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GUSTAVO FRI ZZO NI
tesco, i gesti delle mani in ispe-
cie, con le dita allargate, tutto ci
richiama così vivamente il fare
di Nicolò da Foligno, da non la-
sciare quasi alcun dubbio che a
lui vada ascritta questa cosetta,
di gustoso sapore leggendario. Si
confronti infatti con la Crocifis-
sione della galleria Nazionale di
Londra con quella di un piccolo
quadro del museo Poldi, nonché
con altre cose caratteristiche di
questo ingenuo discendente di
Benozzo Gozzoli nel territorio
umbro, e si avvertiranno gli ar-
gomenti in favore di tale asser-
zione. Che se in questa attribu-
zione lo scrivente si è trovato di
accordo coll’ impressione ricevuta
alla vista del dipinto dal suo amico
Carlo Lòser, egli va debitore ad
altro amico, cioè al signor dottor
Gustavo Ludwig, della spiega-
zione dell’ameno soggetto. Allude
evidentemente ed un episodio gra-
zioso della vita del fondatore del-
l’ordine vallombrosano, San Gio-
vanni Gualberto. Nella biografia
di lui essa viene riferita nel modo
seguente : Essendogli stato ucciso
da giovine, in una rissa, un ca-
rissimo fratello, un giorno ch’egli
stava salendo una gradinata con-
ducente alla città di San Miniato
inaspettatamente si vide venire
incontro l’uccisore, solo e disar-
mato. Il suo primo impulso fu
Fig. 13 — Nicolò da Foligno: San Giovanni Gualberto quello di scagliarglisi addosso e
davanti il Crocefisso trucidarlo alla sua volta, ma quel-
l’uomo subito si gettò ginocchioni
davanti a lui e, allargando le braccia a guisa di croce, implorò Gualberto, per i meriti di Nostro
Signore che aveva sofferto l’estremo supplizio in quel giorno stesso (era appunto il venerdì
santo), di risparmiargli la vita. Ristette allora Gualberto, e rammentando che Gesù in croce
aveva pregato per i suoi carnefici, dopo un minuto di arduo combattimento con sé stesso,
si risolvette di perdonare e abbracciò il suo nemico. Proseguendo di poi la sua via e giun-
gendo davanti alla chiesa di San Miniato vi entrò, e messosi in ginocchio davanti il Cro-
cifisso, lo richiese del suo perdono, piangendo e rendendo grazie a Dio di averlo salvato
da un tremendo delitto. Ora, mentre egli stava pregando, gli parve che la figura di Cristo
chinasse il capo in segno di perdono.
Sarebbe dunque questo il momento rappresentato nel quadro, a norma della leggenda
formatasi intorno al Santo ; momento che si trova illustrato anche in un’antica stampa in
GUSTAVO FRI ZZO NI
tesco, i gesti delle mani in ispe-
cie, con le dita allargate, tutto ci
richiama così vivamente il fare
di Nicolò da Foligno, da non la-
sciare quasi alcun dubbio che a
lui vada ascritta questa cosetta,
di gustoso sapore leggendario. Si
confronti infatti con la Crocifis-
sione della galleria Nazionale di
Londra con quella di un piccolo
quadro del museo Poldi, nonché
con altre cose caratteristiche di
questo ingenuo discendente di
Benozzo Gozzoli nel territorio
umbro, e si avvertiranno gli ar-
gomenti in favore di tale asser-
zione. Che se in questa attribu-
zione lo scrivente si è trovato di
accordo coll’ impressione ricevuta
alla vista del dipinto dal suo amico
Carlo Lòser, egli va debitore ad
altro amico, cioè al signor dottor
Gustavo Ludwig, della spiega-
zione dell’ameno soggetto. Allude
evidentemente ed un episodio gra-
zioso della vita del fondatore del-
l’ordine vallombrosano, San Gio-
vanni Gualberto. Nella biografia
di lui essa viene riferita nel modo
seguente : Essendogli stato ucciso
da giovine, in una rissa, un ca-
rissimo fratello, un giorno ch’egli
stava salendo una gradinata con-
ducente alla città di San Miniato
inaspettatamente si vide venire
incontro l’uccisore, solo e disar-
mato. Il suo primo impulso fu
Fig. 13 — Nicolò da Foligno: San Giovanni Gualberto quello di scagliarglisi addosso e
davanti il Crocefisso trucidarlo alla sua volta, ma quel-
l’uomo subito si gettò ginocchioni
davanti a lui e, allargando le braccia a guisa di croce, implorò Gualberto, per i meriti di Nostro
Signore che aveva sofferto l’estremo supplizio in quel giorno stesso (era appunto il venerdì
santo), di risparmiargli la vita. Ristette allora Gualberto, e rammentando che Gesù in croce
aveva pregato per i suoi carnefici, dopo un minuto di arduo combattimento con sé stesso,
si risolvette di perdonare e abbracciò il suo nemico. Proseguendo di poi la sua via e giun-
gendo davanti alla chiesa di San Miniato vi entrò, e messosi in ginocchio davanti il Cro-
cifisso, lo richiese del suo perdono, piangendo e rendendo grazie a Dio di averlo salvato
da un tremendo delitto. Ora, mentre egli stava pregando, gli parve che la figura di Cristo
chinasse il capo in segno di perdono.
Sarebbe dunque questo il momento rappresentato nel quadro, a norma della leggenda
formatasi intorno al Santo ; momento che si trova illustrato anche in un’antica stampa in