BC/s
s.
is primiiie.it-;,
te ciò .pio a [
lentia
junudrt w u fef
ec omnìim j«lo's
pejora qM h
ttes, itliÙW*
endi ®*m{
binda '
, „,ie i'0' A
v.VJ
àit» P'
.ut*»1'
•;
r 7'5'
ino
Ut»»
otre^'VJ
e,cU" *'
Ita»011 .
, fu»
jH1
^
eft»e'
r»ft« '
-noi» '
fjtf»
f^
MEMORIE DEGLI ANTICHI INCISORI 22?
XLIII.
FAUNO BACCANTE
OPERA D* A X E 0 C 0?
Incifa in gemma.
DEL MUSEO STROZZI DI ROMA.
ESfendo quella gemma con molte altre pietre preziofiffime fiata rubata dal Mufeo Strozzi,
né reflandoci alcuna impreffione della medelima, ciò m'inpedifce di parlare diftinta-
mente di quello artefice. Eiìfte folamente quelt' opera d'Axeoco pubblicata dal B. Sto-
fch (i), il quale non parla punto di quello artefice.
S'efprime in quella gemma un Fauno nudo, che fuona la lira, colla tella coperta d'una
pelle di Pantera, la quale gli fcende per il dorfo : predo v' è un piccolo fanciulletto graffot-
tello, l'opra una bafe, che tiene nella mano anidra un tirfo, e colla delira accenna la lira,
e tra quefte due figure fi vede la cornuta Luna.
I Fauni, come ben Tappiamo, fono della comitiva di Bacco. Melampo figlio d' Ami-
teone (2) fu il primo che apprefe dagli Egizziani le fede di Bacco, e le infegnò ai Greci.
Dipoi un certo Greco di vii condizione ne ammaeftrò i Tofcani, dai quali furono corrotti i
Romani, che portarono all' eccedo 1' impudenza, e la luiTuria, non vergognandoli in quefte
felle di conculcare le leggi fantiffime dell'oneftà, e di tutte 1' altre nobiliffime virtù. E quan-
tunque negli antichi/fimi tempi appredò tutte le nazioni quefte felle nano Hate il feminario
di tutte le fcelleraggini (3); contuttociù in neftun luogo, per quanto io fappia, furono tanto abo-
minevoli, quanto in Roma (4).
Quefte felle fi celebravano con lo ftrepito della Lira, della Tibia, de' Timpani, e di
tutti i muiìcali iftrumenti, e con certi moti della teda, e del corpo andavano urlando gli
Uomini infieme con le Donne portando Tirfi, e fcotendo facelle accefe (5).
Siccome tutti i popoli furono fempre deliderofi di vivere licenziofamente, e d'abbrac-
ciare ben volentieri quelle cofe, che rifguardavano la libertà della vita; non è punto da mara-
vigliarli, fé tutto P Univerfo è ripieno di tanti monumenti di gemme, baffirilievi, e ftatue3
che rifguardano ogni forte di Baccanali.
F f a Que-
(i) Stofch Gem. Artt. pag. 24. Tom. so. Nella raccolta
di gemme della Contefla Cheroffini lì trova una gemma
di Ercole col nome di Axeoco fatto da un' artefice moder-
na, fulla qual gemma fecondo il folito ha sbagliato Win-
Jcelmann pag. 242.
(2) Herodot. Hift. lib. 2. cap. 48. e feq..
(3) T. Livio nell'Epitome del lib. 39. così s'efprime.
I Baccanali Fe/ia notturna dei Greci, Seminario majfimo d't
tutte le fcelleraggini .
(4) Se dalle parole del prudentilfimo Iftorico Tito Li-
vio non foflero confermate quefte fcelleraggini, farebbero
incredibili: Egli dice. Ne era una fola forte di delittii.fi
commettevano ftupri fcambievoli iT uomini e di donne i Ma dall'
ifìeffo fonte ufeivano falfi te (limoni i, falfi figlili , e teftimouian-
ze , ed accufe. Quindi fimilmente ufeivano veleni , e occulte
«ccìfioni in si fatto modo , che non fi trovavano i corpi dei
morti per feppellirlì : Molte cofe ardivano far con inganni, e
moke più per violente». Nafcondevafi la violetti», perchè pel
romore degli urli, e firepito dei timpani, e dei cemhali non fi
poteva tra gli ftupri e V ucci foni intendere la voce di quelli ,
che gridavano. Così Tito Livio Dee. 4. lib. 9. cap. 8.
(5) Strabone dice lib. io. pag. 715. Finalmente io dirà
che i Baccanti fono deferittì da tutti , come prefi da un certo
divino furore , i gitali fiottando armati con ftrepito , e tumulto
con cembali, timpani, tibie, in abito, e fiotto fipecie di Mi-
viftrilaei laro fagrifzi fpaveistavano gli uomini. Ovid. nelle
Metam. lib. 3. verf. 528.
Bacco è venuto; i campi ri fonando-
D' urli fefiivi con devoti affetti ,
La turba mifla già vìenfi apprejfando ,
Mariti, e Madri, e Nuore , e 7 volgo intefo
Al culto ignoto viene in lungo flefo.
Vedi ancora Euripide nelle Baccanti
s.
is primiiie.it-;,
te ciò .pio a [
lentia
junudrt w u fef
ec omnìim j«lo's
pejora qM h
ttes, itliÙW*
endi ®*m{
binda '
, „,ie i'0' A
v.VJ
àit» P'
.ut*»1'
•;
r 7'5'
ino
Ut»»
otre^'VJ
e,cU" *'
Ita»011 .
, fu»
jH1
^
eft»e'
r»ft« '
-noi» '
fjtf»
f^
MEMORIE DEGLI ANTICHI INCISORI 22?
XLIII.
FAUNO BACCANTE
OPERA D* A X E 0 C 0?
Incifa in gemma.
DEL MUSEO STROZZI DI ROMA.
ESfendo quella gemma con molte altre pietre preziofiffime fiata rubata dal Mufeo Strozzi,
né reflandoci alcuna impreffione della medelima, ciò m'inpedifce di parlare diftinta-
mente di quello artefice. Eiìfte folamente quelt' opera d'Axeoco pubblicata dal B. Sto-
fch (i), il quale non parla punto di quello artefice.
S'efprime in quella gemma un Fauno nudo, che fuona la lira, colla tella coperta d'una
pelle di Pantera, la quale gli fcende per il dorfo : predo v' è un piccolo fanciulletto graffot-
tello, l'opra una bafe, che tiene nella mano anidra un tirfo, e colla delira accenna la lira,
e tra quefte due figure fi vede la cornuta Luna.
I Fauni, come ben Tappiamo, fono della comitiva di Bacco. Melampo figlio d' Ami-
teone (2) fu il primo che apprefe dagli Egizziani le fede di Bacco, e le infegnò ai Greci.
Dipoi un certo Greco di vii condizione ne ammaeftrò i Tofcani, dai quali furono corrotti i
Romani, che portarono all' eccedo 1' impudenza, e la luiTuria, non vergognandoli in quefte
felle di conculcare le leggi fantiffime dell'oneftà, e di tutte 1' altre nobiliffime virtù. E quan-
tunque negli antichi/fimi tempi appredò tutte le nazioni quefte felle nano Hate il feminario
di tutte le fcelleraggini (3); contuttociù in neftun luogo, per quanto io fappia, furono tanto abo-
minevoli, quanto in Roma (4).
Quefte felle fi celebravano con lo ftrepito della Lira, della Tibia, de' Timpani, e di
tutti i muiìcali iftrumenti, e con certi moti della teda, e del corpo andavano urlando gli
Uomini infieme con le Donne portando Tirfi, e fcotendo facelle accefe (5).
Siccome tutti i popoli furono fempre deliderofi di vivere licenziofamente, e d'abbrac-
ciare ben volentieri quelle cofe, che rifguardavano la libertà della vita; non è punto da mara-
vigliarli, fé tutto P Univerfo è ripieno di tanti monumenti di gemme, baffirilievi, e ftatue3
che rifguardano ogni forte di Baccanali.
F f a Que-
(i) Stofch Gem. Artt. pag. 24. Tom. so. Nella raccolta
di gemme della Contefla Cheroffini lì trova una gemma
di Ercole col nome di Axeoco fatto da un' artefice moder-
na, fulla qual gemma fecondo il folito ha sbagliato Win-
Jcelmann pag. 242.
(2) Herodot. Hift. lib. 2. cap. 48. e feq..
(3) T. Livio nell'Epitome del lib. 39. così s'efprime.
I Baccanali Fe/ia notturna dei Greci, Seminario majfimo d't
tutte le fcelleraggini .
(4) Se dalle parole del prudentilfimo Iftorico Tito Li-
vio non foflero confermate quefte fcelleraggini, farebbero
incredibili: Egli dice. Ne era una fola forte di delittii.fi
commettevano ftupri fcambievoli iT uomini e di donne i Ma dall'
ifìeffo fonte ufeivano falfi te (limoni i, falfi figlili , e teftimouian-
ze , ed accufe. Quindi fimilmente ufeivano veleni , e occulte
«ccìfioni in si fatto modo , che non fi trovavano i corpi dei
morti per feppellirlì : Molte cofe ardivano far con inganni, e
moke più per violente». Nafcondevafi la violetti», perchè pel
romore degli urli, e firepito dei timpani, e dei cemhali non fi
poteva tra gli ftupri e V ucci foni intendere la voce di quelli ,
che gridavano. Così Tito Livio Dee. 4. lib. 9. cap. 8.
(5) Strabone dice lib. io. pag. 715. Finalmente io dirà
che i Baccanti fono deferittì da tutti , come prefi da un certo
divino furore , i gitali fiottando armati con ftrepito , e tumulto
con cembali, timpani, tibie, in abito, e fiotto fipecie di Mi-
viftrilaei laro fagrifzi fpaveistavano gli uomini. Ovid. nelle
Metam. lib. 3. verf. 528.
Bacco è venuto; i campi ri fonando-
D' urli fefiivi con devoti affetti ,
La turba mifla già vìenfi apprejfando ,
Mariti, e Madri, e Nuore , e 7 volgo intefo
Al culto ignoto viene in lungo flefo.
Vedi ancora Euripide nelle Baccanti