Fig. I. — Trionfo della Morte
LE EPIGRAFI VOLGARI IN RIMA
DEL « TRIONFO DELLA MORTE „
DEL '* GIUDIZIO UNIVERSALE E INFERNO „ E DEGLI " ANACORETI „
NEL CAMPOSANTO DI PISA
GGI, delle epigrafi volgari in rima, che, ai loro bei giorni,
illustravano copiosamente i tre grandi affreschi attribuiti
per tradizione all'Orcagna e a Pietro Lorenzetti, non ne
restano che sei, fra intiere e frammentarie, nel Trionfo
della Morte : tutte le altre sono scomparse, certo da
assai tempo, lasciando vuoti i cartelli e gli sfondi che
occupavano, o, come vedremo, cedendo il posto a
nuove iscrizioni in prosa. Qualche altro verso si sarebbe
forse conservato, almeno nella tradizione erudita, se il
Vasari e coloro che dopo di lui parlarono delle pitture
del Camposanto avessero dato maggiore attenzione a
'quelle scritte, che, probabilmente, due o tre secoli fa, erano
in migliore stato ; ma allora agli storici dell'arte, meglio che
i modesti versetti, gradivano le novelluzze di Buffalmaco e di
Bruno, di cui il Vasari infiorava le Vite, narrando come il primo,
fra tant'altre sue piacevolezze, insegnasse al secondo, allor ch'entrambi lavoravano in Pisa,
a « fare le figure non pur vivaci ma che favellassono », ossia a dipingere loro in bocca
alcune parole. « La qual cosa — proseguiva il biografo — come piacque a Bruno e agli
altri uomini sciocchi di quei tempi, cosi piace ancora oggi a certi goffi, che in ciò sono
serviti da artefici plebei come essi sono. E di vero pare gran fatto che da questo principio
sia passata in uso una cosa, che per burla, e non per altro, fu fatta fare ; conciossiaché
LE EPIGRAFI VOLGARI IN RIMA
DEL « TRIONFO DELLA MORTE „
DEL '* GIUDIZIO UNIVERSALE E INFERNO „ E DEGLI " ANACORETI „
NEL CAMPOSANTO DI PISA
GGI, delle epigrafi volgari in rima, che, ai loro bei giorni,
illustravano copiosamente i tre grandi affreschi attribuiti
per tradizione all'Orcagna e a Pietro Lorenzetti, non ne
restano che sei, fra intiere e frammentarie, nel Trionfo
della Morte : tutte le altre sono scomparse, certo da
assai tempo, lasciando vuoti i cartelli e gli sfondi che
occupavano, o, come vedremo, cedendo il posto a
nuove iscrizioni in prosa. Qualche altro verso si sarebbe
forse conservato, almeno nella tradizione erudita, se il
Vasari e coloro che dopo di lui parlarono delle pitture
del Camposanto avessero dato maggiore attenzione a
'quelle scritte, che, probabilmente, due o tre secoli fa, erano
in migliore stato ; ma allora agli storici dell'arte, meglio che
i modesti versetti, gradivano le novelluzze di Buffalmaco e di
Bruno, di cui il Vasari infiorava le Vite, narrando come il primo,
fra tant'altre sue piacevolezze, insegnasse al secondo, allor ch'entrambi lavoravano in Pisa,
a « fare le figure non pur vivaci ma che favellassono », ossia a dipingere loro in bocca
alcune parole. « La qual cosa — proseguiva il biografo — come piacque a Bruno e agli
altri uomini sciocchi di quei tempi, cosi piace ancora oggi a certi goffi, che in ciò sono
serviti da artefici plebei come essi sono. E di vero pare gran fatto che da questo principio
sia passata in uso una cosa, che per burla, e non per altro, fu fatta fare ; conciossiaché