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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 2.1899

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Fasc. 4-7
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Aldrovandi Marescotti, Luigi: Il sepolcro di Santa Maria della Vita in Bologna e Nicolò dall'Arca
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https://doi.org/10.11588/diglit.24144#0229

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IL SEPOLCRO DI SANTA MARIA DELLA VITA IN BOLOGNA 187

delle quali nessuno aveva fin qui parlato, e
che dobbiamo rimpiangere perdute. I cronisti
di Bologna, scrivendo di Nicolò, ricordano
sempre, e solamente, l'arca di San Domenico,
la Madonna di piazza ed i « capricci », che
sono le cose sue più importanti, o più singo-
lari. E logico che sia così : non potevano darci
un catalogo di tutti i lavori del grande artefice.
Ma Nicolò, nei 25 anni almeno di attività
artistica in Bologna, deve aver eseguito molte
altre commissioni, a noi ignote. I Bentivoglio,
ad esempio, potevano dimenticarlo? Non ab-
biamo veduto Annibale far da padrino ad un
figliuolo del grande maestro? Sventuratamente,
però, se egli eseguì altri lavori, questi furono
distrutti o dal tempo o dagli uomini. Mar-
cello Oretti, nello scorso secolo, non cessa dal
rammaricarsi dei guasti continui che acca-
devano sotto i suoi occhi in Bologna. Narra
di quadri ripuliti da muratori con acqua e calce,
di affreschi intonacati, di quadri venduti a
« zavagli », di infinite opere d'arte minate.
Invano ci si rivolge al sentimento religioso,
dicendo « che le imagini dei santi vanno rispet-
tate »; deve assistere, impotente testimonio,
a tante rovine, a tanti vandalici restauri « pei
quali, anzi, si osano pubblicare sonetti ». I due
lavori di Nicolò dall'Arca ch'erano alla Mad-
dalena 1 andarono perduti, probabilmente in
uno di quei sacrileghi rifacimenti di chiese che
furono così cari a Bologna nel secolo scorso.
E insieme con essi furono smarriti i « pila-
stroni ornati », le finestre e tutte le quattro-
centesche opere d' arte, notate così minuziosa- Tav. 13. — Pietra tombale di Domenico Garganelli
mente e amorosamente da Gaspare Codebò Museo civico di Bologna

ne' suoi Memoriali.

Di Nicolò, adunque, abbiamo tre opere certe: il gruppo delle Marie (1463), l'arca di
San Domenico (1469 e seg.) e la Madonna di piazza (1478). Dalla sua vita risulta che nel '63
era in Bologna, e vi fu dal '69 alla morte; e sappiamo ancora che lasciò un suo bassori-
lievo in Venezia, ove lavorava probabilmente tra il '63 ed il '69. Fissati questi punti capitali,
ricerchiamo il suo sviluppo artistico.

Il gruppo della Vita, primo suo lavoro noto, a parte le considerazioni estetiche d'indole
generale, manifesta vigoria d'artista non comune, sicurezza di stecca invidiabile. Basti os-
servare come sono trattati certi visi, certe impostature di corpi, certi svolazzi di pieghe.
Ovunque ci si rivela un maestro d'anatomia; studiosamente sono ricercati i segni del dolore
(notevolissima la bocca del San Giovanni); i particolari resi con fedeltà quasi audace; le
lingue tremolanti nelle bocche aperte, le lacrime fermate sulle gote. Le mani, quelle almeno
che rimangono di originali, sono vigorosamente studiate.

1 Rifabbricata nel 1772.
 
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