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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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Fasc. 4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0475

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424

MISCELLANEA

opera di Ambrosius Benson ; il ritratto d’Isabella di
Borgogna (n. 221), che arieggia per la rotondità le
teste di Marco d’Oggiono e per i forti scuri quelle di
Ambrogio de’ Predis ; un Ercole che lotta con Caco,
assegnata a Jenin Gossart de Maubeuge, con le carni
delle figure aranciate come in un Solario dell’ultimo
tempo ; i quadri di Henry Blès, quello specialmente
che reca il n. 233, sotto l’influsso del Correggio; i
dipinti del maestro dalle mezze figure, non esente da
reminiscenze d’arte lombarda, come l’altro di Bernaert
van Orley (n. 330). Ma ben più di queste produzioni
attraggono e affascinano le opere prodigiose di Jan e
Hubert van Eyck, che d’un tratto dominarono la
natura, segnando l’a e l’w dell’arte pittorica; e Ro-
giero van der Weyden drammatico, Hugo van der
Goes profondo, il Memling mistico, Gheeraert David
raffinato e potente, i quali coronano l’opera dei fra-
telli Van Eyck. Bruges, come per incanto, rivede
nella schiera gloriosa de’ suoi maestri antichi l’idea-
lità di sua gente; e la scienza, afforzata dai riscontri
che le cose mostrano di avere avuto tra loro, sente
di avvicinarsi rapidamente al vero. Dai giorni in cui
scrissero Crowe e Cavalcasene, e ricercò negli archivi
Alessandro Pinchart, la scienza ha fatto un lungo cam-
mino. Le ultime ricerche del Weale e del Friedlànder
hanno dato una precisione quasi matematica a opi-
nioni incerte e impressioni indeterminate; e la espo-
sizione di Bruges ha portato a nuove conquiste, ren-
dendo evidenti, per l’associazione delle opere d’arte,
verità, che pochi avrebbero intuito e pochi creduto.

Bruges, 17 settembre 1902.

A. Venturi.

Notizie degli Abruzzi.

Ancora deH’ambone di Cugnolì. — In uno degli
ultimi fascicoli del IJ Arte a pag. 262 si dava una som-
maria decrizione dell’ambone che si ammira nella
chiesa parrocchiale di Cùgnoli: si prometteva inoltre
uno studio sulla chiesa monastica dei Cisterciensi,
chiesa e monastero scomparsi, da cui si crede fosse
pervenuto l’ammirabile ambone. Questo studio non può
farsi che con molto ritardo, tuttavia si farà: intanto
son lieto di adempiere alla promessa fatta di offrire
le riproduzioni fotografiche del monumento, fotografie
che debbo alla gentilezza del dott. Domenico Tinozzi,
deputato al Parlamento, e, come già dissi, intelligente
cultore di storia patria.

Nel riprodurre dunque l’opera monumentale, oc-
corre aggiungere alcune notizie e rettificarne qualche
altra.

Non torno sulla descrizione dei rilievi scolpiti, anche
perchè sarebbe inutile avendo sott’occhi una riprodu-
zione fotografica cosi esatta. Mi si permettano però
alcune osservazioni sui fregi in basso o mezzo rilievo ;
osservazioni che confermano la data dell’opera d’arte.

Il fregio orizzontale superiore dell’ambone, che
serve di coronamento, a me è parso simile ai fram-
menti della porta di San Saba e altresì al frammento
cuspidale rinvenuto in Santo Stefano del Cacco. I due
capitelli poi sono in perfetta armonia col riquadro a
destra dell’angiolo che sostiene il libro; riquadro coi
rilievi a losanghe intrecciate. Inferiórmente corre una
fila di piccole monofore sormontate da archetti quasi
circolari. Queste monofore sono interamente forate.

Il fregio sottoposto, a palmette continue, come in
edifici di varie epoche, ricorda perfino le antefisse
dell’età greca .e romàna ; e sta lì per una riprova, se
ce ne fosse bisogno, come l’architettura medievale
prese quasi sempre addentellati nelle precedenti epoche
classiche. Più sótto, sta il fasciòne di fogliame a biz-
zarre intrecciature, il quale, con qualche varietà, si
vede ripetuto nelle opere anteriori, specialmente dal
secolo ix al xiu. Sono poi stupendi gl’ intrecci di
steli, foglie, animali.e teste umane nei pennacchi dei
grandi archi che sostengono l’ambone.

Occorre far notare, ciò che non si fece notare nell’ar-
ticoletto precedente, come, presso il lato che prospetta
l’altare di mezzo, sta un leone accovacciato che con
le gambe posteriori divaricate sostiene una pila per
l’acqua santa. E da osservarsi anche che sul leggìo so-
stenuto dal l’angelo, vi sono ben disegnati e incisi
due cervi.

L’iscrizione, già riportata, è mancante di due lettere,
perchè proprio nella parte della data fu fatto il foro
per innestarvi il sostegno della croce. Ora il lodato
dottor Tinozzi, misurando quello spazio perforato,
giudica che non vi potevano intercedere che due let-
tere soltanto, come può vedersi nella stessa riprodu-
zione fotografica. Tali lettere dovevano essere un O
dopo MILLESIMA, e un C prima di ENTESIMO.
Sicché, completando la iscrzione, deve leggersi:

ANNI DOMI
NI . MILLESI
M[0 . C]ENTE
SIMO . SEXSA
GESIMO SEC
STO . INDICTI
ONEV QARTA
DECIMA . ABBAS
RAINALDUS . HOC
OPVS FIERI FECIT.

È impossibile tipograficamente riprodurre il graffito
che si legge sotto l’iscrizione ; il dott. Tinozzi opina
che esso possa poter essere interpretato così:

Moles restituta anno 1528.

Egli poi comprova che la data da leggersi nella
iscrizione sia il 1166 mediante la indizione XIV mento-
vata nella lapide stessa; anch’io sono con lui, e tutti
credo saranno della stessa opinione. Di fatto, operando
 
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