ARCHITETTURA GRECA. PARTE IL
75
CAPITOLO IV.
STRUTTURA ED ORNAMENTI PROPRI DE'TEMPJ
F
ra i principali e più necessarj ornamenti, che costituivano la struttura dei terapj, si devono considerare i tre
ceneri di colonne descritti nell'antecedente Capitolo. Plinio asseriva, per quanto evidentemente aveva appreso
dai suoi antenati, che solo in questi edifizj s'impiegavano le colonne nei primitivi tempi, quando ancora non si
conoscevano le loro vere proporzioni; percui non erano le medesime situate per magnificenza, ma perchè erano
necessarie a sorreggere la grande struttura di tali edifizj sacri (1). Cosi primieramente sul modo con cui erano
impiegate le colonne nella struttura dei tempj ci occuperemo nelle cose stabilite ad esaminarsi in questo Capi-
tolo, e poscia le altre parti che compivano le medesime opere si considereranno. A queste cose però abbiamo
creduto opportuno di anteporre un breve esame sulla ben nota iscrizione Ateniese, che servì di documento per
stabilire lo stato in cui si trovava la fabbrica del tempio di Minerva Poliade sull'arce sotto l'arcontato di Diocle,
che accadde nel quarto anno dell'Olimpiade XLII; perchè ci servirà per maggiormente conoscere le parti precise
con cui erano composti i tempj ed i nomi particolari che ad essi si davano dai Greci, come già ci ha servito per
definire alcune denominazioni precise delle colonne e dei loro ornamenti ; e ciò quivi ripeteremo in modo solo
corrispondente allo scopo designato, e perciò semplicemente con caratteri minuscoli la trascriveremo, e non ci
accingeremo ad aggiungere illustrazioni a quelle tante già fatte dai suoi eruditi commentatori.
'Entarxzac xov veù zov iv nólet, iv a zò xpyjxlov co/xl[ux, Bpcavv.. vjs
K-nyiGizvg, Xccpixdri; 'Aypvl^iv, AiwSvj; K-vpiguvg, àpznzxxuv ($£)-
loylvjg 'AxapwSg, ypxp.u.xzEÙg "Etriapxps Ku&s&vjvsasus, {zàà)E xyéypodioa)
ipyoc zau veù àg xxTÙufiov iyjivzx, y,xzx zò tyr/f}iap.x zov Syj/jwv b
'Emyéviqg stlGV, i%Ufloaiùvot xxì f.p.Upyx, ini Aio{y.)léovg xpyovzog,
KixpoTiiàog npvzxvEvovarig npàzrig, ini zijg (Zovikqg vj Nhw^swvjs Mxpa-
Swvts; npokog bjpx[X[j.xzEvavJ.
Tcu veù zóàz xarsXa^sfxsy ^/juspyo-
'Eni vtj yavix tìJ npòg zov Kexpomov'
UH nlivSovg iSizovg pjxs; xEzpxnoàxg, nlxzog dìnodxg, niyog rptir
[unodtovg.
I iiaa'/odixlxj f&jxeg zizpxncàx, nlxzog zpìncàa, nxypgrpiav ^/ìttoSj'uv.
F intxpxvizidxg phvt zEzpxnoàxg, nlxzog zpinodxg, nxyog zp&v vjfurooi wv.
I ywvtat'ay nr4y,og inzxnodx, nlxzog zEzpxnodx, nxyog zpt&v qfUl&QUXt.
I •prffSteg USog x'Bezo; xvzifxopog zxcg imxpotvixtGcv, p$xog Botanovj,
tiéoi zptuv gfiecsàtitoy.
II à.m[xópa zoìg imozvlioig, priy-og zzzpxnoh, nl{xzog ntyxznxlàszcù.
I y.tóy.pxvcv c&ezov, (xat)
pènna» za ha, pjftxeg dinovv), nlxzog zptàv >jftt7re(Si'{av, zxyjog xpiù»
F imczvlix o&ezx, ptfjxoi òwfìànoìa., nlxzog Susiy (ro&>?v) mi nx-
locsrijg, nxyog (5;'jrcoa).
Ili Èmazvhx ava ovzx {.Ibi) inEpyxsxa^xt, pjxs; òmànodx, nlxzog
Sus?v nodo?v vai nxkxarn;, nxyog Wmfa.
Tov 5s lomov ipyov xnxvzog I? w^P «WCS£ ° 'EXzvaiviaxòg Ifàog,
npòg w zx $&*, vai ìzi^n IH ini ww ìjwraww zov-w.
Twv kókm ràv ini zov zoiyov zov npòg zov Ucaìftpowl&i.
I curatori del tempio, che sta sull'arce, nel quale l'antico
simulacro vi esiste, Brosin .... Cefisiense, Canade Agrilense,
Diode Cefisiense, l'architetto Filocle Acarnense, lo scrivanoEtearco
Cidateneense, descrissero queste opere del tempio che si dovevano
imprendere dallo psefisma,che assunse Epigene, tanto compite che
lasciate imperfette dall'arconte Diocle, Cecropide primo presidente,
e dal consiglio, a cui Nicofane Maratonio fu primo scrivano.
Del tempio le opere imperfette imprendiamo.
Dall'angolo vicino al Cecropio.
Quattro marmi non collocati, lunghi quattro piedi , larghi due
piedi, grossi un piede e mezzo.
Un marmo laterale, lungo quattro piedi, largo tre piedi e grosso
un piede e mezzo.
Cinque capitelli delle pareti , lunghi quattro piedi , larghi tre
piedi, grossi un piede e mezzo.
Un capitello angolare delle pareti lungo sette piedi, largo quattro
piedi , grosso un piede e mezzo.
Un marmo rotondo non collocato e corrispondente al capitello delle
pareti , lungo dieci piedi, alto un piede e mezzo.
Due marmi rotondi lunghi quattro piedi, larghi un piede ed un
quarto.
Un capitello di colonna non collocato, ed
un metopo lungo due piedi, largo un piede e mezzo e grosso un
piede e mezzo.
Cinque architravi non collocati , lunghi otto piedi, larghi due
piedi ed un quarto e grossi due piedi.
Tre architravi già collocati, che si dovevano polire, lunghi otto
piedi , larghi due piedi ed un quarto, grossi due piedi.
Tutta la rimanente costruzione per l'intiero circuito, si faccia
di pietra Eleusiniaca, alla quale siano posti gli ornamenti del
fregio colla magistratura dei curatori.
Delle colonne imperfette , che sono nella parete vicino al
Pandrosio.
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CAPITOLO IV.
STRUTTURA ED ORNAMENTI PROPRI DE'TEMPJ
F
ra i principali e più necessarj ornamenti, che costituivano la struttura dei terapj, si devono considerare i tre
ceneri di colonne descritti nell'antecedente Capitolo. Plinio asseriva, per quanto evidentemente aveva appreso
dai suoi antenati, che solo in questi edifizj s'impiegavano le colonne nei primitivi tempi, quando ancora non si
conoscevano le loro vere proporzioni; percui non erano le medesime situate per magnificenza, ma perchè erano
necessarie a sorreggere la grande struttura di tali edifizj sacri (1). Cosi primieramente sul modo con cui erano
impiegate le colonne nella struttura dei tempj ci occuperemo nelle cose stabilite ad esaminarsi in questo Capi-
tolo, e poscia le altre parti che compivano le medesime opere si considereranno. A queste cose però abbiamo
creduto opportuno di anteporre un breve esame sulla ben nota iscrizione Ateniese, che servì di documento per
stabilire lo stato in cui si trovava la fabbrica del tempio di Minerva Poliade sull'arce sotto l'arcontato di Diocle,
che accadde nel quarto anno dell'Olimpiade XLII; perchè ci servirà per maggiormente conoscere le parti precise
con cui erano composti i tempj ed i nomi particolari che ad essi si davano dai Greci, come già ci ha servito per
definire alcune denominazioni precise delle colonne e dei loro ornamenti ; e ciò quivi ripeteremo in modo solo
corrispondente allo scopo designato, e perciò semplicemente con caratteri minuscoli la trascriveremo, e non ci
accingeremo ad aggiungere illustrazioni a quelle tante già fatte dai suoi eruditi commentatori.
'Entarxzac xov veù zov iv nólet, iv a zò xpyjxlov co/xl[ux, Bpcavv.. vjs
K-nyiGizvg, Xccpixdri; 'Aypvl^iv, AiwSvj; K-vpiguvg, àpznzxxuv ($£)-
loylvjg 'AxapwSg, ypxp.u.xzEÙg "Etriapxps Ku&s&vjvsasus, {zàà)E xyéypodioa)
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'Emyéviqg stlGV, i%Ufloaiùvot xxì f.p.Upyx, ini Aio{y.)léovg xpyovzog,
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Swvts; npokog bjpx[X[j.xzEvavJ.
Tcu veù zóàz xarsXa^sfxsy ^/juspyo-
'Eni vtj yavix tìJ npòg zov Kexpomov'
UH nlivSovg iSizovg pjxs; xEzpxnoàxg, nlxzog dìnodxg, niyog rptir
[unodtovg.
I iiaa'/odixlxj f&jxeg zizpxncàx, nlxzog zpìncàa, nxypgrpiav ^/ìttoSj'uv.
F intxpxvizidxg phvt zEzpxnoàxg, nlxzog zpinodxg, nxyog zp&v vjfurooi wv.
I ywvtat'ay nr4y,og inzxnodx, nlxzog zEzpxnodx, nxyog zpt&v qfUl&QUXt.
I •prffSteg USog x'Bezo; xvzifxopog zxcg imxpotvixtGcv, p$xog Botanovj,
tiéoi zptuv gfiecsàtitoy.
II à.m[xópa zoìg imozvlioig, priy-og zzzpxnoh, nl{xzog ntyxznxlàszcù.
I y.tóy.pxvcv c&ezov, (xat)
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F imczvlix o&ezx, ptfjxoi òwfìànoìa., nlxzog Susiy (ro&>?v) mi nx-
locsrijg, nxyog (5;'jrcoa).
Ili Èmazvhx ava ovzx {.Ibi) inEpyxsxa^xt, pjxs; òmànodx, nlxzog
Sus?v nodo?v vai nxkxarn;, nxyog Wmfa.
Tov 5s lomov ipyov xnxvzog I? w^P «WCS£ ° 'EXzvaiviaxòg Ifàog,
npòg w zx $&*, vai ìzi^n IH ini ww ìjwraww zov-w.
Twv kókm ràv ini zov zoiyov zov npòg zov Ucaìftpowl&i.
I curatori del tempio, che sta sull'arce, nel quale l'antico
simulacro vi esiste, Brosin .... Cefisiense, Canade Agrilense,
Diode Cefisiense, l'architetto Filocle Acarnense, lo scrivanoEtearco
Cidateneense, descrissero queste opere del tempio che si dovevano
imprendere dallo psefisma,che assunse Epigene, tanto compite che
lasciate imperfette dall'arconte Diocle, Cecropide primo presidente,
e dal consiglio, a cui Nicofane Maratonio fu primo scrivano.
Del tempio le opere imperfette imprendiamo.
Dall'angolo vicino al Cecropio.
Quattro marmi non collocati, lunghi quattro piedi , larghi due
piedi, grossi un piede e mezzo.
Un marmo laterale, lungo quattro piedi, largo tre piedi e grosso
un piede e mezzo.
Cinque capitelli delle pareti , lunghi quattro piedi , larghi tre
piedi, grossi un piede e mezzo.
Un capitello angolare delle pareti lungo sette piedi, largo quattro
piedi , grosso un piede e mezzo.
Un marmo rotondo non collocato e corrispondente al capitello delle
pareti , lungo dieci piedi, alto un piede e mezzo.
Due marmi rotondi lunghi quattro piedi, larghi un piede ed un
quarto.
Un capitello di colonna non collocato, ed
un metopo lungo due piedi, largo un piede e mezzo e grosso un
piede e mezzo.
Cinque architravi non collocati , lunghi otto piedi, larghi due
piedi ed un quarto e grossi due piedi.
Tre architravi già collocati, che si dovevano polire, lunghi otto
piedi , larghi due piedi ed un quarto, grossi due piedi.
Tutta la rimanente costruzione per l'intiero circuito, si faccia
di pietra Eleusiniaca, alla quale siano posti gli ornamenti del
fregio colla magistratura dei curatori.
Delle colonne imperfette , che sono nella parete vicino al
Pandrosio.