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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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D'Ancona, Paolo: Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel medio evo e nel rinascimento, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0428

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LE RAPPRESENTAZIONI ALLEGORICHE DELLE ARTI LIBERALI

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Al pari di quello di Santa Maria Novella, l’affresco che ammirasi nella cappella Caraffa,
opera di Filippino Lippi, mira all’esaltamento dell’Aquinate e rappresenta la vittoria ch’egli
ebbe a riportare sugli eretici.1 Il Santo si presenta di fronte, nel mezzo dell’affresco, seduto
in cattedra, sopra un alto basamento: nella sinistra tiene un libro aperto, mentre con l’in-
dice della mano destra abbassata accenna ad un vecchio conculcato ai suoi piedi, il quale
sta mordendosi una mano per l’ira. Nello zoccolo inferiore del basamento trovasi la scritta :
« Infirmatae sunt contra eos linguae eorum », alludente ai due gruppi di eresiarchi che umi-
liati e confusi veggonsi sul davanti dell’affresco. Ai lati sorgono sontuose costruzioni in stile
del Rinascimento, e case, torri, loggiati distinguonsi in lontananza.

A lato di San Tommaso stanno sedute, due per parte, le sorelle del trivio assieme alla
madre loro, la Filosofìa. Cavalcasene e Crowe ci sembra non abbiano inteso esattamente il
significato delle quattro figure. « Ai lati di San Tommaso, essi dicono, stanno sedute le
quattro donne mistiche che gli fan corona e sembra gli vogliali porgere aiuto e consiglio
nella disputa. La prima di queste tiene nelle mani un libro chiuso appoggiato alle ginocchia,
e sta guardando dinanzi a sè; la seconda ha la mano sinistra rovesciata sulle ginocchia e
con l’altra sollevata ed aperta indica il cielo, mentre volge la testa incoronata verso il Santo
in atto di parlargli. Dall’altro lato del Santo la terza donna ha la mano sinistra alquanto sol-
levata, e con la testa rivolta alla compagna che le sta alla sua sinistra mostra di favellarle.
Quest’ultima piega la testa verso la vicina, in atto di prestarle ascolto: nella mano destra
tiene un bastone, mentre con l’altra abbassata carezza la guancia di un fanciullo che le sta
seduto dappresso, il quale legge in un libro tenuto tra le mani ». E chiaro che nelle quattro
donne mistiche gl’ insigni autori della Storia della Pittura Italiana han creduto di riconoscere
le Virtù, e forse condusse all’errore l’opinione espressa dal Melchiorri, il quale notò che « nelle
quattro donne ravvisansi fuori dubbio le quattro Virtù che formano il cardine della sapienza».2
Invece nell’ultima figura ricordata può riconoscersi facilmente la Grammatica, accompagnata
dallo scolaro e munita della disciplina, e in quella che con lei conversa la Dialettica col ser-
pente arrotolato attorno al braccio. E che le altre due figure rappresentino la Retorica c la
Filosofia non è chi non lo scorga dal gesto oratorio della prima c dall’attitudine calma e
pensosa della seconda, intenta forse a meditare i concetti racchiusi nel volume che tiene
tra mano.

In questa pittura trovali dunque posto tutte e tre le rappresentanti del Trivio, ma
non entra nemmeno una disciplina del Quadrivio. Ma l’apparente dimenticanza può essere
giustificata: o si volle, diminuendo il numero delle figure, rendere più armonica la compo-
sizione, o si pensò che a lato dell’Aquinate, disputante contro gli eretici, convenisse porre
solamente le tre discipline, che presiedono alla parola: oppure la cosa può spiegarsi con l’in-
flusso dell’umanesimo, il quale, come già abbiamo notato, segnò il proprio trionfo e iniziò
la sua tirannia col predominio del Trivio nell’insegnamento.

Una rappresentazione completa e geniale del Trivio e Quadrivio effigiò invece Sandro
Botticelli in una villa del pian di Mugnone, allorquando nel giugno del i486 Lorenzo Tor-
nabuoni, il valente discepolo di messer Agnolo Poliziano, conduceva in isposa la bella Gio-
vanna degli Albizzi. Terminati i festeggiaménti, ai quali aveva preso parte il fior fiore della
cittadinanza, la coppia felice doveva godere le prime dolcezze dell’amore nella quiete della
villa suburbana. E il vecchio Tornabuoni la volle adorna dei fiori più squisiti dell’arte. « Dipin-
getemi, o maestro, questa sala a buon fresco e il Poliziano nostro qui darà, come suole, il
concetto d’alcuna di quelle esquisite allegorie nelle quali sì fieramente vi compiacete ».3 E quali
allégorie più indovinate sarebbero potute uscire dal pennello dell’artista? In due storie nella

1 Cavalcaseli^ e Crowe, op. cit., voi. VII, pa-
gina 29 e seg.

2 Ape italiana delle belle arti, anno III, voi. Ili,
pag. 20, Roma, 1837, cit. da Cavalcasene e Crowe,

voi. VII, pag. 36, nota.

3 Del Lungo, La donna fiorentina in Vita italiana
del Rinascimento, Milano, Treves, 1893, cit. in Supino,
Sandro Botticelli, Firenze, 1900, pag. 95.

L'Arte. V, 47.
 
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