8o
FRANCESCO ECIDI
soli radii remanentes ei et sotiis clarum aditum induxeruntet mirate sunt gentes secuni nunquam
postea de miraculis titubantes £ hanc ego vidi oculis meis et video £ Et quesivi diu fieri minimus
servus eius £quod cum non merer optinere nequivi £ Et transiit dies et nox,£ Et anni tempora
£ et annorum multorum £ Et ambu-
lans per anfractus varios dubios et
perversos querens hanc invenire non
potui nec videre £ Miraris igitur puer
si loquor quod in hac reperii firmi-
tatem ». 1 Nella seconda miniatura,
senza libro, senza corazza, con le
mani giunte in umile atto di pre-
ghiera, visibile solo nella parte supe-
riore del corpo, tra una turba di an-
geli sonanti vari strumenti, Costanza
è sollevata per gli azzurri del cielo
a Dio. Più innanzi il Barberino do-
manda a donna Gratitudine, che è
sulle porte della curia d’Amore, no-
tizie di Costanza, ed ella promette
di mandargli la nuova al più presto,
per mezzo di tre angeli. E dormendo
un giorno il poeta, e sognando un soa-
vissimo sogno, ricordò l’elevazione di Costanza e sentì un vuoto al cuore per la sua assenza.
Giungono in questo momento a confortarlo gli angeli messaggieri, a cui il Barberino domanda:
« € Angeli poi che ’l ciel s’averse a quella
ch’era luce terrena
dite la gio’ che ’l paradiso mena »
« £ Tunc iste unus (angelus) respondit prò omnibus in hunc modum » :
« § Tutta beltà de la corte si cinse
di canto et di splendore
nel suo venir e dio festa ne tenne,
forga potenga et alto valer pinse
in farle tanto honore,
che maraviglia a noi grande ne venne.
Ma poi sentita vertù che mantenne
a dubitanza lena
tolse la donna che non vide pena.
£ Allor la magestà chiara ci apparve
tanto più che d’usanga
che di su’ altega alquanto comprendemo.
Questo poter un si gran don ci parve,
che noi trasse ad amanza
d’esta novella donna, ch’or avemo,
la qual guardando, conoscer dovemo
ch’ell’è di graga piena,
donde certanga più laude refrena.
<£ Non ti lassian com’elì’è facta dire:
in questo etterno stato
lauda lo di del suo venir in vita.
Che nul di noi è forte a sofferire,
sia quanto vuol beato,
guardar ne’ raggi di ch’ell’è vestita,
vedesti in terra lei la più compita,
così nel ciel di vergogna non pena
chi come donna la tien per l’abena. » ‘
1 Comm., c. 57-c, 57-D. 2 Comm., c. 95-D.
FRANCESCO ECIDI
soli radii remanentes ei et sotiis clarum aditum induxeruntet mirate sunt gentes secuni nunquam
postea de miraculis titubantes £ hanc ego vidi oculis meis et video £ Et quesivi diu fieri minimus
servus eius £quod cum non merer optinere nequivi £ Et transiit dies et nox,£ Et anni tempora
£ et annorum multorum £ Et ambu-
lans per anfractus varios dubios et
perversos querens hanc invenire non
potui nec videre £ Miraris igitur puer
si loquor quod in hac reperii firmi-
tatem ». 1 Nella seconda miniatura,
senza libro, senza corazza, con le
mani giunte in umile atto di pre-
ghiera, visibile solo nella parte supe-
riore del corpo, tra una turba di an-
geli sonanti vari strumenti, Costanza
è sollevata per gli azzurri del cielo
a Dio. Più innanzi il Barberino do-
manda a donna Gratitudine, che è
sulle porte della curia d’Amore, no-
tizie di Costanza, ed ella promette
di mandargli la nuova al più presto,
per mezzo di tre angeli. E dormendo
un giorno il poeta, e sognando un soa-
vissimo sogno, ricordò l’elevazione di Costanza e sentì un vuoto al cuore per la sua assenza.
Giungono in questo momento a confortarlo gli angeli messaggieri, a cui il Barberino domanda:
« € Angeli poi che ’l ciel s’averse a quella
ch’era luce terrena
dite la gio’ che ’l paradiso mena »
« £ Tunc iste unus (angelus) respondit prò omnibus in hunc modum » :
« § Tutta beltà de la corte si cinse
di canto et di splendore
nel suo venir e dio festa ne tenne,
forga potenga et alto valer pinse
in farle tanto honore,
che maraviglia a noi grande ne venne.
Ma poi sentita vertù che mantenne
a dubitanza lena
tolse la donna che non vide pena.
£ Allor la magestà chiara ci apparve
tanto più che d’usanga
che di su’ altega alquanto comprendemo.
Questo poter un si gran don ci parve,
che noi trasse ad amanza
d’esta novella donna, ch’or avemo,
la qual guardando, conoscer dovemo
ch’ell’è di graga piena,
donde certanga più laude refrena.
<£ Non ti lassian com’elì’è facta dire:
in questo etterno stato
lauda lo di del suo venir in vita.
Che nul di noi è forte a sofferire,
sia quanto vuol beato,
guardar ne’ raggi di ch’ell’è vestita,
vedesti in terra lei la più compita,
così nel ciel di vergogna non pena
chi come donna la tien per l’abena. » ‘
1 Comm., c. 57-c, 57-D. 2 Comm., c. 95-D.