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Belvedere: Monatsschrift für Sammler und Kunstfreunde — 6.1924

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De Rinaldis, Aldo: La tomba primitiva di Roberto d'Angiò
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https://doi.org/10.11588/diglit.55195#0156
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LA TOMBA PRIMITIV A DI ROBERTO d’ANGIO
ALDO DE RIN ADDIS
I b apparsa di recente, di sotto una grande tela settecentesca, nelf Oratorio delle Clarisse
in Santa Chiara di Napoli: semplice loculo sotto un arcosolio basso, a ridosso del muro
di testata della chiesa attigua. La statua del re, distesa su la cornice marmorea di quel
loculo, e una nuova scultura da attribuire a Giovanni e Pacio Bertini, Johannes et
Pacius de Florentia marmorari fratres, autori documentati del grande monumento
sepolcrale di Roberto, il cui sarcofago — traverso lo spessore di quel muro di testata -—■
e in rispondenza precisa col sito della tomba provvisoria. II monumento del monarca
fu il solo non manomesso sepolcro trecentesco in Santa Chiara; ehe anzi le Clarisse del
decimottavo secolo n’ebbero gelosa cura, stanziando somme per la pulitura dei marmi e
per la ridoratura ad oro fino della decorazione araldica, dei capitelli nei pilastri, dei fioroni
nelle guglie. E il fatto ehe i due fratelli marmorari non trasferirono la statua del re
giacente dalla provvisoria tomba al monumento, fa pensare ehe la salma stessa non fosse
rimossa dalla sepoltura assegnatale dapprima. L’esplorazione di questa tomba potrebbe darci
qualche logoro lembo del sajo francescano nel quäle il monarca fu sepolto, e — per
gustoso contrasto a quel vestimento significativo di rinunzia e d’umilta — tre rare cose
delforeficeria trecentesca, tre segn! di fasto e di potenza: il globo placcato a smalto,
lo scettro gigliato, la gigliata corona. Come per un prolungato sogno di forme
esotiche, e per un impulso spontanen a riandar le origini di una »moda« architet-
tonica ehe nelfltalia trecentesca prevaleva, Giovanni e Pacio, pel monumento di
Roberto in Santa Chiara, composero una grande struttura di marmi, ehe, assai piü
decisamente d’ogni altro lavoro similare di artefice italiano, aderisce alfintimo carattere
delfarchitettura venutaci di Francia. Arnolfo — nella sua cultura di forme esotiche,
liberamente acquisita, italicamente ripensata — produce il barlume d’una tendenza,
ch’e intesa ad alterare il rapporto proporzionale tra lo sviluppo degli elementi di sostegno
di un’architettura gotica e la gravezza apparente del peso sostenuto. V’e un pensiero
nostalgico, in questa tendenza architettonica trasmessa da Arnolfo a Tino di Camaino
in Napoli: un’aspirazione vaga — e certamente di origine istintiva —■ a quel limpido
rapporto proporzionale tra gravame superiore e resistenza sottoposta, ehe, suprema
legge delfarchitettura greca, ebbe una si larga parte nelle norme delfarte architettonica
in Italia, innanzi fintroduzione del »gotico sottile« e dopo le sue tarde fortune trecen-
tesche. Quella tendenza arnolhana e decisamente rinunziata da Giovanni e Pacio; e,
nelfopera loro in Santa Chiara di Napoli, il rapporto tra gravame e resistenza e risoluto
in senso prettamente gotico. V’e tanta apparenza di levitä saliente nelfombracolo del
baldacchino di quel sepolcro regio, per quanta ve n’e di robustezza egualmente saliente

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