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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0456

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MISCELLANEA

SPIGOLATURE.

Artisti alla Corte degli Estensi nel Quattro-
cento. — Delle innumerevoli orazioni che Lodovico
Carbone, letterato, poeta e professore assai noto, e
assai celebrato al tempo suo a Ferrara/ebbe a pro-
nunciare, specialmente in onore di sponsali illustri,
nella città degli Estensi, parecchie ci sono conservate
nel Codice ottoboniano 1153 della biblioteca Vaticana.
Fra esse, una ve n’ha che merita di essere qui in
parte riferita, per le notizie che reca intorno ad alcuni
artisti che fiorirono alla Corte di Nicolò III, di Leo-
nello e di Borso, e perchè è documento di quella
schietta, intima corrispondenza di studi e di entusiasmi
fra letterati ed artisti, che tanto giovò all’incremento
delle arti e delle lettere nell’età del Rinascimento.

L’orazione 1 fu tenuta verso il 1460, poiché l’autore,
nato nel maggio del 1435, avverte in sul principio di
aver varcato appena i venticinque anni. Egli era però
già allora un provetto e ricercato oratore (i suoi concit-
tadini avevano ammirato l’anno innanzi un suo di-
scorso, tenuto alla presenza di Pio II, che insigniva
il Carbone della dignità equestre); e si vanta quivi di
aver più volte tessuto le lodi del matrimonio in si-
mili occasioni di cospicue nozze.2 Questa volta, nresser

1 Oratio prò nepóte Galeotti Assassini ; occupa i fogli 155 e 156
del codice citato. Fra gli altri molti componimenti in prosa e in
versi, inediti e meritevoli di attenzione, del Carbone, che si con-
tengono in codesto ms., ci piace rilevare qui l’orazione in onore
di Borso I, in cui ci è data una diffusa descrizione, importante per
la storia del costume, di Venezia e delle feste con che fu ivi accolto
nel 1463 il duca Borso (fol. 126 p e segg.).

2 Delle origini e della fortuna di questa famìglia parla il Car-
bone in un carme epitalamico in onore di Troilo Dall’Assassino e
d’ Isabella degli Arrosti, nel codice citato, fol. 181. Ne tratta anche
in un’altra orazione, indirizzata a Borso d’Este, in occasione delle
nozze suddette, (fol. 166) ; quivi esalta anche il padre di Troilo,
Jacopo Tolomei Dall’Assassino, conte palatino (cfjr. Gruyer, J.'ari
ferrarais à Vepoque de la maison d’Este, Paris 1897, voi. II, pa-
gina 288), e magnifica le doti di Stella, madre del duca. Curiosa è
poi l’interpretazione che l’umanista dà del soprannóme della po-
tente casata: «follasse ex assibus, id est ingentibus divitiis»
(fol. 166 r).

Lodovico faceva sfoggio della sua facile quanto gonfia
e spesso pedestre eloquenza per onorare le nozze di
una fanciulla, per nome Sara, uscita dalla doviziosa
famiglia Dell’Assassino: un ramo della illustre pro-
sapia dei Tolomei di Siena, trapiantato a Ferrara e
quivi cresciuto in potenza, specialmente, crediamo, al
tempo del marchese Niccolò III, che dagli amori con
una donna di codesta casata aveva avuto i suoi due
figli prediletti, Leonello e Borso. La sposa era nipote
di Galeotto Dell’Assassino, che pare godesse nella
Corte estense, in codesto tempo, grande riputazione
e autorità; poiché il Carbone, che orava qui alla pre-
senza del duca Borso, e con la preoccupazione di pia-
cere sopratutto a questi, occupa la più gran parte del
suo discorso con le lodi dello zio di Sara. Di queste
lodi noi riportiamo quelle che ci rivelano le virtù di
Galeotto come artista. Dopo un lungo esordio, che è
un inno alle molteplici rarissime doti dell’ animo di
quest’uomo, l’oratore si esprime così:

« Eius generosissimi et prope divini spiritus indicio
esse potest exercitatio illa nobilissima, quarn vehe-
menter adamavit: pictura scilicet, quae nullo modo
cum mechanicis artibus connumeranda, sed liberalibus
potius disciplinis omnium doctorum indicio coniun-
genda est. Nani a veteribus taciturni poema est appel-
lata pictura, et noster Horatius pictoribus atque poetis
aequam semper potestatem fuisse scripsit, propterea
quod uterque donare immortalitàte hòmines possunt.
Mea quidem sententia, nemo unquarn magnifico animo
et excelso fuit, qui non pictura delectaretur. Possem
vobis proferre ac nominare moltos reges qui ipsi pin-
gere ac coelare didicerunt, atque imprimis Cesarem
Augustum et Neronem Claudium, qui mirifice atque
incredibiliter pictura sunt delectati: linde meliores ima-
gines ex omnibus quae quidem in manus meas per-
venerint eas indico, quae Octaviani aut Neronis tem-
pore laboratae sunt ; quales enim principes, talia
subditorum ingenia » (fol. 156 r).

Quanto a me — prosegue l’oratore — dopo i libri,
 
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