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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0459

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408

MISCELLANEA

fra la Pallade dell’ intarsio e la Pallade, quale è de-
scritta nella narrazione della Giostra del 1475, è tale
che basta accennarla per dimostrarla.

Al più non sarà inutile ricordare che Baccio Pon-
telli, a cui si attribuiscono «i disegni e gl’intarsi di
cui vanno adorne le magnifiche porte delle sale » del
palazzo urbinate, fiorentino e discepolo di Francesco
Giovanni detto il Francione, era probabilmente a Fi-
renze nel 1475, attendendo col maestro a lavori nel
palazzo della Signoria,1 e solo dopo la morte di Lu-
ciano Laurana (1479) gli succedette nei lavori del pa-
lazzo Ducale di Urbino. 2

Giovanni Poggi.

11 Tesoro della Regia Chiesa di San Nicola di
Bari nel secolo XIV (Continuazione e fine. V. pag. 320).
— La sola massa d’argento grezzo impiegato nei di-
versi lavori d’oreficeria — assai poca cosa al confronto
del valore di stima dell’oro dei ricchi ricami, degli
smalti e delle pietre preziose profuse nelle sue sup-
pellettili — calcolata del peso di libre 480, che rappre-
sentava il valore di L. 30,000 secondo il prezzo del
numerario di quel tempo, può dare una giusta idea
dell’enorme valuta ammassata in questi doni votivi
i quali, con le loro ingenti ricchezze parevano sfidare e
smentire la penuria del danaro angosciosamente ri-
sentita allora nella vita economica del Regno.

11 linguaggio poi del documento, quantunque non
molto esatto, è bastante a raffigurarci gli oggetti in
esso descritti ed ora perduti, così da averli sott’occhio
con le loro magnificenze artistiche, ed è sufficiente a
dare un’idea grandiosa del culto cattolico nel secolo xiv
e a mostrarci come per esso specialmente le arti erano
con le loro creazioni geniali messe a contributo dalla
pietà e dalla fede.

L’oreficeria con la descrizione dei vivi smalti tras-
lucidi e degli sbalzi delicati dal contorno gentile e
dei nielli vaghissimi, di che le sue composizioni erano
adorne, ci svela in tanta ricchezza la presenza dei
celebrati lavori che resero famose le scuole di Limoges,
di Parigi, di Abruzzo, di Dalmazia e di Venezia, come
con l’enumerazione delle preziose gemme impiegate
nel loro abbellimento ci parla della magnificenza dei
devoti donatori.

Nè l’arte tessile nè quella del ricamo si rivelano, nel
documento, da meno della prima con i meravigliosi
prodotti dei ricchi empori di Sicilia, d’Arabia, della
Persia, dell’India e della Cina, poiché le loro stoffe
più sontuose dai brillanti colori ed adorne dei ricami
più ricchi e geniali sono descritte fra queste suppellet-
tili votive. Sono sciamiti preziosissimi, pesanti e molli
velluti, sono camelloti dal tessuto spesso e compatto,
panni greci, arazzi di Persia e dell’India, sono i prò-

1 Gayk, Carteggio, voi. I, pag. 274-275.

2 Cfr. E. Calzini, Urbino e i suoi monumenti. Rocca San Cr-
édano, 1897, pag. 17 e 159.

dotti delle vantate fabbriche di panni di Lucca, sono
tele di oro e di argento, tessuti di seta cruda e da-
maschi di Rodi dai più strani ed appariscenti disegni
destinati al culto del miracoloso Patrono.

L’ago sottile su tutto questo materiale artistico operò
miracoli di pazienza, contornando immagini di santi,
emblemi religiosi, ornamenti fantastici, disegni geo-
metrici e stemmi nobiliari dei generosi oblatori. Spesse
volte la fede più viva animò quel trapunto eseguito
dalle mani stesse delle più nobili dame, quali doni vo-
tivi offerti in cambio di desideri ardenti, raccomandati
alla potente intercessione del Santo prediletto.

Aquile, grifi, falconi, babuini, cervicani, cicogne,
pavoni, strani motivi d’ornamentazione dell’arte arabo-
sicula, sono confusi e frammischiati in questa descri-
zione con quelli più semplici ed eleganti dell’arte
classica.

I nomi stessi di molti fra i generosi donatori e la
stessa loro patria sono argomenti sufficienti per affer-
mare della maggior parte di quei doni preziosi una
origine e fattura nostrana, dovute alle celebrate officine
di oreficeria di Abruzzo e di Napoli, ai telai famosi
di Sicilia e Catanzaro.

Onde l’arte paesana per questo documento si af-
ferma in modo a;soluto, poiché non solo i suoi mera-
vigliosi prodotti resistono in esso al paragone dei più
magnificati forestieri, ma ancora col maggiore loro nu-
mero lasciano indovinare una maggiore eccellenza ed
il loro trionfo in questa gara artistica, della quale il
Tesoro della chiesa di Bari era il nobile campo.

Che anzi il documento di per sè vale a correggere le
arrischiate opinioni attribuenti a forestiera provenienza
artistica gli oggetti che ancora sopravanzano di tanto
ricco patrimonio; e con l’assegnare a ognuno di loro
e l’epoca esatta e un’origine certa, di che nel suo con-
testo si fa menzione, rettifica giudizi fin qui erronei e
poco accuratamente portati sul loro valore artistico da
chi di essi ebbe ad occuparsi. Il ricordo poi di un gran
calice d’argento indorato con sei smalti nel suo piede
ed altri tanti nel nodo, raffiguranti in quelli del piede
immagini di santi e stemmi a denticela bianchi e rossi
(partito inchiavato di argento e di rosso) della famiglia
de Ledo ed in quelli del nodo teste di santi contornate
di foglie e rami fatto in Sulmona 1 e quello di un
altro con patena d’argento indorata col piede fatto a
forma di stella con otto smalti nel nodo a rose ed in-
trecci smaltati con uccelli e foglie donato da Pietro de
Morerijs, con impresse nel piede e nel labbro le lettere
Napm. (Napolim), 2 assodano circostanze importantis-
sime per la storia dell’arte, delle quali difficilmente
il riscontro si cercherebbe in altri documenti.

Poiché questi calici, dovuti l’uno alla pietà del sul-
monese Rinaldo de Lecto stato Giustiziere di Terra di.

1 Inventario n. 33.

2 Idem 11. 51.
 
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