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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 5.1902

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[Appendice]: Arte decorativa
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Jahn Rusconi, Arturo: Le maioliche di Cafaggiolo
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https://doi.org/10.11588/diglit.24147#0508

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ARTE DECORATIVA

27

Londra, S.

(?).

a'ton Museum

Quanto ai pittori che devono aver ornate le belle stoviglie di Cafaggiolo è deplorabile
che non se ne abbiano memorie: del resto sappiamo appena qualche nome di coloro che in
altre fabbriche eseguirono splendidi lavori, mentre il conoscerli importerebbe tanto alla storia
della ceramica italiana. A tali indagini si volsero quasi tutti gli scrittori, fin qui per altro

con iscarsissimo risultato, rimanendo anche quelle
poche notizie annebbiate da molte incertezze che la
critica non potrà mai dileguare senza l’aiuto dei docu-
menti. Imperocché i pittori, al pari dei lavoranti, pas-
savano da una fabbrica all’altra, e perciò vediamo
ornati da uno stesso pennello prodotti di botteghe
diverse e segnati con la medesima marca di fabbrica
quelli dipinti in vario stile, più o meno belli secondo
l’ingegno del maestro.

Da ciò deriva che, guidati dall’identità di maniera,
alcuni assegnino ad una bottega stoviglie appartenenti
ad altra, come è accaduto, per esempio, di quelle ese-
guite da Francesco Xanto Avelli, il quale lavorò a
Gubbio nello fornace di mastro Giorgio, e a Urbino
in quelle di Orazio Fontana e Francesco Silvano. Oltre
di che raramente è possibile discernere ne’ vasi con
più marche o sigle, quali di esse appartengano alla
fabbrica e quali ai pittori, che pel solito segnavano con le iniziali del nome e del cognome:
tanto meno possibile se vi manca l’anno o il luogo della fornace. E quante marche, quanti
segni creduti di pittori saranno invece delle famiglie o delle persone che fecero eseguire le
stoviglie ? E si aggiunga poi che come maestro Giorgio, il quale secondo l’opinione del
Ranghiasci Brancaleoni, « creava, disegnava, modellava, coloriva e perfezionava a capello »,
anche molti principali delle botteghe erano non soltanto pratici a comporre le terre e formare
maioliche, ma abili a preparare i colori e a dipingerle.

Tra le opere uscite certamente dalla fabbrica cafaggiuolana è un piatto con Giuditta
e la sua fante sopra cavalli galoppanti : la fantesca tiene pei capelli la testa recisa di Oloferne.
Il cavallo bianco di Giuditta è particolarmente d’ottimo disegno: l’ornato del rovescio somiglia
quello di altri piatti; è firmato in chafagguolo, firma che il Piot legge Jacopo, sapendo

che Stefano di Filippo Fattorini aveva un figlio di nome Jacopo, che nella Decima di
Firenze si trova sotto l’anno 1534 insieme coi fratelli stovigliai in Cafaggiolo, e le cui memorie
vanno fino al 1576. Il Guasti è però incerto in questa attribuzione e ricorda molti pittori di
nome Jacopo che lavorarono a Firenze e tra questi Jacopo di Gio-
vanni detto Jacone del quale parla il Vasari, notando poi che l’intero
di Jap° sarebbe Japeco, il quale nel dialetto umbro valeva Jacopo, e
da ciò verrebbe che questi non nacque in Firenze, ma nell’Umbria
e fu condotto a Firenze dal Perugino. Il piatto faceva parte della rac-
colta Spitzer e fu venduto all’asta per 52,000 franchi. (Fig. a pag. 21).

Piatto (tagliere) con San Giorgio copiato dalla statua di Do-
natello. Il fondo è paese circondato da un fregio di grottesche su
fondo turchino. Nel rovescio sono linee concentriche colorite d’az-
zurro e d’arancio. È segnato della solita marca, dell’S e dell’F intrec-
ciate. Il Fortnum giudicò che questa e la seguente sono le più belle
opere d’un abilissimo artista.

Piatto (tagliere) rappresentante un pittore in atto di dipingere un
piatto alla presenza d’un gentiluòmo e d’una gentildonna. Il Fortnum
ha attribuito il piatto a Cafaggiolo agli anni 1515-20; dal Malagola Cafaggiolo (?)

è registrato invece come opera di fabbrica faentina del 1570 circa. Oxford, Museo Ashmolean
 
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