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più sotto. Gli opercula erano solo adattabili per gran-
di vasi , come risulta dalle molte cose prescritte dai
rustici sì Latini che Greci. Inoltre i dolii non erano
suscettivi di una perfetta chiusura, e servivano a farvi
fermentare il mosto, e per farvi le conditure di che
pregiavansi gli antichi (1), ed ivi non rimaneva che
per circa un’ anno (2), e per subirvi tutte quelle ope-
razioni che la manufatlurazione del vino richiedeva,
ritenendosi, come da Plinio (3), che i vasi a grossa
pancia fossero meno utili delle anfore, dov’ era dif-
fuso il vino dopo perfezionato. Laonde spesso tro-
viamo ne’ rustici scrittori adoperate 1’ espressioni di
Unire, oblinire, picare opercula, gVpsare opercula (4).
Questa specie di chiusura era ben conveniente alla
natura delle operazioni, e delle pratiche volute da
Catone, e che richiedeansi ne’labbri de’dolii (5);
onde questi erano fatti sporgenti (6), perchè servis-
sero allo spurgo del mosto fermentante. Mi astengo
per brevità da altre citazioni. Inoltre i dolii non po-
tevano esser chiusi che leggermente, perchè anda-
vano sovente scoverchiali in primavera (7); e andava
il liquido soggetto, secondo Palladio, ad una prima
e seconda diffusione (8). Dopo la quale ponevasi il
vino in vasi minori (9), cioè nelle anfore, ove avve-
niva la perfetta chiusura, senza che più vi fosse pre-
scritto, come da Catone pel vino di Coo, operculum
imponilo, relinquito qua interspirel (10). Ma conviene
che io faccia un’ultima avvertenza.
Non debbonsi confondere questi opercula, di cui
discorriamo, co’ capitoli (capitala), dei quali ho di¬
ti) Varr. I. 65. quod muslum conditur in dolium, uthabea-
mus vinum non promendum, dum fervet eie.
(2) Varr. r. r. I. 65 ; Mercurialis L. 9. c. 15.
(3) Lib. XIV. c. XXI s. 27. Sillig Ventruosa ac pallila minus
ulilia.
(4) Cat. r. r. c. CXIII ove leggesi; Vinum in dolia indilo, sinito
dies XV. operla, antequam oblinas. Presso che lo slesso al cap.
XXVI; Coltimeli. XII 44; XII, XXXVI.
(5) Plin. XIV. 27. Valpy; Athen. XI ove Senofane Colofonio su i
dolii olezzanti di fiori, di mirra eie. Geop. VI 4. p. 168; Dioph.
e VII 2.
(6) Geop. VI c. III. p. 434 ed. Niclas.
(7) Columella XII. 30; cfr. Plinio 1. c.
(8) Lib. XI, 9, 14, 15.
(9) Procul. Dig. XXXIII 6. 15; Cfr. plin. lib. XVIII. s. 62.
(10) Cap. CV1II.

mostralo la natura nella mia memoria letta all’acca-
demia Ercolanese su di una Cella Vinaria Caslrana
nel Pretuziano , il cui senso ho io notato ivi con
Plauto (1) e col Bacci, essere ben indicato da una
specie di capezzolo che ha al suo centro, onde po-
tersi prendere. Noi parlando del loro uffizio, abbia-
mo fatto rilevare la prima volta, non essendosene
pubblicato altro esempio, l’uso di metterli nell’ in-
terno del collo del vaso per sostenere tutta la econo-
mia industriosa della suggellatura composta di ghiaia,
cui era sovrapposto lo strato di gesso amalgamalo. Il
che ci è riuscito cosa straordinaria, e non vista an-
cora— Nè avrei saputo dare sp’egazione di questi
capitoli isolatamente, se non avessi avuto la bella
ventura di vederli adoperati nelle anfore rinvenute
perfettamente turale nella della Cella Vinaria Castra-
na. Alla quale importantissima novità si aggiunge
pur quella di trovare in detti capitoli rotondi scritte
a rilievo acclamazioni, ed altri motti, non che segni
simbolici, istromenli, ed altro relativi a sacrifici^ a
commercio , ed industria , quali l’ancora, il cadu-
ceo eie.
Per quanto riguarda finalmente i pezzi di pece rin-
venuti in alcuno de’dolii del Sarno, essi nel convin-
cerci vieppiù su l’impiego de’ vasi pel vino, ci ricor-
dano l’uso descritto da tutt’ i rustici della picalura ,
e dell’introduzione della pece anche in talune qualità
di vini. Per non dilungarmi citerò per tutti il solo
Plinio, che può dirsi il riepilogalore di tuli’ i rustici
antichi. Ora il medesimo Naturalista ci assicura, che
la pece era usata per la conditura del vino (2), per
inverniciarne le parti interne ed esterne del vaso, a
cose simili, onde non trapelasse il liquido, il che di-
cevasi picalura (3).
Ecco quanto mi è occorso avvertire intorno all’in-
teressante rinvenimento de’ dolii scoverti al Musigno
vicino al fiume Sarno.
Domenico de’Baroni Goidobaldi.
(1) Curcul. de serv. furib. Act. II. s. III.
(2) Lib. XIV,,XXV.
(3) Panciroll. rer. mem. p. 82 cfr. le annot. del Salmuth.
 
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