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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 2
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0163

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122

MISCELLANEA

La pala del Lanini ha un’iscrizione: RNARDINVS
LANINUS VCELLEN . F . 1552, e può essere consi-

Fig. 12 — A. De Predis: Ritratto di Francesco Sforza
Glasgow, Collezione Beattie

derata come una delle opere più importanti dell’artista.
Apparteneva un tempo alla collezione di Mrs. Lyne
Stephens.

Londra, marzo 1902.

Herbert Cook.

Notizie di Lombardia.

La decorazione di Leonardo nella sala « delle
asse » nel Castello Sforzesco di Milano. — Nelle
notizie di Lombardia dello scorso anno, avevo annun-
ciato come l’avvocato Antonio Volpi, a ricordo della
compianta sua consorte, che fu persona di alto e no-
bile sentire, avesse incaricato l’ufficio regionale per
la conservazione dei monumenti di compiere a spese di
lui il restauro della decorazione della vòlta e della
parte superiore delle pareti nella sala delle asse nel
Castello di Milano.

Il lavoro è stato terminato or ora e la meravigliosa
creazione di Leonardo da Vinci è completamente re-
suscitata. I documenti attestano che l’invenzione e di-
rezione dell’opera è sua; l’originalità della trovata e
la bellezza del complesso lo confermano pienamente.

A due terzi dell’altezza delle pareti sorgono dipinti
in color naturale alberi di quercia, coi loro tronchi,
rami e fogliami che vanno diminuendo progressiva-
mente di grossezza e talora di densità e si estendono

su, su, fino a rivestire tutta la superficie interna della
vòlta.

Questa graduale diminuzione della grossezza dei
tronchi e dei rami, e della densità del fogliame, accresce
l’illusione della vastità ed altezza della sala, mentre
gli spazi ed interstizi numerosi, che lasciano intrave-
dere l’azzurro del cielo, dànno tutto l’effetto di un per-
golato di verzura. Nella chiave della vòlta, appare una
targa che imita il legno dipinto a vari colori vivaci e
reca lo stemma ducale di casa Sforza. Tra i rami poi
corrono numerosi cordoni d’oro che s'allacciano, s’in-
trecciano e formano nodi eleganti in quella maniera
che Leonardo stesso andava studiando e tracciando sui
suoi foglietti oggi conservati nei vari codici dei suoi
manoscritti. Infine quattro grandi targhe a testa di
cavallo sostenute in mezzo ai rami fronzuti completano
la stupenda decorazione. Due conservano ancora le
iscrizioni a lettere d’oro dettate da Lodovico il Moro,
la terza l’iscrizione sostituitavi da Luigi XII: nella
quarta, in cui le parole erano andate distrutte, venne
tracciata pure a lettere d’oro un’apposita iscrizione che
dà testimonianza della munificenza dell’avvocato Volpi,
al quale si deve adunque se questa splendida crea-
zione del Vinci riappare in tutto l’antico suo splendore.

Questa sala si chiamava delle asse perchè tutta la
parte delle pareti, sottostante alla decorazione pittorica
vinciana, era rivestita di asse, alle quali si aggancia-
vano arazzi. Per ora, 1’ Ufficio regionale ha ricoperto

10 spazio nudo con una tela di tinta calda, ma neutra,
la quale toglie l’aspetto spiacevole di quei muri e
lascia risaltare la decorazione pittorica superiore così
felicemente restaurata dal pittore Rusca, sotto la dire-
zione, come si è già detto, dell’Ufficio regionale.

Ora resta ancora un grande problema. Che cosa si
metterà in questa vastissima sala sotto la risorta de-
corazione di Leonardo? È compresa nella serie delle
sale del Museo archeologico e, secondo il piano della
classificazione e dell’ordinamento, vi dovrebbero tro-
vare posto i frammenti di sculture decorative archi-
tettoniche e di sculture ornamentali del periodo fioren-
tino-lombardo di Francesco Sforza e di Galeazzo Maria,
del tempo cioè in cui operarono in Milano Michelozzo,

11 Filarete, Benedetto Ferrini da Firenze, ecc., ecc.
Però quei frammenti sono di un tempo che non cor-
risponde a quello del Vinci e di Lodovico il Moro :
inoltre non sono abbastanza numerosi, nè abbastanza
importanti e belli. Oramai tutti comprendono che si
dovrebbe riunire qui o opere d’arte del periodo della
signoria di Lodovico il Moro, o memorie storiche ed
artistiche dello stesso Lodovico e degli altri Sforza.
Se le due magnifiche statue tombali di Lodovico il
Moro e di Beatrice d’Este (opera di Cristoforo Solari),
già nella chiesa delle Grazie in Milano, non fossero
state trasportate alla Certosa di Pavia, compirebbero
ottimamente la sala. Ma chi si sentirebbe di toglierle
dalla chiesa della Certosa, fondata appunto da Gian
 
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