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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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[Appendice]: Arte decorativa
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Jahn Rusconi, Arturo: Le maioliche di Cafaggiolo
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0505

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ARTE DECORATIVA

dopo il 1498 e prima del 1506. I documenti ora pubblicati ci mostrano l’esistenza della
fabbrica cafaggiolana già nel 1506, mancano poi fino al 1521, nel qual anno, al 26 set-
tembre, fu scritta la ben nota lettera dello Zeffi, già pubblicata dal Piot e che sollevò essa

pure tante e tante discussioni.

Nei primi anni del XVI secolo
la fabbrica fu condotta da due
orciolai di Montelupo Piero e Ste-
fano della famiglia Fattorini, poi
fu continuata da altri della fami-
glia. Morto Piero, il fratello Ste-
fano continua la fabbrica fino
al 1530 circa, che in quell’anno, o
poco dopo muore. Prima del 1532
un figliuolo di questi, Leonardo,
si divide dai fratelli e apre forse
in Firenze una bottega di sto-
viglie. Dal 1534 al 1568 gli altri
figliuoli di Stefano mandano avanti
la fabbrica di Cafaggiolo e nel 1576
di questi rimane solo Iacopo già
vecchio. E verso la fine del '500
la fabbrica sempre più decaduta
cessa completamente di lavorare
e la famiglia Fattorini si estingue.

Così dopo aver prodotto, per
lo spazio d’oltre mezzo secolo,
belle stoviglie artistiche (molte
delle quali, nonostante l’incuria
ancora e fanno splendida mostra
nei Musei e nelle Raccolte d’Europa), cominciò a declinare, mancatole anche l’aiuto e il
favore, dopo la morte di Pier Francesco de’Medici: poi cessò negli ultimi anni di quel
secolo al pari di tante altre celebrate fabbriche d’Italia. Una delle prove di tal decadenza
l’abbiamo dal sapersi che nel 1568 il principe Francesco de’Medici, volendo fornire la sua
tavola di nuova credenza, si rivolse ad un M.° Lionardo decto don Pino de Faenza, il quale
gli fornì 307 pezzi di maiolica valutati L. 285.16.8 di moneta romagnola, ossia ducati 259.17.
Ma forse il decadere della fabbrica di Cafaggiolo, quasi contemporaneamente ad altre italiane,
si dovette non poco all’essersi introdotta la fabbricazione delle porcellane, e principalmente
ai grandi signori, i quali, seguendo la moda e il gusto de’ tempi e sdegnando di aver fornito
la loro mensa con credenze di quella fragile ed umile materia, si rivolsero ai vasellami d’oro
e d’argento più preziosi e meglio confacenti al lusso, al fasto e alle loro ricchezze.

I lavori usciti dalla fabbrica di Cafaggiolo, quantunque molto simili alle ceramiche faen-
tine, hanno pur tuttavia dei caratteri assai precisi che li distinguono chiaramente dalle opere
delle altre fabbriche. Il Jacquemart così ne scrisse : « Stabiliamo primieramente i caratteri
che servono a far distinguere le opere di questa fabbrica... Il turchino a tratti spezzati in
massa o sui fondi è sempre cupo e quasi nerastro; le riprese del pennello si scorgono assai
bene per giudicare che il cobalto fu adoperato poco disciolto e per conseguenza dato troppo
denso. Un giallo arancione vivo, più opaco ancora e non somigliante a quello di altre fab-
briche si armonizza col turchino e risalta tanto meglio sopra un fondo bianchissimo. Gli altri
colori perdono naturalmente così accompagnati, e il verde ramina vi acquista una semi-
trasparenza affatto originale». E così il Drury Fortnum: «I caratteri principali delle sto-
viglie di Cafaggiolo sono un,o smalto ricco, uniforme e puramente bianco ; l’uso del cobalto

Ceramica di Pagliano (?) - Firenze, Museo Nazionale

e l’abbandono in cui furono tenute presso di noi, rimangono
 
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