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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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D'Ancona, Paolo: Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel medio evo e nel rinascimento, [4]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0436

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LE RAPPRESENTAZIONI ALLEGORICHE DELLE ARTI LIBERALI

385

Egli abbandonò il vecchio sistema di rappresentare isolate le singole discipline dell’ umano
sapere, le quali così non erano sufficienti a darne una immediata nozione, e legò intimamente
fra loro, anzi fuse nell’ unità di una scena reale gli elementi per l’innanzi disgiunti e incompleti.

Chi esamini l’affresco, riman subito colpito dalla figura di un vecchio grammatico, dalla
candida barba fluente, circondato da giovani discepoli di varia età, intenti a leggere sopra
un libro aperto, appoggiato ad una base di colonna. Appresso notasi un secondo gruppo più
numeroso, quello degli aritmetici e dei musici, presieduto dalla caratteristica e austera figura
di Pitagora. Raffaello riunendo in uno stesso gruppo le due discipline, che gli artisti prece-
denti sempre avevan rappresentate distinte, non ha fatto che ritornare alla tradizione pri-
mitiva. Il filosofo di Samo non aveva forse notato come tutto nel mondo sia numero ed
armonia? Boezio non aveva detto che la Musica, per meritare il nome di scienza, dev’essere
messa in rapporto con l’Aritmetica? I.’unione delle due discipline è anche resa palese dalla
duplicità degli attributi, l’abbaco e una tavoletta col diapason e le mistiche cifre della decade
posta innanzi al maestro da un giovinetto inginocchiato. Quasi al centro del piano inferiore
dell’affresco vediamo uri retore, un uomo dalla fisionomia caratteristica, seduto, col capo ap-
poggiato al braccio, in atteggiamento meditabondo. Pare intento a scrivere sopra alcuni fogli
di papiro, estraneo a quanto avviene d’intorno. Che Raffaello abbia veduta la difficoltà di
rappresentare degnamente la scienza che presiede alla parola, lo prova, secondo il Klaczko
la mancanza della figura virile, forse Demostene, nel cartone dell’Ambrosiana; Dall’altra
parte dell’affresco, in un unico gruppo, rispondente ai due primi che abbiamo esaminato,
vediamo la Geometria e l’Astronomia. Il maestro, forse Euclide, è inginocchiato a terra e
disegna con un compasso figure geometriche sopra ad una lavagna. Intorno, stanno quattro
giovinetti bellissimi (una reminiscenza del gruppo simile effigiato da Giotto nell’Ascensione
di San Giovanni, a Santa Croce) e sui loro volti scorgesi la varia impressione che suscita
il problema posto loro dinanzi. A lato, è rappresentata l’Astronomia da due personaggi che
tengono nelle mani sollevate un globo terrestre e una sfera stellata. Anche.qui come agli Ere-
mitani e a Santa Maria Novella, per una strana confusione, a Tolomeo è stata posta una
corona sul capo. Ma alla Dialettica, la disciplina, per eccellenza, è riserbato il posto d’onore.
La troviamo rappresentata nella parte superiore dell’affresco da vari gruppi di personaggi
introdotti a significare i principali sistemi filosofici del mondo antico: Socrate intento a dispu-
tare con uditori di ogni casta sociale ; Diogene, steso al sole sopra un gradino dell’Acca-
demia, vilmente coperto di stracci; alcuni, seguaci di Pirrone, degli Epicurei, degli Stoici,
degli Eclettici, e in mezzo a tutti, al centro dell’affresco, Platone e Aristotile, in cui parve
incarnarsi ogni virtù di pensiero.

Da Nicola Pisano al Pinturicchio gli artisti avevano elaborato variamente tradizionali
e popolari immagini dell’arte ereditata dai bassi tempi: Raffaello, anziché attenersi all’antico,
nella Scuola d’Atene ha creato, riuscendo a conciliare l’antica e: grande pittura simbolica
e filosofica, cara alla generazione di Giotto e dei Lorenzetti con quella realistica del secolo xv.2

Paolo D’Ancona.

1 Klaczko, Rome et la Renaissance, Paris, 1898, pag. 207 e segg. Quivi è la migliore interpretazione
del celebre affresco.

2 Ho avuto occasione di citare più volte in questo scritto lo studio del Von Schlosser; mi piace ora ricor-
dare come di esso sieno state fatte in Italia due ampie e diligenti recensioni. Dapprima se ne occupò il
Molmenti nella Nuova Antologia in un articolo intitolato: L'arte enciclopedica dell'età di mezzo (anno XXXI,
i° apiile 1896). Più ampiamente trattò il medesimo argomento in due fascicoli della Flegrea (anno II, 20 ottobre
e 5 novembre 1900) il conte Filangieri di Candida, intitolando il suo scritto: Marciano Capello e la rappre-
sentazione delle Arti Liberali nel medio evo e nel rinascimento.

L'Arte. V, 48.
 
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