & che quasi per niun modo non se ne pos
sa rendere,ò inuestigar la ragione,sì come quando à qualcuno,che in ogni sua
cosasi gouerni prudentemente, si uedecosì speisoauenir quasiognicosain
contrario,& in cattiuo fine. Et altri poi,che pessimamente guidi,& disponga
uno,ò più,ò tutti suoi negotij,& gli iuccedano tutti feliceméte.I quai così uio
lertti, & irragioneuoli auenimenti, uoglion costoro, che s’abbiano propria-
menteà chiamar Fortuna.Etin questa opinione furon gran parte dei Gentili,
ò Idolatri antichi, i quali uedendo spesi'e uolte riuscir tai fini così fuor d’ogni
ragione, l’attribuirono à uoler superiore. Onde ne fecero unalor Deità, co«
me icioccamcte soleuan far della Febre, dell’Abondanza,& d’infinite altre co
se rali. Et Plutarco afferma, che in Roma erano molti Tempi sacrati alla Dea
Fortunaco iquali mostrauandi credere fermamente, che la Fortuna foilc
quella, che in gran parte, ò in tutto gouernastè le cose vmane. La qual vana,
& peilìma opinione hanno ancor’oggi la maggior parte de gli ignoranti,
non vergognandosi con si gran lume, che hanno dalla santa fede,& Religion
nostra, cadere in quella empia opinione, potendosi vedere, che, quantuuquc
il volgo ignorantedegli antichi fostèinquel vano errore, che s’ègià detto,
tuttauiaimigiiori, nonsolamente Filosofi, maancorPoeti, sebenalle voltc
scherzando soleuan dire,
Si sortuna volet,sies des de Ffietore Consul,
Si volet b<cc eademsies de Conside Rsietor, Et qualche altro tale in questo
parere,
R C I D V C A
D’ A V S T R I A.
He cosa sia la fortv’na,E>statomoìtosottil-
mente ricercato cia gli Scrittori,&Aristotele particolarmen,
te ne fa molte defìnitioni,& ui si disfoncìe intorno co molte
parole.Cosi ancor Mar.Tullio nel secondolibro della Diui
nats'one.Ma tuttauia neisuna d’esse è molto riceuuta da i pió
intedenti,corne ancora alcune delle definitioni d’altri Scrit
tori non icno riceuute da i nostri Teo!ogi,uenendo alcuni d’elsi àquast eiclu
dere,ò toglier uia in tutto quello , che gli altri han uoluto chiamar Fortuna,
colfarla unacosastessacolCaso. Etall’incontroaltrirestringendo quastcon
esta in un certo modo ìlliberoarbitrio, & lalibera operatione dallaNatura.
Attri ancorsonoji quali st riducono à conchiudere, che Fortuna s’abbia à dir
propriamente il succesto,& il sine delle cose, quando si uede uemre in modo,
che rrascenda ia cognitione umana, & che quasi per niun modo non se ne pos
sa rendere,ò inuestigar la ragione,sì come quando à qualcuno,che in ogni sua
cosasi gouerni prudentemente, si uedecosì speisoauenir quasiognicosain
contrario,& in cattiuo fine. Et altri poi,che pessimamente guidi,& disponga
uno,ò più,ò tutti suoi negotij,& gli iuccedano tutti feliceméte.I quai così uio
lertti, & irragioneuoli auenimenti, uoglion costoro, che s’abbiano propria-
menteà chiamar Fortuna.Etin questa opinione furon gran parte dei Gentili,
ò Idolatri antichi, i quali uedendo spesi'e uolte riuscir tai fini così fuor d’ogni
ragione, l’attribuirono à uoler superiore. Onde ne fecero unalor Deità, co«
me icioccamcte soleuan far della Febre, dell’Abondanza,& d’infinite altre co
se rali. Et Plutarco afferma, che in Roma erano molti Tempi sacrati alla Dea
Fortunaco iquali mostrauandi credere fermamente, che la Fortuna foilc
quella, che in gran parte, ò in tutto gouernastè le cose vmane. La qual vana,
& peilìma opinione hanno ancor’oggi la maggior parte de gli ignoranti,
non vergognandosi con si gran lume, che hanno dalla santa fede,& Religion
nostra, cadere in quella empia opinione, potendosi vedere, che, quantuuquc
il volgo ignorantedegli antichi fostèinquel vano errore, che s’ègià detto,
tuttauiaimigiiori, nonsolamente Filosofi, maancorPoeti, sebenalle voltc
scherzando soleuan dire,
Si sortuna volet,sies des de Ffietore Consul,
Si volet b<cc eademsies de Conside Rsietor, Et qualche altro tale in questo
parere,