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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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Bibliografica artistica
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BIBLIOGRAFIA ARTISTICA

— N. io. Ottobre 1902. Pag. 145.

G. Le Brun scrive dell’esposizione dei primitivi
fiamminghi tenuta a Bruges nella scorsa estate.

— Pag. 147-

L. Beltrami : Ancora il ciborio e l’altare d'oro
nella Basilica di Sant’Ambrogio in Milano. — (Vedi
appresso).

— Pag. 153.

G. Cantalamessa discorre brevemente della Log-
getta di Venezia e pubblica un dettaglio del quadro
di Bonifazio, Vadultera dinanzi a Cristo, in cui si vede
una parte di quell’edificio sansoviniano.

t

— Pag. 158.

Riassunto del libro di F. Malaguzzi Valeri su i
Pittori lombardi del Quattrocento. (Milano, 1902).

Rivista d’artiglieria e genio. Anno 1902,

voi. I.

M. Borgatti pubblica un’appendice al suo lavoro in-
torno a Castel Sant’Angelo edito anni fa nella stessa
rivista. In questo breve scritto l’A. dà conto di quanto
è stato scoperto di notevole nei recenti lavori di scavo
e di restauro.

Rivista moderna politica e letteraria. Anno VI.
15 aprile 1902. Pag. 95.

M. Borgatti scrive dei restauri a Castel Sant’An-
t’Angelo e ricordato brevemente le variazioni subite
nel corso dei secoli dal venerando monumento, ac-
cenna ai criteri che si debbono seguire perchè i re-
stauri lo riconducono per quanto è possibile allo stato
in cui era nel Cinquecento è perchè essi riescono com-
pleti e fedeli.

— 15 luglio 1902. Pag. 56.

G. Natali : / pittori marchigiani anteriori a Raf-
faello. — L’A. ricorda brevemente i più noti fra i
pittori marchigiani del quattrocento, da Gentile da Fa-
briano a Timoteo Viti, e Girolamo Genga, per con-
cludere come il contributo dei pittori marchigiani a
quella che è chiamata comunemente scuola umbra
sia tale da doversi dare a questa più giustamente il
nome di scuola umbro-marchigiana.

Ettore Modigliani.

* * *

LUCA BELTRAMI

ha scritto intorno al Ciborio e l’altare d’oro di San-
t’Ambrogio in Milano, scagliandosi contro il sotto-
scritto che non pensa a suo modo, con quell’asprezza
che gli è abituale verso tutti coloro che non s’inchi-
nano alla sua magna autorità. Ciò è tanto bene cono-
sciuto da tutti per le molte polemiche già da lui so-
stenute con acrimonia, che questa nuova non avrà pro-
dotto effetto di sorta a chiunque sia uso di udire quella
sua voce concitata, come campana che sempre suona
a stormo, e non desta più neppure un cane da pa-
gliaio.

Questa volta però Luca Beltrami per la smania di
danneggiare l’opera mia, ch’egli pure in altri tempi
ha conosciuto e apprezzato, è venuto meno al rispetto
che deve a sè stesso, usando modi propri di chi fa
uso dei denti e non della parola. Non lice a lui di
scrivere frasi dove manca il senso comune, in onta
non a me, com’egli ha creduto di fare, ma bensì in
onta agli studi e alla verità.

Ho parlato, nel mio II volume de la stona de
l’arte italiana, sull’altare d’oro di Sant’Ambrogio,
considerandolo il capolavoro dell’oreficeria carolingia,
il maggior saggio della civiltà fiorente ne’ cenobi della
Francia e delle forme d’arte determinatesi a Corbie,
trapassate dalle Alpi insieme con le forme calligrafiche
di Tours e coi codici della badìa di Fulda. Ora questo
giudizio, scrive il Beltrami, « meglio non potrebbe
rispecchiare la indigestione archeologica, cui si può
arrivare parlando d’arte, come un odierno commesso
viaggiatore parla di articoli di moda e di dogana ».
Assicuro il benigno lettore che il Beltrami ha scritto
testualmente così! Gli è inutile quindi, secondo lui,
di studiare, di notare per via di confronti le relazioni
tra l’arte carolingia (specialmente quella di Corbie) e
quella conforme dell’altare d’oro. Non si devono fare
indigestioni archeologiche, e conviene stare come il
Beltrami a stomaco vuoto. Se si fanno ricerche, con-
fronti, come la scienza vuole, perchè si giunga a solle-
vare qualche lembo del velo sotto cui s’asconde tutta
l’arte medioevale, il Beltrami guarderà gli studiosi
dall’alto in basso come miserabili commessi viaggia-
tori. Ma si consolino essi al pari di me, pensando
che alla fin fine non sarà poca cosa giungere a parlar
d’arte, di stile, di forma, come un buon commesso
viaggiatore parla di articoli di moda e di dogana.
Sarà questione di sopportare un gergo volgaruccio,
di lasciare che l’arte sia chiamata un articolo di moda
soggetto a tariffe doganali : cosa che del resto non
importa gran fatto, perchè ciascuno trae dal proprio
vocabolario le parole che ci trova.

Luca Beltrami, che s’impunta a leggere le parole
«arte carolingia, Corbie, Tours, Fulda», come don Ab-
 
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