PAOLO D'ANCONA
loro, con gesti pieni di vivacità, stanno a rappresentare la Dialettica. La Retorica, o meglio
la Poesia considerata qual corollario di essa, è adombrata in Orfeo, il mitico cantore, il quale
sta ascoltando estasiato i suoni del suo strumento, mentre d’attorno mansuefatti si affollano
gli animali. La quarta scena rappresenta Euclide e Pitagora (l’Aritmetica e la Geometria),
riccamente vestiti all’orientale, dei quali il primo ha una tavoletta fra mano, l’altro sembra
contar sulle dita. L’ultimo esagono sembra giustamente allo Schlosser da togliersi dal novero
delle opere di Luca a causa della manifesta inferiorità tecnica rispetto agli altri: vi è rappresen-
tato Tubalcain in atto di percuotere l’incudine ed ascoltarne il suono.
Il tentativo iconografico di Luca, inteso ad adombrare in una scenetta ispirata alla realtà
della vita le discipline del Trivio e Quadrivio, sarà posteriormente ripreso, ma con ben altra
magnificenza, dal massimo ed ultimo degli artisti che considereremo, da Raffaello d’Urbino
nella sua scuola d’Atene.
Ma dieci anni dopo i bassorilievi del Campanile fiorentino ritorna l’antico uso delle alle-
gorie femminee nel tempio malatestiano di Rimini, il quale parve ai contemporanei, e sembra
a noi, più che Dio magnificare
la bellezza ed Isotta.1 Tutto il
ciclo didattico proprio dell’arte
gotica compare con insolita
magnificenza nei bassorilievi
che adornano i pilastri delle
cappelle laterali. Strano che si
tornassero ad elaborare tali
vieti motivi in un’epoca in cui
la scolastica aveva cessato di
regnare assoluta nelle scuole,
cedendo il campo al rifiorire
dell’antica filosofia! Del resto,
il tempio è tutto una contra-
dizione. Si innalza a gloria di
Dio, come leggesi su di un pi-
lastro della facciata, e nulla ri-
chiama la mente alle cose di-
vine; si battezza col nome del
santo d’Assisi e poi vi si ban-
disce ogni immagine o simbolo
del rito, per sostituirvi le in-
segne e le effigie dei Malatesta.
Dice Pio II nei suoi Commen-
tari: 2 « Aedificavit tamen tem-
plum Arimini in honorem divi
Francisci, verum ita gentilibus
operibus implevit, ut non tam
: christianorum quam infidelium
daemonis adorantium templum
esse videretur ». Il Pontefice
umanista non avea torto nel
La Retorica - Rimini. Tempio Malatestiano
(Fotografia Alinari)
1 Charles Yriarte, Rimini. Pa-
ris, 1882, pag. i78eseg. ; 232 e seg.
2 Pii Secundi comm., lib. II, pa-
gina 92. Roma, 1592. Cit. in Yriar-
te, pag. 198.
loro, con gesti pieni di vivacità, stanno a rappresentare la Dialettica. La Retorica, o meglio
la Poesia considerata qual corollario di essa, è adombrata in Orfeo, il mitico cantore, il quale
sta ascoltando estasiato i suoni del suo strumento, mentre d’attorno mansuefatti si affollano
gli animali. La quarta scena rappresenta Euclide e Pitagora (l’Aritmetica e la Geometria),
riccamente vestiti all’orientale, dei quali il primo ha una tavoletta fra mano, l’altro sembra
contar sulle dita. L’ultimo esagono sembra giustamente allo Schlosser da togliersi dal novero
delle opere di Luca a causa della manifesta inferiorità tecnica rispetto agli altri: vi è rappresen-
tato Tubalcain in atto di percuotere l’incudine ed ascoltarne il suono.
Il tentativo iconografico di Luca, inteso ad adombrare in una scenetta ispirata alla realtà
della vita le discipline del Trivio e Quadrivio, sarà posteriormente ripreso, ma con ben altra
magnificenza, dal massimo ed ultimo degli artisti che considereremo, da Raffaello d’Urbino
nella sua scuola d’Atene.
Ma dieci anni dopo i bassorilievi del Campanile fiorentino ritorna l’antico uso delle alle-
gorie femminee nel tempio malatestiano di Rimini, il quale parve ai contemporanei, e sembra
a noi, più che Dio magnificare
la bellezza ed Isotta.1 Tutto il
ciclo didattico proprio dell’arte
gotica compare con insolita
magnificenza nei bassorilievi
che adornano i pilastri delle
cappelle laterali. Strano che si
tornassero ad elaborare tali
vieti motivi in un’epoca in cui
la scolastica aveva cessato di
regnare assoluta nelle scuole,
cedendo il campo al rifiorire
dell’antica filosofia! Del resto,
il tempio è tutto una contra-
dizione. Si innalza a gloria di
Dio, come leggesi su di un pi-
lastro della facciata, e nulla ri-
chiama la mente alle cose di-
vine; si battezza col nome del
santo d’Assisi e poi vi si ban-
disce ogni immagine o simbolo
del rito, per sostituirvi le in-
segne e le effigie dei Malatesta.
Dice Pio II nei suoi Commen-
tari: 2 « Aedificavit tamen tem-
plum Arimini in honorem divi
Francisci, verum ita gentilibus
operibus implevit, ut non tam
: christianorum quam infidelium
daemonis adorantium templum
esse videretur ». Il Pontefice
umanista non avea torto nel
La Retorica - Rimini. Tempio Malatestiano
(Fotografia Alinari)
1 Charles Yriarte, Rimini. Pa-
ris, 1882, pag. i78eseg. ; 232 e seg.
2 Pii Secundi comm., lib. II, pa-
gina 92. Roma, 1592. Cit. in Yriar-
te, pag. 198.